La sepoltura con i “Base-Ring juglets” contenenti resti di Papaver somniferum. Crediti: Israel Antiquities Authority (IAA)

Uno studio condotto dall’Autorità israeliana per le Antichità (Israel Antiquities Authority – IAA), in collaborazione con l’università di Tel Aviv e l’Instituto di Scienze Weizamann, ha rivelato le più antiche attestazioni dell’utilizzo dell’oppio in Israele, estratto dal Papaver somniferum.

Le ricerche sono iniziate nel 2012 a Tel Yehud, quando all’interno di sepolture canaanee fu rinvenuto vasellame ceramico contenente residui organici. I vasi in questione sono i “Base-Ring juglets”, databili al Tardo Bronzo e di provenienza cipriota. Le analisi condotte sui residui organici hanno evidenziato tracce di oppio.

Ciò confermerebbe quanto detto dalle fonti scritte riguardo l’utilizzo dell’oppio come allucinogeno nelle Vicino Oriente: l’unica sostanza psicoattiva rinvenuta nel Levante del Tardo Bronzo. Ricerche del 2020 a Tel Arad avevano individuato resti di cannabis su un altare, ma si tratta di evidenze risalenti all’Età del Ferro, e dunque molto più tarde.

Come afferma Vanessa Linares, dell’Università di Tel Aviv, l’importanza del rinvenimento a Tel Yehud è duplice: da un lato essa rappresenta la testimonianza più antica dell’uso dell’oppio in Israele; dall’altro essa fornisce ulteriori dati riguardo i costumi funerari dell’epoca. Significativo è anche il fatto che il papavero era coltivato nella zona dell’attuale Turchia e che, per arrivare a Tel Yehud, passava per Cipro.

Advertisement
Articolo precedenteSei tombe “a cappuccina” scoperte a Cosenza
Prossimo articoloI Pittori di Pompei: al Museo Archeologico di Bologna 100 opere raccontano i Pictores dell’Area Vesuviana.
Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here