Il martirio di S.Orsola di Caravaggio esposto al MET di New York

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E’ stata presentata ieri mattina al Metropolitan Museum of Art di New York l’opera di Caravaggio “Martirio di S. Orsola”, alla presenza di Gian Maria Gros – Pietro, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Intesa Sanpaolo, Michele Coppola, Responsabile delle Attività Culturali di Intesa Sanpaolo, e Francesco Genuardi, Console Italiano a New York. Il dipinto, proveniente dalle Gallerie d’Italia – Palazzo Zevallos Stigliano, sede museale di Intesa Sanpaolo a Napoli, è una straordinaria testimonianza della stagione estrema di Caravaggio e una delle opere più importanti della collezione della Banca. L’opera viene esposta al pubblico del Metropolitan di New York fino al 30 giugno 2017.

Si tratta della tela dipinta nel 1610 alla fine del suo secondo soggiorno napoletano, nella quale il maestro lombardo raffigura, con la violenta drammaticità che lo contraddistingue, il Martirio di Sant’Orsola.

Il dipinto – bene privato ma patrimonio dell’umanità –, è esposto in modo permanente nella sede museale della Banca a Napoli, le Gallerie d’Italia – Palazzo Zevallos Stigliano.

In cambio di questo importante prestito, dal 6 maggio la sede museale partenopea ospiterà un altro straordinario capolavoro di Caravaggio proveniente dal Metropolitan Museum: ‘I Musici’.

Il prestito dell’opera al Metropolitan Museum of Art di New York rientra in una strategia di valorizzazione della collezione artistica di Intesa Sanpaolo e in una politica di collaborazioni e sinergie con le più importanti istituzioni culturali internazionali. Queste rientrano tra le azioni di Progetto Cultura, piano triennale degli interventi culturali della Banca, assieme allo sviluppo del polo museale delle Gallerie d’Italia a Milano, Napoli e Vicenza, e a Restituzioni, collaudato programma di restauri dei beni artistici e architettonici del Paese.

L’esposizione al MET offre l’importante occasione per il pubblico americano di vedere affiancato per la prima volta il Martirio di Sant’Orsola ad un altro dipinto di Caravaggio, la Negazione di San Pietro, la cui data dipende direttamente dal confronto stilistico con l’opera di Intesa Sanpaolo.

Entrambi i dipinti sono eseguiti in uno stile rapido, con minime elaborazioni. Uno stile che si può definire “essenziale”, se non addirittura radicale e rivoluzionario, e con un approfondimento psicologico coinvolgente.

Il pubblico del MET, dunque, ha l’opportunità di cogliere il confronto fra queste due opere eseguite poco prima della morte dell’artista, che aprono ad un modernismo senza seguito nel Seicento, con parallelismi solo nell’opera tarda di Velázquez.

L’esposizione è allestita nella sala del MET dedicata alla pittura caravaggesca e napoletana.

Sono molto emozionato e orgoglioso di aver portato al Metropolitan Museum di New York il Martirio di Sant’Orsola, un’opera che sicuramente rappresenta una delle punte di diamante delle collezioni d’arte di Intesa Sanpaolo e che è esposta nella nostra sede museale di Napoli” afferma Gian Maria Gros-Pietro, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Intesa Sanpaolo. “Il gruppo è da sempre convinto che le attività culturali rappresentino un veicolo efficace di collaborazione tra i popoli. In questa ottica, Intesa Sanpaolo fornisce un contributo attivo allo sviluppo culturale della sua comunità. Investire in cultura è fondamentale, non solo per crescere dal punto di vista economico, ma anche per dare corso a uno sviluppo che possa definirsi civile e illuminato. Questo a maggior ragione in un mondo globalizzato, dove la piena consapevolezza della propria identità consente di rispondere agli stimoli provenienti da diverse direzioni. Inoltre, penso alle nuove generazioni, rivisitare il passato può essere un aiuto non solo per far luce sul presente, ma anche per immaginare il futuro. Il nostro Paese, poi, è uno dei luoghi più attraenti al mondo proprio per la ricchezza e la varietà del suo patrimonio culturale. Saper dare una risposta coordinata a questa richiesta avrebbe una ricaduta significativa sulla nostra economia”.

Keith Christiansen, curatore d’Arte Europea del Metropolitan Museum, afferma: “Sono lietissimo che Intesa Sanpaolo e il Metropolitan Museum of Art di New York abbiano potuto collaborare per questo scambio di grande risonanza. Presentare oggi a New York, l’uno accanto al altro, il Martirio di Sant’Orsola di Intesa Sanpaolo, e la Negazione di San Pietro del Metropolitan costituisce una vera opportunità, dato che sono due quadri quasi certamente dipinti negli ultimi due o tre mesi di vita dell’artista, utilizzando uno stile quanto mai riduttivo o, meglio, essenziale, dove le figure emergono dallo sfondo nero quasi come spettri di un mondo oppresso dal peccato e dal dolore.

La storia dell’opera:

Il Martirio di sant’Orsola è un dipinto a olio su tela (143 × 180 cm) eseguito nel 1610 da Caravaggio e conservato presso le Galleria d’Italia-Palazzo Zevallos Stigliano, sede museale di Intesa Sanpaolo a Napoli.

L’opera è di fatto l’ultima pittura del Merisi essendo stata realizzata poco più di un mese prima della sua morte su commissione del principe Marcantonio Doria. Nel 1972 l’opera fu acquistata come opera di Mattia Preti dalla Banca Commerciale Italiana dalla famiglia Romano Avezzana, a cui intanto, dopo varie vicende, era passata.

