Il Tempio della Pace è una piazza monumentale connessa ai Fori Imperiali, molto simile nella struttura ad un foro, tanto che alla fine dell’Impero fu denominato impropriamente anche Foro della Pace. La costruzione è dovuta al primo imperatore della dinastia flavia, Vespasiano, e fu realizzato tra il 71 e il 75 d.C. per commemorare la vittoria sui Giudei. Il complesso entrò a fare parte dei cinque Fori Imperiali, il terzo in ordine cronologico dopo i Fori di Cesare (46 a.C.) e di Augusto (2 a.C.) e prima di quelli di Nerva (97 d.C.) e di Traiano (112-113 d.C.).
Nel 192 d.C. venne distrutto sotto Commodo da un grande incendio e fu restaurato da Settimio Severo. Ulteriori danni a cui seguì l’abbandono, avvennero nel V secolo d.C. come attesta lo scrittore bizantino Procopio nel VI secolo d.C. Il monumento sappiamo che occupa il sito dove precedentemente vi era il grande mercato pubblico repubblicano, il Macellum e non è improbabile che la forma assunta dal Templum Pacis ricordi quella dell’edificio precedente. La sua forma infatti ricorda quella di alcuni mercati monumentali come quello di Pozzuoli. Il complesso è stato riportato solo parzialmente in luce, purtroppo in pessime condizioni di conservazione, ma l’aspetto originario si può ipotizzare grazie ad alcuni frammenti della pianta marmorea severiana che era affissa su uno dei suoi ambienti, la famosa Forma Urbis.
Il Foro della Pace era caratterizzato, oltre che dal Tempio, anche dalla presenza di una ricca collezione di sculture e dipinti che, insieme alla Bibliotheca Pacis, famosa per i documenti letterari e scientifici, ne faceva una sorta di polo culturale. Il settore che meglio si conserva è quello retrostante al muro della Forma Urbis, all’interno del quale è ricavata la chiesa dei SS. Cosma e Damiano. Tra il 1998 e gli anni 2000, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma ha realizzato dei grandi scavi archeologici che hanno messo in luce il settore nord-occidentale dell’antica piazza sul quale si affacciava il portico sorretto da colonne di granito rosa di Assuan, Egitto, coperto da un tetto in tegole e coppi in marmo bianco.
Il ritrovamento di numerose colonne del portico occidentale del Foro della Pace ha così permesso di realizzare la ricostruzione di sette di queste (anastilosi) durante l’anno 2015. L’area del Foro visibile attualmente è quella portata in luce dalla Sovrintendenza Capitolina che ha individuato molti spezzoni di colonne nella posizione originaria di crollo avvenuto durante il Medioevo. Questi dati raccolti sul campo, insieme al rilievo 3D dei reperti mediante laser scanner e all’analisi mineralogica, hanno fornito la documentazione necessaria per ricostruire basi e fusti dei quali sono emersi solo pochi frammenti in marmo bianco.
Le colonne, di altezza pari a circa 7 metri. Sono state posizionate su un isolatore sismico incorporato nella base mediante un tirante in acciaio, collega ad esso gli spezzoni di colonna consolidati con cerchiature in titanio in presenza di lesioni subverticali. Le lacune delle parti originali (circa il 70% del totale) sono state colmate grazie a integrazioni con selezione di inerti granitici di colorazione compatibile. La finalità del progetto è stata quella di restituire allo spettatore la visione dell’originario fronte colonnato dei portici, il cui ordine corinzio è rappresentato dall’unico capitello superstite, visibile dietro le colonne. L’intero intervento ha rispettato i criteri correnti del restauro moderno: riconoscibilità e reversibilità.
Fonte: Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali