Figlio di Marco Aurelio, Commodo divenne imperatore a soli 19 anni. Il suo dispotismo, la stravaganza e le innovazioni religiose che lo portarono a farsi chiamare Ercole e a voler rifondare Roma con il nome di Colonia Commodiana, determinarono inevitabilmente una rottura con il senato, di cui fece perseguitare diversi membri.
Dal 182 d.C. al 185 d.C. il governo fu in mano al prefetto del pretorio Tigidio Perenne che venne ucciso dopo pochi anni e il suo ruolo fu preso da un liberto, Cleandro, che addirittura nel 189 d.C. arrivò a farsi nominare prefetto del pretorio senza aver percorso nessuna carriera dei cavalieri. Approfittandosi del disinteresse di Commodo, Cleandro non fece altro che spadroneggiare; cominciò a vendere i titoli di console e altre magistrature, propose liberti al senato e in cambio di denaro favoriva o rovesciava le decisioni dei tribunali. Inoltre, per rimpinguare le casse dell’imperatore, ormai vuote per i continui spettacoli offerti alla plebe di Roma e i lussi sfrenati della vita di corte, si cominciarono a confiscare terreni e beni di molti e illustri senatori e benestanti, si sospesero anche i sussidi alimentari e i donativi in denaro per i soldati.
Nel 190 d.C. una grave carestia colpì Roma e Cleandro, accusato di aver portato la città ad una situazione di disgrazia, venne destituito e dato all’ira della plebe. Tra il 190 e il 192 d.C., anno della morte di Commodo, il potere passò ancora nelle mani di un cortigiano, Eclecto, che assieme al prefetto del pretorio Leto, ordì la congiura che portò alla morte dell’imperatore.
Nonostante il suo disinteresse al governo, sotto il principato di Commodo vi furono importanti fenomeni di integrazione, con l’accoglimento di molti culti stranieri nel pantheon romano. La Magna Mater nel 188 d.C. fu celebrata come protettrice dell’Impero contro varie insurrezioni, Serapide divenne protettore della flotta che trasportava grano e riforniva i granai di Roma, Iuppiter Dolichenus e Mitra, assieme ad altre divinità orientali, furono chiamate a protezione dell’imperatore e ad assicurare il benessere dell’Impero. In quest’aurea molto forte di religiosità, persino lo stesso Commodo si fece dio in terra.
Questo suo atteggiamento dispotico, tanto avverso al senato e alla tradizione romana, fu ulteriore motivo di rottura con le varie istituzioni e anche con la stessa storiografia filosenatoria che lo descrisse come un tiranno, anzi il peggiore dei tiranni, sprezzante nei confronti del senato e di Roma, sanguinario e propenso ad un regime depravato. Dopo la sua morte infatti, si decise di cancellare ogni sua immagine da ogni monumento tramite la Damnatio Memoriae, ovvero la condanna della memoria.