Il Panificio di Popidio Prisco

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Tra gli esiti dei lavori di messa in sicurezza della Regio VII di Pompei, di cui abbiamo parlato qualche settimana fa, (https://mediterraneoantico.it/articoli/archeologia-classica/nuove-aperture-pompei-restituite-alla-fruizione-le-domus-sirico-dellorso-ferito/) , importante e non secondaria, si segnala la riapertura al pubblico di una famosa attività commerciale dell’antica città vesuviana: il panificio di Popidio Prisco.

I panifici, pistrina, erano numerosi a Pompei, se ne contano 35, e dovevano sfamare le esigenze di una popolazione che si attestava, in età romana, tra le 8 mila e le 12 mila unità. Alcune attività, tra i prodotti di panificazione, avevano come specialità anche numerosi dolci. Il panificio di Popidio Prisco (VII 2, 22) si inserisce proprio all’interno di queste attività commerciali molto diffuse. Posto lungo il vicolo Storto nel centro della città, mette in mostra un forno a mattoni che nulla ha da invidiare ai nostri forni moderni, soprattutto perchè esteticamente molto simile a quello di molte pizzerie con forno a legna.

Macine, ph/Alessandra Randazzo

La camera di tiraggio era posta come avancorpo rispetto alla camera di combustione, inoltre, mulino e panificio erano connessi perché il luogo di macinazione della farina e di lavorazione facevano parte di uno stesso processo di produzione. Nel cortile si notano alcune macine in pietra lavica, cinque, che servivano alla molitura del grano, fatte girare a forza di braccia o tramite l’impiego di asini. Queste sono formate da due elementi: uno inferiore a forma di cono, fisso (meta) e uno superiore, mobile a forma di clessidra (catillus) che, tramite attrito, riducevano i chicchi in farina. Questa, una volta pronta, era impastata con l’acqua, grazie ad un’apposita macchina impastatrice, una è stata trovata in un altro panificio nella Regio IX 12,6, molto simile alle macchine moderne, ma naturalmente funzionante a mano.

A loaf of bread – Preview of the “Life and death in Pompeii and Herculaneum ” exhibition at the British Museum from the 28th March to the 29th September 2013

La pasta, successivamente, veniva lavorata su appositi banchi per dare la forma al prodotto, generalmente pane dalla forma rotonda, a spicchi rilevati. Nel grande forno posto al centro dell’edificio, il pane poi veniva cotto e solitamente smerciato in un piccolo ambiente limitrofo con bancone. Nell’edificio di Popidio Prisco il bancone era assente; probabilmente il pane era prodotto su commissione oppure venduto all’ingrosso o tramite venditori ambulanti, detti libani. Il costo di una forma di pane si aggirava intorno ai 2 assi.

Il pane era anche nell’antichità un alimento di base della nutrizione. A differenza di quello che possiamo trovare nei nostri panifici, morbido e fragrante, il pane antico era particolarmente duro a causa di farine di scarsa qualità e di lievito insufficiente, che se conservato troppo a lungo, andava incontro ad acidità. Anche per queste ragioni, il pane difficilmente veniva consumato fresco, piuttosto era preferibile intingerlo nel vino, nell’olio o nelle zuppe. I Romani conoscevano anche altri tipi di pane, più raffinati come quello alle spezie, al latte, alle uova, al miele o all’olio. Oltre alla forma rotonda che gli scavi di Pompei ci hanno restituito, esisteva anche una forma di pane allungata. Tra i prodotti del panificio, anche vari tipi di “pizza”: morbida (artolaganum) e croccante (tracta).

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Alessandra Randazzo

Studia Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Ha ricoperto il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it e attualmente per la testata Made in Pompei, inoltre è Ufficio Stampa per la società di videogames storici Entertainment Game Apps, Ltd.
Durante la carriera universitaria ha partecipato a numerose campagne di scavo e ricognizione presso siti siciliani e calabresi.
Per la cattedra di Archeologia e Storia dell’arte Greca e Romana presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG) sotto la direzione del Prof. G.F. La Torre, febbraio-maggio 2012; per la cattedra di Topografia Antica presso Cetraro (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, luglio 2013; per la cattedra di Topografia Antica e Archeologia delle province romane presso il sito di Blanda Julia, scavi nel Foro, Tortora (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, giugno 2016.
Ha inoltre partecipato ai corsi di:
“Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia” in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina, gennaio 2012;
Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – tratto Via Marina, aprile-maggio 2013;
Analisi e studio dei reperti archeologici “Dallo spot dating all’edizione”, maggio 2014; Geotecnologie applicate ai beni culturali, marzo-aprile 2016.
Collabora occasionalmente con l’ARCHEOPROS snc con cui ha partecipato alle campagne di scavo:
“La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte” sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) e della Dott.ssa M.M. Sica, 1-19 ottobre 2012;
Locri – Località Mannella, Tempio di Persefone sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria), ottobre 2014;
Nel marzo 2014 ha preso infine parte al Progetto “Lavaggio materiali locresi” presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (Rc) sotto la direzione della Dott.ssa M.M. Sica.

Collabora attualmente con la redazione di: www.osservarcheologia.eu

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