“…nelle sue mani sapienti, i frammenti minuti del foglio frantumato si ricomponevano a costruire un testo; il volume crocchiante e frangibile a un tocco si distendeva morbido come uscito di fabbrica, e la pagina oscurata da umido e muffa tornava chiara e nitida”.

                                                (Silvio Curto, direttore del Museo Egizio dal 1965 al 1984)

Erminia Caudana e Giulio Farina nel laboratorio del Museo Egizio. Disegno di Tiziana Giuliani.

I reperti archeologici hanno davvero molte storie da raccontare. Un’ottima occasione per ascoltarli è visitare la mostra “Archeologia Invisibile” allestita presso il Museo Egizio e se la pigmentazione pandemica regionale risultasse avversa, potete leggere, nell’attesa di tempi migliori, l’articolo che MediterraneoAntico le ha dedicato:  https://mediterraneoantico.it/articoli/news/archeologia-invisibile-la-scienza-e-larcheologia-si-incontrano-al-museo-egizio-di-torino/

Tuttavia, qualcosa dal racconto sfugge sempre e a me piace inseguire le storie distanti, messe in ombra dall’intensa luce di un reperto celebre o da quei processi non sempre definibili con precisione che portano a dimenticare qualcosa o qualcuno.

Durante queste ricerche mi capita di incontrare persone dall’eccezionale talento, esercitato in una quotidiana operosità intrisa di silenzio, appartate e defilate dal centro di gravità delle cose. Una rarità edificante e ancor più preziosa in questo tempo in cui si è solo se si appare.

Tutto inizia a Torino, nella notte tra il 25 e il 26 gennaio del 1904, quando la Biblioteca Nazionale viene devastata da un incendio provocato, secondo alcune fonti, dalle stufe elettriche utilizzate dai custodi nel sottotetto del palazzo.

Cinque delle trentotto sale che compongono la Biblioteca Nazionale vengono attaccate dal fuoco e numerosi manoscritti, incunaboli e circa 30.000 volumi di consultazione vengono divorati dalla furia devastante del fuoco. Lo stesso intervento dei Vigili del Fuoco, indispensabile ovviamente, crea ulteriori danni. L’abbondante acqua necessaria allo spegnimento dell’incendio, resa rovente dal fuoco stesso, finisce sugli scaffali inzuppando quei delicatissimi capolavori e ancora altro materiale, lanciato dalle finestre nel tentativo di sottrarlo alla distruzione, subisce seri danni nell’impatto col suolo.

L’interno della Biblioteca Nazionale dopo l’incendio. Credtis: archivio fotografico Gilardi.

Non appena messo in sicurezza il contenitore l’attenzione viene rivolta al contenuto che si è salvato dalle fiamme e che appare in condizioni preoccupanti: “…settantacinque casse furono empite di frammenti e blocchi pergamenacei ridotti a pezzi di carbone, con gli orli quasi fusi in un solo durissimo involucro di pece nera senza possibilità di divisione tra pagina e pagina: altri si presentavano aperti come ventagli per il dilatamento del calore sulle pergamene, altri erano così raggrinziti e induriti che le membrane diventavano fragili come vetro”. (Rivista mensile municipale, Torino)

L’enorme quantità di materiale messo in salvo necessita di un intervento specialistico che impone soluzioni rapide ed efficaci. L’unico laboratorio in grado di affrontare un compito così arduo e soprattutto senza precedenti si trova presso la Biblioteca Vaticana e si avvale della professionalità di Carlo Marré, che viene chiamato in soccorso e a cui viene affidata la direzione del neonato Laboratorio Restauri della Biblioteca Nazionale, all’interno dell’Istituto di Materia medica della Regia Università, diretto a sua volta dal professor Piero Giacosa, fratello di Giuseppe, librettista insieme a Luigi Illica di una delle opere liriche che amo di più: la Tosca di Puccini.

Il Laboratorio viene inaugurato il 5 febbraio 1905 alla presenza S.M. la Regina Margherita. Erminia ha solo nove anni e probabilmente già frequenta quel palazzo in via Po

, dove suo padre è stato assunto come custode, e nel 1910 – a soli quattordici anni – inizia la sua avventura tra le cose antiche, tra i suoi “malati” a cui dedicherà senza riserve tutta la propria vita.

