Il frigorifero. Crediti: Centro di Ricerca per le Antichità dell’Europa Sud-Orientale dell’Università di Varsavia

Gli archeologi guidati dal professor Piotr Dyczek, del Centro di Ricerca per le Antichità dell’Europa Sud-Orientale dell’Università di Varsavia, hanno portato alla luce un frigorifero nella fortezza legionaria di Novae. Il sito si trova in Bulgaria, sul Danubio, vicino all’odierna città di Svištov, parte dell’antica provincia della Moesia Inferior. La fortezza venne probabilmente fondata nella metà del I sec. d.C. durante il regno dell’imperatore Claudio come sede della legio VIII Augusta e, a partire da Vespasiano, vi venne stanziata la legio I Italica, la quale vi rimase fino al 430 d.C.

Stampo per mattoni rinvenuto a Novae con il nome della legio I Italica. Crediti: Janusz Recław (via wikipedia)

Il sito di Novae copre quasi 18 ettari, i cui scavi hanno portato alla luce edifici monumentali, come il quartier generale, l’ospedale per i legionari, le terme, un quartiere civile, una necropoli; nella tarda antichità le mura vennero rinforzate e venne anche aggiunta un’altra area di ca. 8 ettari. Le attestazioni della presenza romana arrivano fino alla fine del VI sec. d.C.

Il quartier generale legionario di Novae. Crediti: Kleo73 (via wikipedia)

L’ultima stagione di scavi ha fatto emergere sotto il pavimento di una caserma militare delle lastre di ceramica incassate sotto il pavimento che formavano un contenitore. Si tratta di un frigorifero al cui interno sono stati rinvenuti frammenti ceramici, ossa cotte, carbone e una ciotola. Il ritrovamento del frigorifero rientra in quale evidenze archeologiche rare, come asserisce il professor Dyczek.

Il frigorifero. Crediti: Centro di Ricerca per le Antichità dell’Europa Sud-Orientale dell’Università di Varsavia

Oltre al rinvenimento del frigorifero, gli archeologi hanno scoperto diverse decine di monete, archi murari e resti di una residenza nella quale sono stati rinvenuti pozzi, tessuti, pesi da pesca, mulinelli e frammenti di navi.

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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