IL MISTICISMO DEL VINO:
LE LINFE DI OSIRIDE, IL SANGUE DI CRISTO
Gilberto Modonesi
Le prime testimonianze archeologiche sulla presenza della vigna e del vino in Egitto risalgono al periodo pre-dinastico: nel museo dell’Orto Botanico di Berlino sono conservati i semi e un ramo di vitis vinifera risalenti al periodo di Nagada (3100 a.C. circa); nella tomba attribuita al re Scorpione (dinastia 0, 3200-3150 a.C.) sono state trovate circa 700 giare che avevano contenuto del vino resinatoi.
Riferimenti religiosi riguardanti i vigneti sono già evidenti nel periodo protostorico. I sigilli dei tappi di giare ritrovati nella necropoli di Abido riportano iscrizioni che ci fanno sapere che tutti i re della I e II dinastia possedevano a loro nome delle vigne sacre protette da recinzioniii. Ciascuno di questi vigneti aveva un nome che ne indicava la sacralità: ad esempio il re Den (I dinastia) chiamava la sua vigna “Il recinto del corpo di Horus”, la vigna del re Khasekhemui (II dinastia) era chiamata “Lodate siano le anime di Horus” e quella del re Djoser (III dinastia) “Lodato sia Horus che presiede al cielo”iii.
I Testi delle Piramidi confermano l’importanza religiosa della vigna e del vinoiv. Il vino è la bevanda di elezione del re defunto dopo che ha raggiunto la sua destinazione celeste. Alcune formule collegano Osiride al vino:
“Osiride N, prendi per te l’occhio di Horus strappato a Seth e mettilo alla tua bocca; (quello) con il quale ti sei aperto la bocca: vino, una giara di hATs di pietra bianca”v.
“Ecco, egli (il re) è venuto come Orione; ecco, Osiride è venuto come Orione, signore del vino nella festa wag”vi.
Varie divinità hanno un rapporto diretto con il vino. Tra queste divinità va citato Shezmu, il dio del torchio, che nei Testi delle Piramidi offre a Osiride il succo dell’uva spremutavii. Il tipico ruolo di Shezmu è però molto cruentoviii, come dimostra anche un papiro del Museo Egizio di Torino: due personaggi a testa di falco comprimono in un torchio due teste umaneix.
Una stretta associazione di Osiride con la vigna, i grappoli d’uva e il vino è rappresentata nella tomba del sindaco di Tebe Sennefer (Qurna-Luxor TT 96 B), durante il regno di Amenhotep II (XVIII dinastia): davanti all’edicola in cui Osiride è seduto in trono nasce una vite la cui vigna si espande poi con effetto spettacolare sul soffitto della tombax.
Nel periodo greco-romano, nel I secolo a.C., la definitiva e assoluta potestà di Osiride sulla vigna è confermata da alcuni scrittori: Diodoro Siculo conferma che fu Osiride a “insegnare al genere umano la piantagione della vite e la semina del frumento e dell’orzo”.xi Plutarco è sulla stessa lineaxii. Anche il poeta romano Tibullo dedica qualche verso ai meriti di Osiride:
“È lui (Osiride) che insegnò a legare a dei paletti la vigna delicata, a tagliare con la falce il duro fogliame; fu il primo a ottenere il succo saporito spremuto dall’uva matura da piedi agresti”xiii.
Quindi Osiride è il dio più strettamente associato all’uva e al vino. Il dio è spesso rappresentato in trono sotto un chiosco con una tettoia da cui pendono grappoli di uva nera (fig. 4). Talvolta ai grappoli d’uva si alternano fiori di loto per rendere più pregnante il senso della rigenerazione di cui Osiride è simboloxiv.
Ma Osiride è anche il dio le cui linfe si identificano con l’inondazione annuale del Niloxv. La vendemmia si faceva a fine giugno-primi di luglio, a cui seguiva la pigiatura del vino. Queste operazioni anticipavano di poco l’inondazione del Nilo, che si faceva iniziare intorno al 19 luglio in combinazione con l’uscita eliaca della stella Sothis-Sirio nel cielo egiziano. Il valore rigenerativo dell’esondazione del Nilo era un dato reale per l’Egitto che da essa otteneva fertile limo e certezze alimentari per l’anno successivo. Ma il limo dava anche una colorazione rossastra- rugginosa all’acqua dell’inondazione e da qui scaturiva il suo valore simbolico di rigenerazione, in virtù del suo colore rossastro, per l’assimilazione al sangue di Osiride, e per analogia al vino e alle vigne.
