Il culto di Mitra fra Lazio ed Etruria

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L’adorazione di Mitra, divinità induista e della religione persiana, ebbe ampia diffusione nelle antiche aree dell’Italia centrale. La sua origine risale al 1200 a.C., divenendo poi un dio ellenistico e romano venerato nelle religioni misteriche diffusesi per vari secoli (I sec. a.C. – V sec. d.C.). Dalla volontà di narrare l’espansione di tale credenza, che ha contraddistinto anche una fase della nostra civiltà, nasce la mostra “Il Dio persiano dal manto stellato. Il culto di Mitra fra Lazio ed Etruria”.

Secondo l’iconografia classica, Mitra è solitamente ritratto con un manto stellato, intento ad uccidere un toro. Concepito come divinità solare, era il dio dell’aria e della luce, quindi della vegetazione e della prosperità con cui ricompensava il bene. Protettore della verità e della legalità, nemico dell’errore e delle tenebre, difendeva le anime dagli spiriti del male guidandole in paradiso. Come etimologicamente indicato, era il dio dell’onestà, dell’amicizia e dei contratti; nella cultura persiana gli vennero attribuite anche caratteristiche marziali. Onnisciente, sempre vigile ed infallibile, la sua nascita veniva ricordata in occasione del solstizio d’inverno (Shab-e Yalda) ed il suo nome fu spesso inserito nei nomi dei regnanti. In quanto coinvolto nella lotta contro il male, egli rappresentava luce e vita sino ad essere identificato col Sol Invictus, venerato in particolar modo dai guerrieri che lo utilizzarono come simbolo di fedeltà all’imperatore.

Immagine Tratta Da Wikimedia 800px Tauroctony

Il culto mitraico si diffuse dapprima in tutta l’Asia minore attraverso l’impero persiano, per poi raggiungere l’impero di Alessandro Magno; in Armenia gli furono dedicati tanti templi ed in Occidente coinvolse anche la sede imperiale, come testimoniato dal favore ricevuto dagli imperatori specialmente nel III e IV secolo. Fu ridotto durante l’epoca di Costantino, più vicino alle idee cristiane, sino al 391 quando il decreto Teodosiano bandì ogni rito pagano, inducendone la susseguente scomparsa. Tale religione ha conteso i fedeli al Cristianesimo, promettendo salvezza e immortalità ai propri credenti (esclusivamente di genere maschile) mediante il sangue del toro sconfitto da Mithras.

Immagine Tratta Da Wikimedia Mithras Tauroctony Louvre Ma3441b

Il mitraismo del mondo romano sarà descritto nella suddetta mostra presso il Museo Civico Archeologico “Rodolfo Lanciani”, a Guidonia Montecelio. Dal 16 giugno sarà ammirabile un’esposizione atta a ripercorrerne la storia mediante un apparato scultoreo ricco di pregiati reperti. Si tratta di una versione più vasta dell’antecedente mostra “Vulci e i misteri di Mitra. Culti orientali in Etruria” realizzata in provincia di Viterbo, al Museo Archeologico Nazionale di Vulci e nella Villa Savorelli di Sutri; da tale esposizione sono stati ripresi i resti provenienti dalla zona tiburtino-cornicolana. L’elemento più interessante è rappresentato da esemplari di statue e ceramiche (III secolo d.C.) di un mitreo appartenente ad una domus della città romana Vulci, ove emergono due gruppi marmorei ritraenti la tauroctonia (dal greco ταυροκτόνος), ossia il rituale di uccisione di un toro per opera della divinità Mitra. È un aspetto innovativo del mitraismo nel mondo greco-romano, dove il dio viene rappresentato come un giovane forte dalla tunica corta e dal mantello sulle spalle, intento ad afferrare il toro con veemenza, tirandogli la testa verso dietro e colpendolo al collo con una spada corta. Solitamente sono altresì presenti un serpente e un cane che sembrano bere dalla ferita, mentre uno scorpione tenta di colpire i testicoli dell’animale. La scelta di simili animali non è casuale, in quanto coincidenti con i nomi delle costellazioni allora poste in prossimità della costellazione del Toro, dove un tempo era posto il sole nel corso dell’equinozio di primavera. Sovente vengono illustrati anche un corvo, una coppa ed un leone. Secondo lo schema iconografico la tauroctonia viene raffigurata al centro del Mitreo, luogo di preghiera e di incontro dei seguaci del Mitraismo. È una scena specifica di numerosi rilievi e dipinti presenti non soltanto nei mitrei di ambienti semipogei in città, ma altresì nelle campagne.

Notevoli illustrazioni riferite ad ulteriori mitrei dell’area etrusca rendono la Regio VII un territorio di particolare interesse per l’analisi di questo culto, specialmente nel meridione in prossimità dell’Urbe. Ulteriori testimonianze sono altresì rinvenibili nell’area tiburtino-cornicolana, collegata a Roma, come evidenziato da un bassorilievo marmoreo rinvenuto a Montecelio nel 1953, le celebri iscrizioni di Tivoli (Tibur) ed i vasi liturgici da poco scoperti durante gli scavi nelle ville di Guidonia e Marcellina, mostrati per la prima volta al pubblico.

Immagine Tratta Da Wikimedia Fresque Mithraeum Marino

Gli studiosi tendono ad enfatizzare le divergenze della religione mitraica greco-romana rispetto a quella indo-persiana: nel primo caso Mitra viene raffigurato con un berretto frigio, inoltre il suo culto in ambito romano non ha origini ben definite e avrebbe subito l’influsso della scoperta della precessione degli equinozi, fenomeno che si riteneva da lui indotto. Non trovò ampia diffusione in Grecia quanto a Roma, dove dal I secolo a.C. fu accolto nell’impero romano quale religione ufficiale di alcuni imperatori. Tuttavia, è incerta l’equivalenza tra i tre culti in quanto, pur essendo una divinità dalle arcaiche origini, ci permangono informazioni frammentate su tali credi, in particolar modo su quello ellenistico/romano di cui non ci sono rimasti testi. Ciononostante permangono dei preziosi reperti che sarà possibile osservare proprio in tale mostra, ricostruendo questo aspetto peculiare della nostra civiltà quale testimonianza dei molteplici intrecci culturali verificatisi.

L’evento è promosso dal Comune di Guidonia Montecelio e dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale. Sabato 16 giugno alle ore 17 la soprintendente Margherita Eichberg presenterà l’inaugurazione della mostra, alla quale interverranno i funzionari archeologi Zaccaria Mari e Simona Carosi, seguiti dall’archeologa Valentina Cipollari e dalla docente Maria Sperandio. Vi saranno poi delle visite guidate, che illustreranno meglio la storia di questo culto.

Info: 06/67233002-3, 3389566506

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