Grazie ancora all’Associazione Frequenze e al Comune di Faeto, capofila del progetto che ha visto realizzare uno splendido press tour, meglio dettagliato in un precedente articolo che si trova al seguente link: https://mediterraneoantico.it/articoli/lavvincente-storia-delle-minoranze-di-puglia-lisola-linguistica-franco-provenzale-di-faeto-e-celle-di-san-vito/.

Quest’area della Puglia, che pare appositamente allestita per creare suggestione, offre incredibili possibilità per un viaggio che si voglia affrancare dai più consueti e frequentati centri turistici. Sarà sufficiente raggiungere uno qualsiasi dei borghi e – come avviene per le cose che ci piacciono – uno tirerà l’altro, sul filo di itinerari che non mancheranno mai di stupirci.

E’ la Capitanata!

Mappa della Capitanata realizzata tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento da Domenico Rossi Editore. Immagine dal sito Lettere Meridiane (http://letteremeridiane.blogspot.com/2018/05/su-gallica-la-mappa-della-capitanata-di.html)

L’Appennino percorre lo Stivale lungo il suo asse centrale dividendolo in due parti longitudinali equivalenti. Almeno fin quando arriva al confine tra Lazio e Campania, dove sembra variare il suo percorso per imboccare più comodamente la stretta propaggine calabrese, per interrompersi bruscamente a ridosso del mare. Questo scarto verso ovest lascia spazio ad una vasta pianura che fin dai primi gradi di istruzione abbiamo imparato a conoscere come il Tavoliere delle Puglie: 4000 Kmq di fertile territorio pianeggiante compreso tra i Monti Dauni, il promontorio del Gargano, il mare Adriatico e i fiumi Fortore e Ofanto.

Quasi tutti i comuni del Tavoliere e del subappennino meridionale ricadono sotto la provincia di Foggia, la Capitanata, luogo caro a Federico II e crocevia di genti fin da epoche remote, con una lunga e avvincente storia da raccontare.

Bovino. Da antico centro daunio a “uno dei borghi più belli d’Italia” e Bandiera Arancione del Touring Club.

Scorcio di Bovino dal Palazzo Ducale. Ph/Paolo Bondielli

Non appena il subappennino meridionale comincia lentamente a degradare perdendosi in dissolvenza nell’immensa distesa del Tavoliere, in un’area strategica per il controllo di un ampio territorio che dalla Valle del Cervaro arriva fino ai monti garganici, sorge uno dei “borghi più belli d’Italia” (2002): Bovino, una delle meraviglie della Daunia.

L’area, abitata fin dal neolitico, divenne uno dei centri dauni più importanti insieme a Lucera, Troia, Siponto, Vieste, Ordona, Mattinata ed altri ancora. Roma lo rase al suolo durante la Seconda guerra sannitica (tra il 326 e il 304 a.C.) e fu ricostruito dagli stessi coloni romani che lo chiamarono Vibinum, citato per la prima volta da Polibio (Historiae, Lib. III, 87-88), quando racconta che proprio in prossimità di “Vibonio” pose il suo accampamento Annibale, per poi depredare l’intera Daunia.

L’antico borgo di Bovino, Bandiera Arancione del Touring Club e “Uno dei borghi italiani più belli” nel 2002. Ph/Paolo Bondielli

Vibonio, per un processo fonetico noto come metatesi, si trasformò poi nell’attuale toponimo di Bovino.

In Epoca Imperiale (27 a.C. – 476 d.C.) godette di grande autonomia che gli consentì di coniare una propria moneta e di amministrare con leggi proprie l’intero territorio raggiungendo un benessere generalizzato. Fu così possibile costruire le terme, un grande acquedotto, il podium, templi e monumenti, giardini e orti, le porte dotate di torri e il pomerio.

A seguito del crollo dell’Impero Romano, Bovino fu distrutta e ricostruita molte volte. Longobardi e Bizantini, Saraceni e Normanni si alternarono nel conquistare, distruggere e ricostruire il borgo e questo ci informa sull’importanza strategica della posizione occupata dall’antica Vibinum.

