Al pari della Mesopotamia, l’Egitto era una regione di sole, terra fertile e giardini ben irrigati, che producevano fichi, viti, melograni e sicomori; in mezzo al giardino c’era spesso un chiosco per riposarsi. I giardini stessi talvolta circondavano le tombe quando queste erano situate vicino all’acqua, ma più spesso essi si trovavano vicino a templi destinati a scopi regali, divini o funerari. Erano irrigati con acqua attinta per mezzo dello shaduf o trave sospesa, che sfruttava il principio della leva.

Forse, sotto l’influenza mesopotamica, furono introdotti alberi odorosi provenienti dal territorio di Punt, cioè dall’Etiopia meridionale. Successivamente, nei giardini interni, uccelli con le ali tarpate partecipavano alla variopinta esposizione, aggiungendo suoni armoniosi a dolci profumi e delicati colori, su uno sfondo di fresca acqua fornita da ingegnosi macchinari.

Durante il Nuovo Regno la regina Hatshepsut, (XVIII dinastia), nel suo nono anno di regno, (1487 a.C. circa), organizzò una spedizione composta da 5 navi della “lunghezza di 70 piedi” verso il Paese di Punt, (Somalia o Etiopia). Il bottino comprendeva, tra l’altro, più di 30 arbusti profumati, trasportati in panieri, che furono piantati a Tebe. Si creò un giardino botanico, che conteneva piante e alberi locali e anche specie esotiche provenienti da lontano.

Come in Mesopotamia, gran parte dell’interesse sembra che inizialmente andasse alle sostanze aromatiche, ai profumi e agli unguenti. Oltre ai già famosi e straordinari contenitori per profumi e unguenti trovati nel “tesoro” di Tutankamon, sono stati rinvenuti vasi intagliati in alabastro per contenerli che datano a partire dal IV millennio a.C.

Tutto ciò faceva parte di una cultura cosmetica, una cultura della “toilette”, che usava bistro, henna, specchi e bagni; la bellezza e la pulizia personale esercitavano l’attrazione degli uomini. Il profumo era una componente importante della cultura della “toilette”, pensate al cono di grasso impregnato di profumo che le donne portavano sul capo, questa tipica caratteristica dei fiori poteva venire conservata, anche se per farli durare era necessario essiccarli.

Fonti e bibliografia:
Andrea Piancastelli, “Archeologia, Storia” – maggio 2012
Silvana Cincotti, Andrea Ghisolfi, “All’ombra della dea del sicomoro”, Ananke,
Margaret Bunson, “Enciclopedia dell’antico Egitto”, Fratelli Melita Editori
Edda Bresciani, “Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto”, De Agostini, 2005

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