La reale paternità dell’opera e la sua fondamentale posizione storica saranno definitivamente chiarite soltanto nel 1980, grazie al ritrovamento, nell’archivio della famiglia Doria di una lettera scritta a Napoli il 1º maggio 1610 da Lanfranco Massa, cittadino genovese e procuratore nella capitale partenopea della famiglia Doria, e diretta a Genova per Marcantonio Doria, “Pensavo di mandarle il quadro di Sant’ Orzola questa settimana però per assicurarmi di mandarlo ben asciuttato, lo posi al sole, che più presto ha fatto revenir la vernice che asciugatole per darcela il Caravaggio assai grossa: voglio di nuovo esser da detto Caravaggio per pigliar suo parere come si ha da fare perché non si guasti“.

L’intervento riparatore del Caravaggio, tra l’11 e il 27 maggio, mise sicuramente la Santa Orsola in grado di partire e di raggiungere Marcantonio Doria il 18 giugno del 1610.

E’ una fuga da Roma che mette in contatto, per la prima volta, l’artista col Doria. Fresco ancora di carcere per porto abusivo d’armi, nella notta tra il 28 e il 29 luglio del 1605, Caravaggio aggredisce in piazza Navona con un colpo di spada Mariano Pasqualone, sostituto notaio. Dopo aver trovato rifugio nel palazzo del cardinal Del Monte, suo protettore, è costretto a riparare a Genova per qualche settimana, durante il mese di agosto. Caravaggio conosce dunque il giovane principe durante il suo fugace soggiorno genovese, ma tanto basta perché nell’animo del Doria resti vivo il desiderio di ottenere qualche opera sua. E’ provato, del resto, che i contatti di Doria con l’ambiente napoletano, tramite il corrispondente Massa, furono sempre molto interessanti. Sembra inoltre legare il principe alla commissione del Martirio di sant’Orsola una particolare motivazione affettiva: Anna Grimaldi, che prese i voti a Napoli nel monastero di sant’Andrea delle Dame col nome di suor Orsola, era amata dal Doria, suo patrigno, come “figlia amatissima”. Il Martirio di sant’Orsola raggiunge Genova il 18 giugno 1610. Il 18 luglio muore il pittore.

Ai travagli patiti nei secoli dalla tela – guasti, ampliamenti, ridipinture, che ne avevano profondamente alterato la leggibilità e la chiarezza iconografica – ha posto finalmente rimedio l’importante restauro promosso dalla Banca e condotto tra il 2003 e il 2004 presso l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma, che ha ripristinato l’originaria coerenza dell’immagine, ora più fedele e prossima alle intenzioni dell’autore. Tra le principali novità apportate da questo complesso intervento nella lettura del dipinto occorre segnalare il recupero del braccio e della mano tesa di un personaggio che tenta invano – con forte accentuazione nella carica drammatica della scena – di arrestare la freccia scoccata dal carnefice; inoltre la presenza, nel fondo, di un tendaggio, che suggerisce un’ambientazione nell’accampamento del re unno; infine le sagome di un paio di teste dietro il piano della santa.

DESCRIZIONE DELL’OPERA

Come sua consuetudine, il Caravaggio si discosta dall’iconografia tradizionale di Sant’Orsola, generalmente ritratta coi soli simboli del martirio e in compagnia di una o più vergini sue compagne; sceglie invece di raffigurare il momento stesso in cui la santa, avendo rifiutato di concedersi al tiranno Attila, viene da lui trafitta con una freccia, caricando la scena di un tono squisitamente drammatico. Il dipinto è ambientato nella tenda di Attila, appena discernibile grazie al drappeggio sullo sfondo, che funge quasi da quinta teatrale. L’intero ambiente, come consuetudine nei dipinti caravaggeschi, è permeato da un complesso gioco di luci e ombre, che tuttavia in quest’ultimo dipinto dell’artista sembra dar vantaggio più alle seconde che le prime: è uno specchio del travagliato periodo che l’autore stava vivendo nella parte finale della sua vita.

Il primo personaggio a sinistra è lo stesso Attila, raffigurato con abiti secenteschi; il barbaro ha appena scagliato la freccia e sembra essersi già pentito del suo gesto: sembra quasi allentare la presa sull’arco e il suo volto è contratto in una smorfia di dolore, quasi a dire “che cosa ho fatto?”. A poca distanza da lui c’è Sant’Orsola, trafitta dalla freccia appena visibile sul suo seno: ella sta piegando la testa in quella direzione e con le mani sta spingendo indietro il petto come per meglio vedere lo strumento del suo martirio. Non sembra provare dolore, piuttosto una disinteressata rassegnazione, ma il suo volto e le mani bianchissime rispetto a quelli degli altri personaggi preludono alla sua immediata morte. Infatti tre barbari, anch’essi in abiti moderni (uno indossa addirittura un’armatura di ferro), stanno accorrendo a sorreggere Sant’Orsola, ed essi stessi sembrano increduli di fronte al gesto repentino e impulsivo del loro capo. Nelle fattezze di quello di loro che si trova alle immediate spalle della santa, Caravaggio ha raffigurato se stesso con la bocca dischiusa e l’espressione dolorante: egli sembra ricevere la trafittura insieme a lei. Assieme alla Santa, Caravaggio si ritrae vittima anch’egli di un tiranno nelle vesti di un arciere spagnolo. La presenza di un autoritratto del pittore non è inconsueta nelle sue opere, a iniziare da quelle della giovinezza. Tenendo conto che il Martirio di sant’Orsola è l’opera del “presentimento”, quel sostanziarsi ostentatamente con la martire, può voler dire che la freccia mortale è diretta a Caravaggio e che di quella sta per morire: quasi un testamento.

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