Il simbolismo di queste associazioni è estremamente significativo. Scrive il Tefnin che l’uva strappata dalla vigna e calpestata evoca la morte e lo smembramento di Osiride. La trasformazione del mosto in vino è una metafora della rinascita di Osiride così come di ogni defuntoxvi.
Un papiro esposto a Londra nel British Museumxvii sintetizza in una vignetta gli importanti significati simbolici che si identificano in Osiride e nella vigna. Una coppia di defunti è in adorazione di Osiride in trono alle cui spalle è rappresentata Maat, la dea dell’ordine e della giustizia. Tra i defunti e le divinità si interpone uno stagno sulle cui rive prosperano alberi da frutto. Da una estremità dello stagno si sviluppa una vigna che cresce in direzione del viso di Osiride. La presenza dello stagno – le cui acque simboleggiano Nun, il dio che personifica le acque primordiali esistenti prima della creazione – evoca la creazione delle origini mentre la figura di Osiride richiama la morte: ma la vigna, pianta rigeneratrice per eccellenza, riporta la vita ad Osiride e dal dio si riflette sui due defunti implorantixviii.
Anche il “racconto dei due fratelli” ci offre un’importante testimonianza sulla potenza rigenerativa dell’uva. Il dio Bata è morto; suo fratello Anubi ritrova il cuore sotto un chicco d’uva, pone il chicco in una coppa di acqua fresca e la fa bere al defunto Bata che ora ritorna in vitaxix.
Si tratta in sostanza di significati convergenti con quelli trasmessi dal decoro della tomba di Sennefer: la rigenerazione del defunto è assicurata dai ricorrenti cicli della natura a cui egli è magicamente associato mediante le immagini della vigna e dell’uva e l’evocazione dell’inondazione. Il vino è assimilato per il suo colore al sangue e all’acqua vivificante dell’inondazione ed entrambi, il vino e l’inondazione, sono simboli della morte e della resurrezione di Osiride.
Il simbolo del sangue del dio Osiride morto e i significati mistici della vigna e del vino si affermano anche in epoca greco-romana come promessa di rinascita per ogni egizianoxx. Decorazioni in tale senso si trovano su pareti di tombexxi e su sarcofagixxii.
Fig. 7, Fig. 8
Un papiro magico, redatto nel III sec. d.C., quindi posteriore ai Vangeli, porta al limite estremo il potenziale di rigenerazione del vino: il dio Osiride offre da bere alla sua sposa Iside e a suo figlio Horus una coppa del suo sangue per ottenere la sua rinascitaxxiii.
Nella Bibbia la vigna, l’uva e il vino sono spesso citati e rivelano un filone culturale che procede nel tempo in parallelo con il filone egizio. Nel libro del profeta Isaia si afferma che Israele è la vigna di Dio (5, 1-7)e in un altro passo (63,3): “Nel tuo tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me”xxiv,
Nel I sec. d.C. l’identificazione di Osiride con il Nilo continua, ma assume una nuova forma nell’immagine sacra di Osiride Canopo: la testa del dio con la sua abituale corona sembra uscire da un vaso (impropriamente chiamato “canopo” poiché di fatto è un vaso per acqua). Il vaso rappresenta il corpo di Osiride. Il significato di questa immagine è evidente: Osiride è associato all’acqua del Nilo di cui incarna il potere fertilizzantexxv.
Più tardi, con l’affermarsi del Cristianesimo la piena del Nilo diventa un segno della benevolenza di Cristoxxvi.
La vittoria del Cristianesimo sulle religioni concorrenti non fa decadere del tutto le immagini e i culti paganixxvii anche a causa della diffusione nei paesi mediterranei, e oltre, del culto e delle immagini di Iside e di Serapide. In questo periodo divinità diverse vengono associate per ottenere una divinità che assomma gli attributi delle divinità che la compongono. Serapide è il risultato della fusione del dio Osiride con Api, il dio toro della città di Menfi. L’iconografia di Serapide è simile a quella del dio Giovexxviii.