Dai primi anni del nuovo millennio in avanti, dopo la morte di Drogone il Normanno, Bovino seguirà le alterne vicende delle famiglie e dei casati che lo conquisteranno o acquisteranno.

Vista dal Palazzo Ducale. Ph/Paolo Bondielli

Ne 1563 Bovino viene messa all’asta per sanare i debiti della famiglia De Spes, che aveva pessimamente amministrato il borgo attuando politiche di vessazione sulla popolazione, e fu acquistato per 38.000 ducati dalla madre di Don Giovanni Guevara. Poco dopo grazie a re Filippo di Spagna, Don Giovanni divenne duca di Bovino e iniziò una serie di opere per rendere il borgo una capitale degna del suo ducato, trasformando il castello nella dimora gentilizia che ancora oggi possiamo ammirare.

I discendenti della famiglia Guevara hanno abitato il Palazzo Ducale fino al 1961, ospitando nel corso del tempo personaggi di spicco della politica, della chiesa e della cultura tra i quali ricordiamo Maria Teresa d’Austria, Torquato Tasso, Benedetto XIII e Giovanni Battista Marino.

Oggi Bovino si presenta ai visitatori come la somma di tutte queste storie, anche se non tutte le vicende di cui è stato protagonista sono leggibili nelle sue architetture.

Varcando l’arco di “for la porta”, da cui poi inizia la salita verso il castello, ci si immerge in un’atmosfera mediata dalle bianche case quasi addossate tra loro, divise da strette strade in ciottolato di fiume, dove si incontrano scale che salgono e viottoli che scendono. Stradine che d’improvviso si allargano aprendosi in piazzette e piccoli quartieri, regalando scorci della piana o una vista su antichi palazzi nobiliari, dove dei portali mirabilmente scolpiti danno indicazioni su chi un tempo li abitava.

Centro storico di Bovino

A Bovino ne esistono più di 800 e sulla pietra di volta sono scolpiti elementi che consentono di risalire al mestiere che praticava il padrone di casa, anche se con il succedersi delle generazioni diventa sempre più difficile incontrare – per esempio – un medico laddove sono scolpiti i relativi ferri del mestiere.

Sono molti i monumenti presenti all’interno del borgo e non potendoli descrivere tutti mi soffermerò su quelli che mi hanno colpito di più, come ad esempio la Basilica Concattedrale.

Costruita nel 1231 da un architetto gallico di nome Zano su commissione del vescovo Pietro I, insiste sui resti di un edificio di culto di età alto medievale, legato probabilmente alla nascita della diocesi di Bovino.

La Concattedrale di Bovino dedicata a Santa Maria Assunta. Ph/Paolo Bondielli

La si incontra nel centro del paese con la sua facciata in stile romanico pugliese che si concede volentieri ad elementi bizantini. Ma è l’interno che stupisce!

E’ realizzata a croce latina con l’abside rialzato di qualche gradino, mentre la navata centrale è sostenuta da una serie di colonne in granito che provengono da edifici di epoca romana. L’altezza delle colonne non è costante e la differenza è stata colmata con il reimpiego di capitelli corinzi e ionici, assieme all’uso di pulvini (elementi architettonici posti sopra i capitelli), dove poi poggiano le campate con archetti a tutto sesto.

Osservando i muri perimetrali si notano altri elementi architettonici inseriti nella muratura ed altri ancora sono stati recuperati ed esposti nel Museo Civico. Degno di nota è il battistero realizzato con un grande mortarium romano posato sopra un capitello ionico rovesciato, splendido esempio di un geniale reimpiego.

La cattedrale non termina con l’abside, come di solito accade, ma dalla navata di destra prosegue verso il “Cappellone di San Marco”, che potremmo definire una chiesa oltre la chiesa, che in origine aveva una propria autonomia con un portale d’ingresso ancora visibile dall’esterno. Qui sono stati sepolti alcuni tra i più importanti vescovi che hanno retto la diocesi di Bovino e custodite le reliquie di San Marco di Aecae, all’interno di un busto di pregevole fattura napoletana (XVII secolo).

