Presente in numerose tradizioni popolari, dall’Europa all’America fino in Cina, la fiaba di Cenerentola compare in oltre trecento varianti ed è ormai entrata a far parte dell’eredità culturale di molti popoli. Tra le numerose versioni ricordiamo quella di Gianbattista Basile, (La gatta Cenerentola, scritta in napoletano), che precede quelle di Charles Perrault e dei fratelli Grimm, fino ad arrivare al film di Walt Disney del 1950.

Forse però non molti di voi sanno che questa stupenda storia ci perviene dall’Antico Egitto. Il primo a parlarne fu il solito Erodoto forse per ridimensionare la fama di Rodopis, che doveva essere grande in quanto circolava voce che potesse aver fatto costruire a sue spese la piramide di Micerino. Racconta Erodoto che Rodopis era una schiava tracia, compagna di schiavitù dello scrittore di favole Esopo. La giovane donna giunse in Egitto al seguito di Carasso di Mitilene (mercante di vino greco in Egitto e fratello della poetessa Saffo).

Ne parla anche Claudio Eliano, nella sua “Storia varia”, il quale non fece altro che riprendere una leggenda raccontata dal geografo greco Strabone (I sec. a.C.) a proposito della Piramide di Micerino dove sarebbe sepolta la cortigiana Rodopis, una schiava che era divenuta moglie del Faraone Amasis (XXVI dinastia, circa 550 a.C.). Secondo alcune versioni della fiaba egizia, Rodopis non era una modesta schiava, bensì una cortigiana di successo. Nel mio racconto seguo il tradizionale Erodoto.

Rodopis, detta “guance di rosa”, era una bellissima schiava di un nobile egiziano che passava molto del suo tempo a dormire e pertanto completamente ignaro dei maltrattamenti che Rodopis era costretta a subire dalle altre schiave. Queste si prendevano gioco del fatto che era straniera e della sua carnagione chiara, sottoponendola, di conseguenza, a continui ordini e comandi vessatori. Rodopis amava molto il ballo ed un giorno il suo padrone la sorprese a danzare da sola con grande abilità, estasiato le fece dono di un paio di pantofole d’oro rosso con il risultato, a sua insaputa, di inasprire ancor più il comportamento delle altre schiave nei suoi confronti. Un giorno il faraone Amasis invitò il popolo d’Egitto ad un’imponente celebrazione da lui offerta nella città di Menfi. Le altre schiave ostacolarono la partecipazione di Rodopis, ingiungendole di portare a termine una lunga lista di ingrati lavori domestici. Rodopis si recò al fiume a fare il bucato lasciando le sue pantofole esposte ad asciugare al sole, improvvisamente il dio Horus, nella sua forma di falco, si lanciò in picchiata e le rubò una pantofola. Horus volò fino a Menfi e lasciò cadere la pantofola in grembo al faraone che, stupito, interpretò l’evento come un segno del dio. Decretò quindi che tutte le fanciulle del regno dovevano provare la pantofola perché lui avrebbe sposato quella che fosse riuscita a calzarla. La ricerca del faraone fu lunga e purtroppo vana fino a che non giunse nei pressi della casa di Rodopis. La schiava, vista arrivare l’imbarcazione reale, fece di tutto per nascondersi ma invano. Quando la vide il faraone la pregò di provare la calzatura. Questa scivolò facilmente nel suo piede, allora ella trasse fuori l’altra ed il faraone, con grande gioia, la portò con sé per sposarla. (e vissero felici e contenti).

Secondo alcuni studiosi, il faraone Amasis sposò effettivamente una schiava greca di nome Rodopis, facendo di lei la sposa reale. Secondo altri, pur non arrivando al punto di sposarla gli riservò ugualmente una vita particolarmente agiata. Per quanto mi riguarda prendiamola come una bella favola a lieto fine.

Fonti e bibliografia:
Edda Bresciani, “Letteratura e poesia dell’antico Egitto”, Einaudi, Torino, 1990
Sergio Donadoni, “Storia della letteratura egiziana antica”, Nuova Accademia, Milano, 1957
Aldo Troisi, “Favole e racconti dell’Egitto faraonico”, Fabbri Editori, Milano, 2001
H.D. Gardiner, “Late Egyptian Stories”, Bruxelles, Fondazione egittologica Regina Elisabetta, 1932

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