L’area su cui sorge il Tempio Dorico è uno sperone lavico dal quale si domina la valle sottostante e la foce del fiume Sarno. Il luogo di culto fu scelto anticamente per la sua posizione visibile da lontano soprattutto da chi, proveniente dal mare e dopo aver doppiato il promontorio delle Sirenusse, si trovava davanti una delle aree cultuali più antiche della città di Pompei. Alla prima metà del VI secolo a.C. risale la costruzione del tempio, di tipo greco e dedicato ad Atena, che, assieme ai santuari di Punta Campanella e di Stabiae (loc. Privati), situati a sud del Golfo, viene a costituire un’ampia area di culto dedicata a questa divinità, scelta come protettrice della navigazione. Ad Atena venne associato anche il culto iniziatico di Eracle, considerato erroneamente antico fondatore della città in occasione del suo passaggio in Campania, al quale, davanti al tempio, venne dedicato un heròon.
La prima costruzione del Tempio Dorico risale al terzo quarto del VI secolo a.C.; una serie di decorazioni architettoniche ha permesso di individuare diverse fasi decorative del tempio tra V e III secolo a.C., mentre, di difficile ricostruzione, sembra essere la pianta, dal momento che, nel 79 d.C., l’edificio ormai non era che una rovina e ne rimaneva solo un sacello simbolico, testimone dell’antico culto emporico-iniziatico dell’area. È certo comunque che il tempio doveva essere circondato da peristasi, 7×11 colonne, secondo lo schema architettonico dei templi greci, il cui ingresso era rivolto verso la terrazza. Quattro capitelli dorici originali in travertino sono stati collocati nei quattro angoli del tempio, e la dedica del luogo a Minerva sembra ulteriormente affrancata dal ritrovamento di un’iscrizione osca (Ve 27) appartenente alla serie eituns, individuata nelle vicinanze. La cella, preceduta da un pronao profondo, custodiva un doppio basamento destinato evidentemente ad un doppio culto, Atena/Eracle. Dai ritrovamenti della decorazione architettonica del tempio, di tipo a cassetta con gocciolatoi a testa leonina, secondo l’uso magno-greco, si possono individuare tre fasi decorative differenti.
La prima risale a pochi frammenti di una cassetta databile al 540 a.C., la seconda si iscrive negli ultimi anni del VI secolo a.C. a cui appartengono, oltre gli elementi di rivestimento, anche alcuni frammenti di un lungo serpente che può forse alludere ad una delle fatiche di Eracle (l’Idra di Lerna?) e pochi resti di alcune figure frontonali, forse Atena ed Eracle come a S.Omobono a Roma. La realizzazione decorativa è attribuibile forse ad un atelier magno-greco, probabilmente proveniente da Poseidonia. La terza fase decorativa è databile alla fine del IV secolo a.C. quando venne rifatto anche il pavimento del tempio in cocciopesto. Un elemento singolare di questa fase sembra essere una metopa in cui compaiono tre figure, Atena, un personaggio maschile e un altro accanto ad un elemento circolare. Erroneamente per anni questa scena è stata interpretata come la Costruzione della nave Argo in cui comparivano la dea con in mano un utensile, Hermes e un personaggio nudo. Oggi con una certa sicurezza si può confermare che la scena raffigurata è il mito di Issione, precedentemente scartato dalle varie interpretazioni.
Il mito greco narra che Issione, figlio di Flegias, re dei Lapiti, ebbe una relazione con Dia, figlia di Deioneo, che portò a delle nozze frettolose. Durante le trattative per il matrimonio, Issione si rifiutò di consegnare i doni nuziali al padre della sposa che ebbe da lamentarsi per questa grave offesa subita. Colto da un impeto d’ira, Issione uccise il suocero in maniera crudele gettandolo in una fossa piena di carboni ardenti. Gli dei, sconvolti per l’accaduto feroce, erano pronti per punirlo ma Zeus, lo perdonò e lo accolse sull’Olimpo. L’occasione venne sfruttata da Issione per concupire Era, la moglie del padre degli dei, tentando addirittura di violentarla. Quando Zeus si accorse del piano, mandò la nuvola Nefele che aveva creato con le sembianze di Era e, quando Issione provò a toccarla, fu colto in flagrante. Zeus, irritato, decise allora di consegnarlo ad Hermes perché lo torturasse; il messaggero degli dei obbedì e legò Issione ad una ruota di fuoco che doveva girare senza sosta nell’etere.