Immagini e culti cristiani si sovrappongono alle immagini e ai culti pagani anche dopo secolixxix. Basti ricordare la sostanziale equivalenza dell’immagine di Isis lactans con quella della Madonna con il Bambino Gesù. L’illustrazione di un manoscritto del XV secolo mostra la dea Iside che scende dal cielo per legare a un paletto una vigna, immagine di Osiridexxx.
La figura di Osiride è ben nota nel Medioevo agli eruditi europei grazie alla loro conoscenza degli autori classici. Tra il 1492-1494 il papa Alessandro Borgia incarica il Pinturicchio della decorazione del suo appartamento. Il ciclo di affreschi racconta il mito di Osiride e con esso la viticulturaxxxi.
Nel corso dei primi secoli si realizza una certa sovrapposizione tra alcune concezioni egizie e certi aspetti della religione cristiana. “La millenaria civiltà egizia, prima ancora di essere oggetto di esecrazione, quale esempio di culto pagano e demoniaco, viene così elevata a modello di una definizione del divino che Clemente considera una sorta di precursore della dottrina cristiana”xxxii.
Tornando al I secolo d.C., abbiamo nuovi fondamentali documenti: vengono redatti i Vangeli che ci tramandano gli ultimi drammatici momenti di vita e la passione di Gesù. Nei Vangeli torna prepotente il tema del vino-sangue: durante l’Ultima Cena Cristo porge ai discepoli una coppa di vino con le parole “Bevetene tutti, questo è il mio sangue”xxxiii.
Nel Vangelo di Giovanni è lo stesso Cristo ad affermare: “io sono la vera vite e il padre mio è il vignaiolo”xxxiv. Quindi la vigna è Gesù stesso. Le parole di Cristo propongono in termini cristiani l’immagine dell’ “albero della vita”: “Gesù è il tronco da cui sono germogliati i tralci e insieme la totalità della pianta.xxxv.
Verso la fine del III secolo, nel commento al salmo 56 della Bibbia, S. Agostino scrive che “il primo grappolo d’uva schiacciato nel torchio è Cristo. Quando tale grappolo venne spremuto nella passione, ne è scaturito quel vino il cui calice è inebriante quanto eccellente”xxxvi. Nel V secolo, S. Massimo di Torino ha scritto in un’omelia che “il grappolo appeso al palo è Cristo sospeso sulla croce”xxxvii.
Così la Patristica espone il fondamento della religione cristiana in forma drammatica mediante i simboli maturati nella religione egizia; e ancora oggi l’antico messaggio si perpetua nel rito dell’Eucarestia durante la Messa.
Sulla equivalenza del vino al sangue nel contesto della resurrezione, le citate dichiarazioni dei Padri della Chiesa si materializzano nell’iconografia cristiana con l’impressionante tema del “torchio mistico”: a iniziare dal XIII secoloxxxviii, Cristo è rappresentato sotto una croce che lo comprime come un torchio ed è assimilato all’uva da schiacciare per raccogliere in una tinozza il sangue divino, promessa di resurrezione.
Sono numerose le rappresentazioni rinascimentali e moderne del “torchio mistico” e sono diffuse in tutto il mondo occidentale.
Come il vino-sangue di Osiride testimonia il dramma della sua morte e la successiva salvezza dei defunti “giustificati”, così il vino-sangue di Cristo evoca, con la potenza delle immagini simboliche del “torchio mistico”, il dramma della sua passione e morte per la redenzione dell’umanitàxxxix
i) Dreyer, 2011, pagg. 127-136; McGovern, 2004, pag. 101 e segg. La tomba del re Scorpione è conosciuta con la sigla U-j.
ii) Weill, 1907, pagg. 50-51, paragrafo IX, “Le nom du <vignoble sacré> sur les cylindres”.
iii) Nelson, 1996, pag. 48.
iv) I Testi delle Piramidi costituiscono una grande silloge di testi religiosi che ha lo scopo di assicurare al re defunto la sopravvivenza dopo la morte presso le stelle imperiture, dove dimorano gli dei. La prima redazione di tali testi si trova a Saqqara nord, nella piramide di Unas (2380-2350 a.C. circa), l’ultimo re della V dinastia.
v) Faulkner, 1969: le formule 47 e 48, a pag. 10, hanno testi analoghi. I TdP confermano l’associazione della vigna e del vino con l’occhio di Horus, secondo quanto già emerso nel periodo protostorico (vedi pag. 1 e nota n. 2).