La professionalità di Erminia Caudana non viene certificata da un percorso accademico e quando Carlo Marré nel 1918 viene a mancare lo Stato non procede all’assunzione della giovane torinese, che resterà per tutta la sua carriera una “avventizia”. E del resto non cercherà mai di sistemarsi diversamente nella professione, così come sul piano personale non formerà mai una famiglia propria, che l’avrebbe “inutilmente distolta”, come lei stessa diceva, dal suo lavoro.

Come libera professionista regge le sorti del Laboratorio Restauri della Biblioteca Nazionale di Torino lavorando al recupero di opere straordinarie, superando in passione e tecnica persino il suo maestro che le fu sempre “paterna guida”.

Grazie al suo paziente lavoro si sono recuperate opere come il celebre Codice K, che contiene una traduzione dei Vangeli di Marco e Matteo, scritti probabilmente in Africa nel IV-V secolo; l’Historiae Naturalis di Plinio, che la famiglia Gonzaga commissionò tra il XV e il XVI secolo e volle arricchire con miniature attribuite alla scuola del Mantegna; gli Scriptores Historiae Augustae anch’essi arricchiti da preziose miniature e tanti altri ancora.

Miniature tornate ai colori originali dopo gli interventi di restauro.

In totale si contano trecentoventi manoscritti restaurati, per un totale di 55.226 carte, che hanno subìto un trattamento di restauro mirato alla loro salvaguardia, oltre al recupero dei testi e dei colori delle splendide miniature compromessi dall’incendio del 1904.

Dopo un breve soggiorno romano presso la Biblioteca Nazionale Erminia torna nella sua Torino dove, a partire dal 1929, Giulio Farina le affida i delicatissimi papiri che fanno parte della collezione museale che dirige.

La collaborazione si fa così stringente che nel 1935 l’intero Laboratorio viene traferito al primo piano del palazzo dell’Accademia delle Scienze, sede del Museo Egizio, dove Erminia continua a restaurare anche i materiali della Biblioteca Nazionale di Torino e dove resterà anche sotto la direzione di Ernesto Scamuzzi e di Silvio Curto.

In quell’unica stanza invasa da armadi ed apparecchiature, strumenti e tavoli da lavoro è avvenuto il “miracolo”. Opere come il Papiro Regio, la pianta della tomba di Ramesse IV, il Giornale della Necropoli di Deir el-Medina, il Libro dei Morti di Kha, la mappa delle Miniere d’Oro, l’archivio demotico di Deir el-Medina e molto altro ancora, tornano ad essere documenti leggibili a disposizione degli studiosi di tutto il mondo.

Una delle parti di cui è composto il Papiro Regio di Torino, importantissimo documento per la definizione della cronologia dei sovrani d’Egitto. Credits: Museo Egizio

È in quella stanza che vengono affrontati e risolti i papiri del “vecchio fondo” che Champollion volle improvvidamente incollare su cartone, e ripuliti quelli che furono verniciati con lacca trasparente. È in quella stanza che passano studiosi come Giuseppe Botti, Alan Gardiner, Jaroslav Černy e IES Edwards.

È in quella stanza che Erminia Caudana affina le tecniche di restauro che la porteranno in Egitto, presso il più grande museo egizio del mondo, per lavorare su i più antichi papiri scoperti fino a quel momento risalenti alla V dinastia, vergati da uomini vissuti 4500 anni prima di lei.

Farina li scopre a Gebelein durante la campagna di scavo del 1930 e li consegna alle autorità egiziane. Ma nessuno è in grado di srotolarli per poterne eseguire una traduzione e questo delicatissimo compito viene affidato alle abili e silenziose mani di Erminia. In loco può fare poco perché “di tavolini in quel museo non ne esistono!”, scriverà poi Giulio Farina, e l’intero corpus di quei “malati” antichi prenderanno la via di Torino per varcare la porta di quella stanza, al primo piano del palazzo dell’Accademia delle Scienze, dove ricevute le adeguate cure vengono riconsegnati all’Egitto.

Le celebre Tela di Gebelein, ritrovata da Giulio Farina durante la campagna di scavo del 1930 e risalente al periodo predinastico, venne affidata alle cure di Erminia Caudana. Credits: Museo Egizio

A Torino arrivano papiri da varie parti d’Italia e del mondo per affidarsi alla pazienza e alla scienza di Erminia Caudana. Cito a titolo di esempio le collezioni bolognesi e cortonesi, un papiro da Copenaghen e da Firenze un fondo proveniente dall’antica città di Tebtynis, oltre ad un pregiato corpus di stoffe copte.