La metopa, ritrovata ai piedi della collina del Foro Triangolare, doveva comporre un fregio decorativo passante sull’architrave del tempio, riconducibile alla sua fase ellenistica. In entrambe le interpretazioni, la scena è dominata da Atena, come dea protettrice della navigazione ma anche garante dell’ordine contro la superbia umana.
Nella nuova rilettura della metopa, i personaggi infatti sono stati identificati come Atena, Hermes ed Issione legato alla ruota, in quello che sembra essere un chiaro messaggio per i giovani della società: Issione aveva più volte peccato, infrangendo la legge degli uomini e degli dei; aveva spergiurato e, cosa peggiore, aveva sedotto Era, venendo meno così alle leggi della seduzione. Nella società la seduzione doveva passare attraverso dei riti predefiniti che portavano le fanciulle dall’essere bambine allo stato di νύμφη, spose in greco, ma anche stato in cui queste raggiungono la maturità sessuale, che le avrebbe portate al matrimonio e al primo figlio. Questa metopa, pertinente al Tempio Dorico, è interessante perché i recenti scavi nell’area hanno portato in luce strutture legate ai riti di iniziazione delle fanciulle, confermando così l’interesse dell’area per i culti iniziatici legati ad Atena che, pur essendo una dea vergine, presiedeva i riti del matrimonio. Questo lo sappiamo dalle informazioni che ci vengono da Atene, dove Atena era accudita da fanciulle vergini, le Ergastine e le Arrefore, che prestavano servizio sacerdotale alla dea prima di convolare a nozze. Atena assicura la normativa del passaggio alla maturità sessuale; quando questa è stata raggiunta, la dea parthenos abbandona le fanciulle che entrano così nella sfera di Afrodite. Questo passaggio è scandito da una processione, le Arreforie, che si celebravano in Atene nel mese di sciroforione (giugno-luglio) in onore di Atena Poliade. Due fanciulle nobili, tra quelle destinate al culto della dea sull’Acropoli, portavano di notte oggetti sacri e misteriosi (ἀπόρρητα), torte a forma di fallo, in un santuario di Afrodite, e di lì altri oggetti simbolici sull’Acropoli.
La metopa con il supplizio di Issione si inserisce quindi in questo tessuto scandito da passaggi e ammonisce i maschi: la seduzione passa attraverso un rituale prestabilito dalla comunità e scandito da passaggi obbligatori che portano alle giuste nozze, chi infrange le regole subirà una dura punizione.
La metopa, così come altri reperti pertinenti al tempio, si trovano oggi nel piano terra dell’Antiquarium degli scavi di Pompei visibili nella mostra permanente sui “Sacra Pompeiana”, dedicata ai culti della Pompei pre-romana con l’esposizione di reperti e oggetti provenienti da alcune aree urbane ed extra urbane della città. Tra i reperti del Tempio Dorico dedicato ad Atena, di cui sono ripercorse le fasi principali della costruzione, che vanno dall’età arcaica alla fase ellenistica (fine IV- inizio III secolo a.C.), la metopa di Issione; sime con gocciolatoio a testa di leone; parti di decorazioni di fine IV secolo a.C. appositamente restaurate per l’esposizione e una sima con sfinge della copertura del tetto di età ellenistica. Di questa fase sono esposte anche 3 antefisse con testa di Atena e di Eracle e la ricostruzione di uno scudo, parte di una scultura femminile in terracotta di grandi dimensioni.