vi) Faulkner, 1969, formula 442, pag. 147. Sulla festa wag si veda l’articolo di Mu-chou Poo nel volume di Malgora (a cura di), 2014, pagg. 101-108.
vii) Faulkner, 1969, formula 581.
viii) Sulle cruente attività del dio del torchio Shezmu si veda infra il contributo di Elias nel volume di Malgora (a cura di), 2014, pagg. 109-116. Il torchio “a sacca” era usato per torchiare fiori e erbe profumate allo scopo di ottenere profumi, quindi Shezmu era anche il dio dei profumi.
ix) Schott, 1938, pagg. 88-93, Tf. VI.
x) Nelson, 1985.
xi) Diodoro 2004, pag. 153.
xii) Plutarco, 35.
xiii) Tibullo, I-17, 33-36.
xiv) Un esempio si può vedere in Nelson, 1985, figura di pag. 72.
xv) L’equivalenza tra Osiri e il Nilo è ben documentata: ad esempio Hornung, 2006, pag. 102; Nelson, 1996, pag. 59.
xvi) Tefnin, 1997, pag. 16.
xvii) È il papiro BM 10471.
xviii) Germond, 2005-2007, pag. 55; Russmann, 2001, figura di pag. 196.
xix) Servajean, 2011, pagg. 215-216. Nelle pagine che seguono (216-220) l’autore si sofferma su altri aspetti relativi all’uva e al processo di vinificazione: l’acidificazione del vino equivale alla putrefazione del corpo; il vino è connesso al corpo di Osiri; la vendemmia annuncia l’inondazione. Il racconto dei “due fratelli si può leggere in Bresciani, 1999, pagg. 376-385.
xx) Germond, 2005-2007, pag. 57.
xxi) Come si può vedere nella tomba di Petosiri (II sec. d.C.) nella necropoli di Muzawwaka, nell’oasi di Dakhla: Dunand, 2000, figura delle offerte a pag. 75.
xxii) Un esempio notevole si trova nel Museo Allard Pierson, in Amsterdam, con la decorazione di un sarcofago tolemaico avvolto da un tralcio di vite con grappoli d’uva: Janssen, 1984, foto di pag. 39.
xxiii) Griffith & Thompson, 1974, Col. XV, pag. 71.
xxiv) In Cathopedia.it, Il torchio mistico.
xxv) Hornung, 2006, pagg. 102-103; Dunand, 1991, pagg. 268-269, fig. 19.
xxvi) Ciampini, 2013, pag. 97.
xxvii) Ceruti, 2013, pagg. 61-66.
xxviii) Questo processo associativo di divinità è noto con il termine “sincretismo”.
xxix) Ceruti, 2013, pagg. 61-66.
xxx) Baltrusaitis, 1985, pag. 66, fig. 41; Koemoth, 1999, pag. 67, fig. 2. L’illustrazione documenta di fatto quanto descritto nei versi di Tibullo.
xxxi) De Rachewiltz, 1999, pagg. 196-197. L’illustrazione della viticultura è in Calvesi, 1988, pag. 3.
xxxii) Ciampini, 2013, pag. 96. Il riferimento è a Clemente d’Alessandria.
xxxiii) Questo episodio della vita di Cristo è riportato nei Vangeli di Matteo 26, 26-28, di Marco 14, 22-24 e di Luca 22, 19-20. Gli Evangeli, 1973: Evangelo di Matteo: “Bevetene tutti. Ecco infatti il mio sangue”, pag. 292; Evangelo di Marco: “Ecco il mio sangue, il sangue dell’alleanza”, pag. 222; Evangelo di Luca, “Questa coppa è il nuovo patto uscito dal sangue versato per voi”, pag. 263.
xxxiv) Evangelo secondo Giovanni, Oscar Mondadori, Milano 1973, 17.1, pag. 176.
xxxv) Evangelo secondo Giovanni, op. cit., commento al paragrafo 17.1, pag. 197.
xxxvi) Cathopedia.it, Il torchio mistico.
xxxvii) Cathopedia.it, Il torchio mistico.
xxxviii) Le Goff, 2006, pagg. 205-210.
xxxix) Consultando in internet le voci “torchio mistico” (in italiano), “pressoir mystique” (in francese) o “mystical wine-press” (in inglese) si ricevono diverse rappresentazioni di questo tema, la loro collocazione e testi che ne spiegano il significato.
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