Per dare una misura tangibile al suo lavoro citiamo ancora il professor Silvio Curto, secondo il quale se accostassimo l’uno all’altro i manoscritti che Erminia ha curato per il solo Museo Egizio, copriremmo una distanza pari a mezzo chilometro!

A partire dal 1951 coinvolge nelle sue attività il nipote Amerigo Bruna nel quale ritrova le stesse abilità e la stessa passione con cui lei stessa ogni giorno affronta da sempre le sfide che il lavoro le pone, assistendolo fino alla sua morte, che la coglie all’improvviso nel luglio del 1974.

La storia di Erminia Caudana è di quelle che ti lasciano con il sorriso per un po’ di tempo, di cui vorresti sapere qualcosa in più, di cui ti piacerebbe ascoltare la voce e incontrare lo sguardo. Sarà impossibile per me posare gli occhi sul Papiro Regio e non immaginarla nella stanza al primo piano, concentrata, mentre cattura con la dita un ciuffo di capelli ribelli per fissarli di nuovo dietro l’orecchio.

Colpisce la sua indole riservata e silenziosa. Ma non è questo. Stupisce il coraggio con cui decide di rinunciare ad una propria famiglia. Ma non è questo. Arricchisce la sua devozione al lavoro. Ma non è questo.

È l’aver percorso la strada che si è scelta, passo dopo passo, avviandosi vero il cosa fare e il come farlo senza forzature, contando solo su sé stessa e quindi emancipandosi da qualsiasi ruolo imposto dalle consuetudini sociali. Una bellissima autonomia di pensiero che ha il sapore di una libertà allora inconsueta, ma reale e spontanea. Leggendo gli scritti che la riguardano, redatti sempre da uomini, colpisce come l’unico riferimento alla differenza di genere sia quel “signorina” che precede il cognome, formale e d’obbligo per quei tempi. Alla morte del suo mentore ne raccoglie l’eredità e dirige per lungo tempo il Laboratorio di Restauri senza suscitare alcun clamore o polemica, nonostante non sia un’accademica ed abbia sempre lavorato a contratto.

È difficile capire da questa distanza a chi dare merito per l’esito positivo di questa storia: la forte determinazione di Erminia poteva scontrarsi con l’autorità di un uomo potente e ne sarebbe certamente uscita sconfitta. A me piace pensare che tutto questo sia accaduto e basta, per quella bambina che correva nei corridoi del palazzo che suo padre custodiva, per tutte le donne e per tutti i papiri che hanno avuto la fortuna di ricevere le cure miracolose di questa donna semplicemente straordinaria.

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Paolo Bondielli

Storico, studioso della Civiltà Egizia e del Vicino Oriente Antico da molti anni. Durante le sue ricerche ha realizzato una notevole biblioteca personale, che ha messo a disposizione di appassionati, studiosi e studenti. E’ autore e coautore di saggi storici e per Ananke ha pubblicato “Tutankhamon. Immagini e Testi dall’Ultima Dimora”; “La Stele di Rosetta e il Decreto di Menfi”; “Ramesse II e gli Hittiti. La Battaglia di Qadesh, il Trattato di pace e i matrimoni interdinastici”.

E’ socio fondatore e membro del Consiglio di Amministrazione dell’Associazione Egittologia.net. Ha ideato e dirige in qualità di Direttore Editoriale, il magazine online “MA – MediterraneoAntico”, che raccoglie articoli sull’antico Egitto e sull’archeologia del Mediterraneo. Ha ideato e dirige un progetto che prevede la pubblicazione integrale di alcuni templi dell’antico Egitto. Attualmente, dopo aver effettuato rilevazioni in loco, sta lavorando a una pubblicazione relativa Tempio di Dendera.

E’ membro effettivo del “Min Project”, lo scavo della Missione Archeologica Canario-Toscana presso la Valle dei Nobili a Sheik abd el-Gurna, West Bank, Luxor. Compie regolarmente viaggi in Egitto, sia per svolgere ricerche personali, sia per accompagnare gruppi di persone interessate a tour archeologici, che prevedono la visita di siti di grande interesse storico, ma generalmente trascurati dai grandi tour operator. Svolge regolarmente attività di divulgazione presso circoli culturali e scuole di ogni ordine e grado, proponendo conferenze arricchite da un corposo materiale fotografico, frutto di un’intensa attività di fotografo che si è svolta in Egitto e presso i maggiori musei d’Europa.

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