Un uomo claudicante di età superiore ai 30 anni, morto orribilmente nella vana fuga dall’eruzione del Vesuvio. I nuovi ritrovamenti nel cantiere della Regio V continuano a stupire gli archeologi e tutti coloro che guardano Pompei come luogo ancora di infinite scoperte.
Il torace schiacciato da un grosso blocco di pietra e il corpo sbalzato dalla violenta ondata di flusso piroclastico nel tentativo ultimo di fuggire dalla catastrofe e la morte che è giunta con l’orrore negli occhi di chi non aveva più scampo. Lo scheletro è stato ritrovato all’incrocio tra il Vicolo delle Nozze d’Argento e il Vicolo dei Balconi verso via di Nola. Dalle prime osservazioni, gli studiosi hanno potuto ricostruire gli ultimi istanti di vita dell’uomo, sopravvissuto alle prime fasi dell’eruzione ma che nel tentativo di fuga lungo il vicolo ormai invaso da una coltre consistente di lapillo, ha trovato la morte. Il corpo è stato rinvenuto all’altezza del primo piano dell’edificio adiacente, al di sopra dello strato di lapilli.
Qui, investito dalla nube piroclastica, è stato sbalzato all’indietro, colpito da un imponente blocco di pietra (forse uno stipite) che gli ha schiacciato la parte superiore del torace e il capo, non ancora individuati e che giacciono probabilmente ad una quota più bassa rispetto agli arti inferiori. L’antropologa che ha condotto le analisi sul campo, ha identificato nello scheletro un uomo adulto di età superiore ai 30 anni. La presenza di lesioni a livello delle tibie segnalano un’infezione ossea che potrebbe essere stata “forse” la causa di un suo ritardo nella fuga, essendo claudicante e con significative difficoltà nella deambulazione.
“Questo ritrovamento eccezionale, – dichiara Massimo Osanna, Direttore Generale del Parco Archeologico di Pompei – rimanda al caso analogo di uno scheletro rinvenuto da Amedeo Maiuri nella casa del Fabbro e oggetto di recente studio. Si tratta dei resti di un individuo claudicante, anche lui probabilmente impedito nella fuga dalle difficoltà motorie e lasciato all’epoca in esposizione in situ. Al di là dell’impatto emotivo di queste scoperte, la possibilità di comparare questi rinvenimenti, confrontare le patologie e gli stili di vita, le dinamiche di fuga dall’eruzione, ma soprattutto di indagarli con strumenti e professionalità sempre più specifiche e presenti sul campo, contribuiscono ad un racconto sempre più preciso della storia e della civiltà dell’epoca, che è alla base della ricerca archeologica.”
Le indagini in corso coprono una superficie di oltre 1000 metri quadrati, nella zona chiamata “cuneo”, posta tra la casa delle Nozze d’Argento e la casa di Marco Lucrezio Frontone. A tutti gli effetti uno dei più grandi interventi di scavo in aree non ancora indagate, dal dopoguerra.
Il cantiere rientra nel progetto di intervento di messa in sicurezza dei fronti di scavo di tutta una parte di area non scavata della città vesuviana che si estende per circa 22 ettari. I lavori porteranno alla messa in sicurezza di oltre 2.5 km di muri antichi, mentre i fronti di scavo delle Regiones I-III-IV-V-IX saranno oggetto di interventi per mitigare il rischio idrogeologico, consentendo così un adeguato drenaggio del suolo, problema che ha sempre afflitto la città durante le piogge e riducendo così la spinta del terreno sui muri antichi.
Quest’ultima scoperta, così come le ultime provenienti dalla Regio V, aggiungono tasselli importantissimi per la storia di Pompei, una storia viva e ancora tutta da scrivere.
Foto: Pompei Parco Archeologico
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