Lunetta del portal esterno del “Cappellone di San Marco”. Il santo è in messo a due diaconi mentre impartisce la benedizione secondo il rito greco. Ph/Paolo Bondielli

Meta finale di ogni stradina che sale è il castello di Bovino, sede del Museo Diocesano.

Molti i proprietari di questa antica struttura, che fu trasformata e ampliata a seconda dei periodi e delle necessità, fino ad assumere la forma del palazzo nobiliare voluto dai Guevara, pur mantenendo visibile il passato in una sorta di stratigrafia architettonica.

Imponente sovrasta il resto della struttura l’antica torre circolare che insiste su un contrafforte di forma piramidale, seguita dal maschio fortificato voluto da Federico II per il suo luogotenente e dove soggiornò suo figlio Manfredi prima di recarsi in battaglia.

La bifora gotica che oggi si lascia ammirare sopra l’ingresso principale proviene, assieme ad altre non ricollocate, proprio da quella struttura federiciana, a testimonianza di un riuso dei materiali e di una trasformazione continua, che ha donato al castello di Bovino un fascino che seduce lo sguardo del visitatore.

Il Palazzo Ducale e l’imponente torre. Ph/Paolo Bondielli
Cortile interno del Palazzo Ducale. Ph/Paolo Bondielli.
Il portone d’ingresso del Palazzo Reale con vista sulla piana. Ph/Paolo Bondielli

L’interno del Palazzo Ducale è aperto al pubblico ed è possibile ammirare nelle numerose stanze gli arredi originali, tra i quali si sviluppa il Museo Diocesano con i suoi preziosi sacri arredi e una quadreria di valore. Di grande interesse la cappella privata dei Guevara pavimentata a maiolica, che custodisce doni di inestimabile valore per chi ha fede: una spina della corona di Cristo e un lembo della sua veste, oltre a reliquie di vari santi. L’autenticità di tali reperti va ricercata nel lignaggio dei donatori, papa Gregori XIII e papa Innocenzo VIII, entrambi imparentati con la casata spagnola.

Interno del Palazzo Ducale. Ph/Paolo Bondielli

Oltre al Museo Diocesano a Bovino è presente il Museo Civico che raccoglie un’importante collezione di reperti che va dall’Eneolitico al Medioevo.

Sala con le stele eneolitiche. Ph/Paolo Bondielli.

Percorrere le sue sale è come sfogliare un libro di storia che troviamo riassunta magistralmente nei reperti esposti, in un racconto che riguarda l’intera area geografica. Dalle enigmatiche statue stele del III millennio a.C. all’età del bronzo, con Dauni e Sanniti che si compenetrano culturalmente e poi l’indiscussa potenza di Roma. E’ questo il periodo che evidenzia meglio l’importanza strategica di questo luogo, cardine tra l’entroterra appenninico e l’immensa distesa del Tavolieri che si apre sull’Adriatico.

Le Bellezze di Bovino non si fermano all’interno delle mura del borgo.

Stazione di posta in località Ponte di Bovino. Immagine dal sito del Comune di Bovino.

Un’antica stazione di posta nei pressi della località Ponte di Bovino, oggi proprietà privata, era una tappa obbligata per i viandanti che volevano percorrere la strada che collegava la Campania con la Puglia, attraversando il Vallo di Bovino, noto per le azioni di brigantaggio che perdurarono fino alle fasi legate all’unità d’Italia. Dotata di un’osteria e di stalle per il ricovero dei cavalli, per molto tempo fu luogo di scambi di ogni tipo e persino centro con funzioni doganali, per terminare le sue destinazioni d’uso come caserma della cavalleria borbonica prima e dei Carabinieri Reali a cavallo dopo. Con la costruzione della ferrovia tirreno-adriatica venne meno la sua importanza legata ai trasporti e il suo utilizzo cambiò radicalmente, questa volta indirizzato verso l’industria.

