Veduta di una parte del Vallo di Adriano. Crediti: romanoimpero.com

Patrimonio UNESCO dal 2005, quest’anno il Vallum Hadriani compie 1900 anni dalla sua edificazione.

La conquista della Britannia da parte dei romani fu affatto facile: le campagne militari iniziarono già sotto l’egida di Giulio Cesare, negli anni 55/54 a.C., partendo dalla Gallia. Sebbene nulla fu l’invasione, essa mise in contatto, culturalmente ed economicamente, il sud dell’Inghilterra con la capitale del futuro impero. Successivamente Ottaviano, poi Augusto, pianificò la conquista dell’isola nel 34, nel 27 e nel 25 a.C., senza che nessuna missione partisse. Un ulteriore, vano, tentativo venne fatto dall’imperatore Caligola nel 40 d.C. Sotto il regno di Claudio, nel 43 d.C., il senatore Aulo Plauzio iniziò la conquista della Britannia accanto allo stesso imperatore, e ne divenne il primo legatus Augusti pro praetore, ovvero governatore di una provincia imperiale proveniente dalla classe senatoria che aveva la delega militare dell’imperium da parte del princeps. La Britannia romana ebbe come capitale prima Camulodunum, “fortezza di Camulos”, divinità guerriera equiparata a Marte (odierna Colchester, Essex), e successivamente Londinium (Londra), fino a quando nel 207 d.C. l’imperarote Diocleziano divise la Britannia in quattro province: a nord la Britannia Secunda, con capitale a Eburacum (York); a sud-est la Maxima Caesariensis, con capitale Londinium; ad est la Flavia Caesariensis, con capitale Lindum Colonia (Lincoln); a ovest la Britannia Prima, che comprendeva anche il Galles e aveva come capitale Corinium Dobunnorum (Cirencester). Secondo le fonti archeologiche la presenza romana è in decadenza verso la fine del IV sec. d.C. L’anno di abbandono della Britannia da parte dei romani è da collocarsi al momento della proclamazione di Constantino III come imperatore nel 407 d.C.

Parte del Vallo di Adriano. Crediti: romanoimpero.com

Nel 122 d.C. Adriano (117-138 d.C.) intraprese un viaggio lungo le province dell’impero. Mentre si trovava in Britannia, l’ennesima rivolta delle popolazioni autoctone portò l’imperatore ad edificare un vallum, una costruzione a difesa dei castra e del limes romani. L’impresa, che cronologicamente si colloca tra il 122 e il 128 d.C., e quindi in particolare sotto il governatore Aulo Pletorio Nepote, andava a proteggere i territori a meridione del confine fissato tra Wallsend (Segedunum), ad est, e Bowness-on-Solway (Maia), ad ovest.

Rappresentazione del Vallo di Adriano con i forti militari e gli insediamenti. Crediti: romanoimpero.com

Dai rinvenimenti archeologici sappiamo che le legioni interessate nella costruzione del vallo erano tre: la II Augusta, la XX Valeria Victrix, e la VI Victrix, tra cui figurava anche la classis Britannica, ovvero la flotta, e probabilmente il lavoro coatto della popolazione indigena. Il vallo è situato un po’ più a sud dell’attuale confine tra Inghilterra e Scozia, e percorre ca. 117/118km. La nuova linea difensiva doveva creare una barriera tra le foci dei fiumi Tyne (est) e Forth (ovest). Ad ogni miglio romano (ca. 1,48km) doveva corrispondere un forte, il milecastle, ognuno dei quali era intervallato nel percorso da due piccole torri. Sebbene i resti odierni non superino i 3m di altezza, il vallum doveva avere un’altezza compresa tra i 5 e i 7m, e uno spessore di ca. 3m.

L’abitazione del comandante presso il forte Vercovicium. Crediti: Carole Raddato

Oltre a fungere da barriera per il limes nord-occidentale dell’impero, il vallo di Adriano serviva anche come dogana per controllare gli scambi commerciali. Insieme ai diversi insediamenti militari, si trovano anche città, che servivano ad alloggiare i cittadini e come luoghi di approvvigionamento.

La città romana di Corbridge. Crediti: visitnorthumberland.com

Il Vallum Hadriani venne successivamente sostituito da quello costruito dall’imperatore Antonino Pio (138-161 a.C.) più a nord, ovvero nella Scozia meridionale.

Un leone a caccia rinvenuto nella città di Corbridge. Crediti: visitnorthumberland.com

Fonti:

Il Vallo di Adriano, romanoimpero.com

Hadrian’s Wall, English Heritage

 

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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