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La stele di Gaio Cornelio Gallo da File

La figura di Gaio Cornelio Gallo è stata quasi ignorata, quando non infamata, dagli storici antichi e moderni, nonostante presenti aspetti non meno interessanti di altri personaggi dell’epoca, per le cui gesta sono stati versati fiumi di inchiostro. Gaio Cornelio, chiamato Gallo perché nato a Forum Iulii, colonia navale nella Gallia Narbonense, l’odierna Frejus (per altri si tratterebbe invece di Forum Iulii Iriensium, ossia di Voghera, nella Gallia Cisalpina1), verso il 70/69 a.C., era stato un fine letterato, creatore, insieme con Catullo, di una scuola di poeti che si erano chiamati novi. Essi, attingendo a temi della poesia greca alessandrina, avevano perfezionato un genere originale, l’elegia, dove si esprimevano in forme studiate e raffinatissime i sentimenti più intimi ed appassionati dell’amore.

L’insegnamento di Onkhsheshonqy

Questo testo è conservato dal papiro demotico del British Museum n° 10508, della tarda età tolemaica. La redazione originaria risale però al V-IV secolo a.C. Vi si distinguono due parti: la prima, che introduce le istruzioni di saggezza, ha forma narrativa e non manca di inquadramento storico. Le prime cinque pagine, infatti, ci raccontano la storia di Onkhsheshonqy, che fu imprigionato per aver udito di un complotto contro il Faraone e non averlo riferito. La seconda parte, pp. 6-28, comprende le istruzioni, scritte in versi di diversa lunghezza, in uno stile assai ricercato, che impiega il parallelismo dei membri e un ampio vocabolario. Esse sono divise in capitoli, secondo le prime parole di ogni massima.

Il Papiro dell’Adozione

Il papiro proviene dalla città medio-egiziana di Sepermeru, a sud di Herakleopolis Magna, il cui dio principale era Seth. Questo documento legale è diviso in due parti, ognuno cominciante con una propria data e terminante con una propria lista di testimoni. La prima parte è datata al giorno dell’assunzione al trono di Ramesse XI e la seconda all’anno XVIII dello stesso faraone. Le due parti, tuttavia, sono state scritte in un’unica sessione, essendo la grafia identica per tutto il papiro. Scopo del documento è quello di assicurare l’intera proprietà di Nebnefer alla propria moglie Nanefer (il nome compare anche come Rennefer), così che lei possa disporne a suo piacimento.

Gli Annali di Sennacherib dal Prisma di Chicago

Sennacherib(705-681) salì sul trono d’Assiria, succedendo al padre Sargon II (721-705), il dodicesimo giorno del mese di Ab (luglio-agosto) del 705 a.C. Fu un re guerriero e due prismi d’argilla contengono la descrizione delle otto spedizioni condotte dal sovrano assiro durante il suo regno: il Prisma Taylor, datato al 691 a.C. (eponimato di Bēl-Emuranni), e il Prisma di Chicago, del 689 (eponimato di Gakhilu). Il testo qui considerato è quello del Prisma di Chicago, conservato presso l’Oriental Institute di Chicago, Illinois (il Prisma Taylor è conservato al British Museum).

Avvicinarsi a Sparta

Un’aura potentemente suggestiva circonda da sempre l’antica Sparta. È un luminoso mattino di settembre e dalla terrazza più occidentale dell’acropoli si vede il Taigeto schierare la sua barriera in un maestoso dispiegamento, e Sparta adagiata ai suoi piedi. La città appare ancora rassegnata, in una grata accettazione del dominio delle cime che sancirono verso occidente i limiti del suo abitare. Dalla parte opposta, a est, la delimitano le anse del suo fiume Eurota. Ci attrae la sua apertura: la più aperta città della Grecia, l’unica polis senza mura, «abitata per villaggi secondo l’antico modo della Grecia»: così Tucidide (I.10.2) ne fissò per sempre l’eikós, l’aspetto.

Il monumento funerario di Ameneminet

Egitto ramesside, seconda metà del XIII secolo a.C. circa. In un giorno a noi sconosciuto, uno dei più importanti e valorosi comandanti militari di Ramesse II, Ameneminet, lascia il mondo dei vivi e inizia il suo viaggio verso la vita ultraterrena. Come ogni egizio dei tempi antichi, egli non voleva che il suo nome e le sue gesta fossero dimenticati dai posteri, e per questo motivo aveva affidato all’abilità di operai e artisti la realizzazione della sua tomba, del suo sarcofago e di altri monumenti funerari commemorativi. Di tutto ciò, purtroppo, non molto si è preservato fino ai nostri giorni, ma il reperto più particolare che si è sottratto all’oblio di oltre trenta secoli può essere considerato artisticamente un unicum nel suo genere.