Fontana monumentale di epoca Borbonica. Immagine dal sito del Comune di bovino.

Di fronte alla stazione di posta si trova una monumentale fontana voluta da Carlo III di Borbone, arricchita da un grande stemma della casata borbonica trafugato nel 2001 e mai più ritrovato; poco distante un ponte costruito nella prima metà del Seicento dal duca Giovanni Guevara per superare il fiume Cervaro, un ostacolo alla comunicazione tra le contrade più interne e le principali vie di collegamento.

Nei pressi del ponte una piacevolissima sorpresa: Lo Moleno d’Acqua del Ponte.

Interno de Lo Moleno d’acqua del Ponte. Ph/Paolo Bondielli

Si tratta di un mulino che sfrutta la corrente del fiume Cervaro in modo originale, senza la caratteristica ruota ad acqua solitamente posizionata all’esterno.

In un vano sottostante il mulino un getto d’acqua ad alta pressione colpisce delle pale che iniziano così a girare a grande velocità, trasmettendo la rotazione alla macina vera e propria attraverso un “albero di trasmissione”.

La macina in pietra sta girando mossa dall’acqua. Ph/Paolo Bondielli

La sua presenza nel territorio è documentata fin dal XVI secolo e dopo vari passaggi è stato acquistato dalla famiglia Grasso che lo detiene tutt’ora. A loro va il merito di averlo restaurato con grande attenzione, restituendo alla collettività una parentesi temporale fatta di suoni, odori e fatica di un tempo.

Il mulino è perfettamente funzionante anche se la sua attività oggi è quella esclusivamente didattica.

Il risultato dell’azione della macina sul grano: la farina macinata nel modo tradizionale. Ph/Paolo Bondielli.

Potrei scrivere ancora molto perché Bovino e l’area che lo circonda sembrano essere un’inesauribile fonte di cose belle e…di cose buone!

La predisposizione naturale a cogliere aspetti di storia antica e archeologia non mi ha impedito di vivere con altrettanto trasporto le eccellenze enogastronomiche di questo prezioso angolo della Puglia.

Anche nelle mani agili di chi compone con maestria piatti unici c’è storia, tradizioni e…archeologia (archaios logos = discorso delle cose antiche).

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Paolo Bondielli

Storico, studioso della Civiltà Egizia e del Vicino Oriente Antico da molti anni. Durante le sue ricerche ha realizzato una notevole biblioteca personale, che ha messo a disposizione di appassionati, studiosi e studenti. E’ autore e coautore di saggi storici e per Ananke ha pubblicato “Tutankhamon. Immagini e Testi dall’Ultima Dimora”; “La Stele di Rosetta e il Decreto di Menfi”; “Ramesse II e gli Hittiti. La Battaglia di Qadesh, il Trattato di pace e i matrimoni interdinastici”.

E’ socio fondatore e membro del Consiglio di Amministrazione dell’Associazione Egittologia.net. Ha ideato e dirige in qualità di Direttore Editoriale, il magazine online “MA – MediterraneoAntico”, che raccoglie articoli sull’antico Egitto e sull’archeologia del Mediterraneo. Ha ideato e dirige un progetto che prevede la pubblicazione integrale di alcuni templi dell’antico Egitto. Attualmente, dopo aver effettuato rilevazioni in loco, sta lavorando a una pubblicazione relativa Tempio di Dendera.

E’ membro effettivo del “Min Project”, lo scavo della Missione Archeologica Canario-Toscana presso la Valle dei Nobili a Sheik abd el-Gurna, West Bank, Luxor. Compie regolarmente viaggi in Egitto, sia per svolgere ricerche personali, sia per accompagnare gruppi di persone interessate a tour archeologici, che prevedono la visita di siti di grande interesse storico, ma generalmente trascurati dai grandi tour operator. Svolge regolarmente attività di divulgazione presso circoli culturali e scuole di ogni ordine e grado, proponendo conferenze arricchite da un corposo materiale fotografico, frutto di un’intensa attività di fotografo che si è svolta in Egitto e presso i maggiori musei d’Europa.

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