I furti nelle tombe a Tebe alla fine del Nuovo Regno

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La XX dinastia, la dinastia dei Ramessidi, è conosciuta soprattutto per le grandi opere che ha saputo realizzare; nella zona di Tebe molteplici sono i monumenti che questi sovrani hanno innalzato per la gloria dei loro dèi e per tramandare il ricordo di sé. Il tempio di Medinet Habu, costruito da Ramesse III, ancor oggi riempie di stupore quanti si aggirano attorno ad esso o entrano nelle sue sale interne più sacre, per la sua grandezza e perfezione di esecuzione, per i grandiosi riquadri storici e religiosi scolpiti sulle sue immense pareti. Nella Valle dei Re la tomba di Ramesse VI lascia attoniti, per la sua grandiosità architettonica e la complessità delle sue raffigurazioni, quanti si addentrano nel cuore della montagna, corridoio dopo corridoio, per raggiungere infine la maestosa camera tombale.

Davanti a simili opere, e queste citate non sono che due di un numero sterminato di esempi, si potrebbe pensare, seguendo l’opinione comune, che gli antichi Egizi fossero degli uomini fuori dall’ordinario, quasi dei semidei, a loro agio con il grandioso, lontani dalle reali contingenze di una normale vita quotidiana. Nulla di più assurdo e irreale. Per chi sa leggere la sconfinata messe di documenti che il clima favorevole e la sorte ci hanno trasmesso, l’immagine dell’Egitto che ne esce è diversa, più umana, più a nostra misura. Accanto a realizzazioni che ancor oggi destano stupore e ammirazione, appaiono eventi che ci mostrano gli antichi Egizi nella loro più vera umanità. Intorno alla metà del XIX secolo è venuta alla luce una serie di documenti relativi ad avvenimenti risalenti agli ultimi regni della XX dinastia, sotto i sovrani Ramesse IX, Ramesse X e Ramesse XI. La lettura di questi papiri, atti giudiziari relativi ai cosiddetti “furti nelle tombe” all’Occidente di Tebe, questioni che si potrebbero a ragione definire quasi “affari di Stato” per la “delicatezza” dell’argomento e per l’ampiezza che tali fatto hanno raggiunto, veri dossier ricchi di dettagli e non di semplici e vaghe allusioni testuali, ci offre una delle pagine più vive e intriganti dell’antico Egitto, uno spaccato affascinante del mondo pittoresco della vita quotidiana, con le miserie e le grandezze di uomini che in nulla sono diversi da noi, nonostante così tanta acqua sia scorsa da allora nel pacioso letto del Nilo a Tebe. Cupidigie, gelosie, antagonismi, invidie, compromessi, connivenze, corruzioni (in particolare tra coloro, come sacerdoti, poliziotti e ufficiali giudiziari, ai quali spettava il compito di sovrintendere alla custodia delle tombe della Necropoli), amore del denaro e del potere, parzialità di giudici, ma anche desiderio di giustizia, orrore davanti alla dissacrazione di ciò che era ritenuto sacro e inviolabile, voglia di riscatto morale: nelle sue debolezze e nelle sue grandezze l’uomo di tremila anni fa era, mutatis mutandis, sostanzialmente uguale a quello di oggi (se si scrivesse un resoconto delle nostre squallide “tangentopoli” non si potrebbe fare di meglio); ed è proprio questo che ce lo rende ancor più simpatico e più vicino.

Sono proprio questi documenti che vogliamo qui presentare: nella trascrizione geroglifica (i papiri originali sono, ovviamente, scritti in ieratico), correlata di traslitterazione, traduzione italiana e un breve commento grammaticale. Lo scopo è quello di condurre il lettore alla scoperta di un mondo quasi sconosciuto ma interessantissimo, dove l’anima vera dell’uomo egizio traspare in ogni parola.

Ancora una volta, si tratta della raccolta di testi tradotti, alcuni direttamente dallo ieratico, nel corso degli anni con i miei appassionatissimi studenti, rivisti e corretti e offerti a tutti quanti amano l’Egitto.

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Alberto Elli

Alberto Elli si è dedicato allo studio dell’egittologia (egiziano classico e neo-egizio, demotico e copto) e successivamente anche delle lingue semitiche: dall’ebraico all’arabo, dal sumerico all’accadico. dal siriaco al Ge’ez. Ha pubblicato una Introduzione ai geroglifici (1995). Lo studio del copto lo ha poi portato a interessarsi anche della storia delle Chiese orientali. Frutto di questa passione sono i tre volumi della Storia della Chiesa Copta (Fransciscan Printing Press, Gerusalemme – Il Cairo, 2003). Per i tipi di Ananke ha pubblicato La Stele di Rosetta e il Decreto di Menfi; Ramesse II e gli Hittiti.

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