Veduta suggestiva della piana di Giza, Ph. Paolo Bondielli
Uno studio condotto dal Centro Europeo di Ricerca e di Insegnamento delle Geoscienze dell’Ambiente (CEREGE), diretto da Hader Sheisha, ha confermato la presenza di un ramo del Nilo, il “ramo di Khufu”, nella piana di Giza, da cui oggi il fiume è lontano 7km.
Ciò ha fornito un ulteriore dato, insieme alle fonti epigrafiche e alle indagini archeologiche, riguardo il trasporto e lo spostamento dei ca. 2,3 milioni di blocchi in calcare per la costruzione delle piramidi di Cheope (Khufu per l’appunto in antico egiziano), Chefren (Khafre) e Micerino (Menkaure).
In passato, gli scavi archeologici effettuati nel 2018 dal Dipartimento di Archeologia, Studi Classici ed Egittologia della Liverpool University e dall’Istituto Francese per l’Archeologia Orientale al Cairo, di cui avevamo parlato in Come sollevavano e spostavano i pesantissimi blocchi di pietra gli antichi Egizi? La risposta è arrivata dalle cave di Hatnub, avevano portato alla luce il sistema di utilizzo delle rampe nelle cave di Hatnub, a 18km a sud-est di Amarna. La rampa rinvenuta era affiancata da due serie di scale che avevano dei fori per l’alloggiamento di pali, i quali servivano per sollevare i blocchi di pietra, permettendo il loro trasporto anche su tratti molto ripidi.
Questa scoperta, insieme alla sua datazione all’epoca del faraone Cheope, aveva permesso la comprensione del sistema delle rampe utilizzate per la costruzione delle piramidi.
Anche le fonti epigrafiche ci vengono in aiuto. Nel 2013 il rinvenimento di rotoli di papiro presso Wadi el-Jarf da parte del professor Pierre Tallet dell’Università parigina della Sorbona e del suo team, aveva non solo consegnato ulteriori dati riguardo le derrate alimentari, ma anche gettato nuova luce sul sistema di trasporto dei blocchi e sulla realizzazione dei canali utilizzati come vie fluviali.
Rilevante è, tra gli altri, il cosiddetto diario dell’ispettore Merer (papp. Jarf A & B, integrati con i frammenti C, D ed E), dove vi sono passaggi legati alla costruzione della piramide di Cheope, di cui i lavori preparatori a Tura iniziano nel primo mese della stagione Akhet, ovvero giugno/luglio. Importantissima è anche la menzione di un nuovo toponimo R3-š Ḫwfw, “entrata al lago di Khufu”, ovvero un lago artificiale creato a ridosso della grande piramide (per approfondire Wadi el-Jarf: il porto, i papiri e la costruzione della Grande Piramide).
I recentissimi risultati del lavoro del CEREGE hanno permesso di ricostruire il paleoambiente relativo alla piana di Giza (qui l’articolo originale Nile waterscapes facilitated the construction of the Giza pyramids during the 3rd millennium BCE) analizzando i cambiamenti del livello delle acque fino a ca. 6000 anni prima dell’era comune. Ciò ha evidenziato oscillazioni nell’innalzamento delle acque tra 14.800 e 5.500 anni fa in corrispondenza del Periodo Umido Africano in cui gran parte del Sahara venne ricoperto da laghi, alberi e graminacee. Presenza di acqua, sebbene in misura minore, è registrata anche tra 2700 e 2200 a.C., periodo nel quale si inquadrano le costruzioni delle piramidi di Giza (ca. 2550/2500 a.C.). Accanto alla misurazione della variazione del livello dell’acqua, gli studiosi hanno raccolto e analizzato anche del polline riconducibile a 61 specie vegetative di tipo palustre.
Il “ramo di Khufu”, che si è poi andato inaridendo fino a scomparire in epoca tolemaica, fu dunque fondamentale per la costruzione delle piramidi confermando un lavoro congiunto tra l’utilizzo delle rampe e l’utilizzo dei canali per il trasporto dei blocchi in calcare.