Tutankhamon torna a Parigi e subito la memoria ci ripropone il ricordo di un aereo militare che nel 1966, poco prima di Natale, atterra a Parigi con 45 reperti, scortati dalla grande egittologa Christiane Desroches-Noblecourt, allora conservatrice del Dipartimento di Antichità Egizie del Museo del Louvre.
Dì questi solo 32 provenivano dal corredo funerario del più noto dei sovrani egizi, mentre gli altri appartenevano alla XVIII dinastia, la stessa in cui visse Tutankhamon e di cui fanno parte sovrani come i Thutmosi, la regina Hatshepsut, gli Amenhotep, Akhenaton e personaggi come Nefertiti, Ay ed Horemheb.
Il 16 febbraio del 1967 presso il Petite Palais di Parigi apre i battenti la prima mostra in territorio francese dedicata interamente al giovane sovrano, “Toutânkhamon et son temps”, che dovrà essere prorogata di ben 70 giorni per far fronte all’enorme flusso di persone attratte dal fascino e dalle vicende di questo giovane uomo, deceduto più di 3000 anni fa. Al termine del breve percorso espositivo, in una sala appositamente allestita, una grande sorpresa: la straordinaria maschera d’oro di Tutankhamon, arrivata solo il giorno prima a bordo di un volo turistico di Air France!
I visitatori saranno più di un milione e duecentomila: un grande risultato!
La sede di questa nuova esposizione è la Grand Hall all’interno del parco de la Villette a Parigi, dove i 150 reperti hanno trovato ampio spazio in un progetto scientifico di altissimo livello, ne è prova la grande attenzione rivolta ad ogni piccolo dettaglio. Questa volta i reperti provengono interamente dal corredo funerario di Tutankhamon, tranne due statue che sono prestiti del Louvre e del Grand Egyptian Museum di cui diremo più avanti, 60 dei quali escono dall’Egitto per la prima volta.
Lo scopo della mostra, aldilà del progetto scientifico, è duplice. Da una parte si intende ricordare il centenario della scoperta della tomba di Tutankhamon avvenuta nel 1922, dall’altra con il ricavato contribuire alla costruzione del Grand Egyptian Museum del Cairo, dove le migliaia di reperti che costituiscono il corredo funerario di Tutankhamon troveranno una collocazione definitiva, dopo un adeguato restauro conservativo che è già in atto da tempo.
Dopo un lunghissimo tour mondiale che la vedrà protagonista indiscussa in dieci grandi metropoli, la mostra terminerà la sua vittoriosa corsa tornando nella propria terra d’origine, dove ogni reperto verrà collocato in quello spazio che giorno dopo giorno sta prendendo forma all’interno del nuovo museo, a pochi passi dalle tre grandi piramidi di Giza. Ma è ancora presto per rientrare, Londra è pronta ad accogliere la prossima tappa del tour.
Con questo racconto si cercherà di dare al lettore informazioni su temi generici, senza cedere alla tentazione di descrivere dettagliatamente il percorso espositivo e le meravigliose opere in esso contenute. La nostra speranza è che tutti voi possiate recarvi a Parigi per visitare questo splendido allestimento e non vogliamo togliervi l’emozione della novità, ma semmai insinuarvi il seme della curiosità.
L’esposizione inizia con una grande stanza vuota e una porta, sul fondo, chiusa.
Un grande schermo ricurvo avvolge i visitatori e un audio di alta qualità costringe tutti al silenzio. La Valle dei Re ci appare brulicante delle attività di scavo e la voce narrante racconta la storia che lega l’archeologo Howard Carter, scopritore della tomba del giovane sovrano, e il suo mecenate Lord Carnarvon.
Al termine del filmato, che dura pochi minuti, le due ante della porta si aprono e…la meraviglia!
Una statua dal grande valore simbolico, prestito del Musée du Louvre, raffigurante il dio Amon che protegge il sovrano, si pone come centro focale della scena e cattura con forza l’attenzione, creando un suggestivo quanto concreto collegamento con l’ipogeo che fu l’ultima dimora di Tutankhamon. Una gigantografia a lato della statua riproduce la parete occidentale della camera del sarcofago della KV62, dov’è raffigurata la Prima Ora del Libro dell’Amduat. Siamo dentro la tomba e lungo il percorso della mostra troveremo le altre pareti affrescate che ce lo ricordano: quella ad est il cui repertorio decorativo è tratto dal Primo Capitolo del Libro dei Morti; quella a nord dov’è presente il celebre rituale dell’apertura della bocca; quella a sud parzialmente distrutta per consentire l’estrazione delle cappelle lignee, ma adeguatamente fotografata da Burton. Nella parte ancora visibile Anubi accompagna Tutankhamon al cospetto di Hathor, che avvicina alle narici del giovane re defunto un segno ankh nell’atto di donargli la vita.
Comincia adesso il più importante dei viaggi: la meta è la vita eterna.
Da questo momento inizia il percorso che il giovane sovrano dovrà affrontare per ottenere l’immortalità e il visitatore attraverserà con lui pericolose “porte” sorvegliate da esseri sovrannaturali, che possono essere fermati solo con la parola e la conoscenza, e osserverà da vicino gli oggetti intrisi di magia che formano, informano e trasformano il sovrano in un’entità inattaccabile nella sua corsa verso l’immortalità.
Passando quindi tra le vetrine dov’è possibile osservare i reperti a tutto tondo, isolate dal soffitto della Grande Hall con pannelli che riproducono il cielo stellato delle tombe egizie, leggendo l’esaustivo materiale informativo ed osservando con attenzione i video che mostrano specifici dettagli dei reperti che sono in mostra, ci si trova di fronte ad un’altra grande sorpresa!
Una delle immagini iconiche della tomba di Tutankhamon mostra due guardiani in piedi uno di fronte all’altro: la pelle nera, la gamba sinistra in avanti, un bastone nella mano sinistra ed una mazza nella destra.
E qui, a questo punto del viaggio, ci si trova al cospetto di una due statue, che segna il passaggio tra la buia notte e la tenue luce dell’alba che porta alla rinascita, sapientemente sottolineato anche da un cambio nell’illuminazione degli ambienti, adesso più luminosi. Il guardiano è il sovrano stesso come suggeriscono il nemes e l’ureo, ed è la prima volta che questa statua viene spostata dal luogo dove Carter la posizionò circa un secolo fa nel museo di piazza Tahrir al Cairo. Passarle accanto e girarle intorno regala una grande emozione, un senso di potenza e di protezione, la stessa che per circa 3300 anni ha esercitato sul complesso sistema di cappelle e sarcofagi che avvolgevano il corpo del giovane Tutankhamon, divenuto un Osiride troppo presto.
Qui il percorso ad ostacoli verso l’eterno si conclude e i reperti che si incontrano nelle sale successive risplendono quasi di luce propria. Oro, argento e bronzo ricoperti di pietre e minerali rari costituiscono un vero e proprio tesoro dal valore inestimabile, reso nella forma di amuleti e oggetti posti a corredo del corpo mummificato di Tutankhamon. Splendido il piccolo sarcofago in oro massiccio che contiene lo stomaco mummificato del giovane re e lasciano senza parole le strisce che avvolgevano la mummia, i puntali delle dita e i sandali, tutto in oro, materiale incorruttibile e sostanza costitutiva delle divinità stesse.
Si oltrepassa l’ultima parete della tomba, dove viene riproposto il rito dell’Apertura della Bocca, e si torna nel nostro tempo. Alle nostre spalle lasciamo un’intensa sacralità che per un attimo ha reso misurabile l’eterno, visibile ciò che è nascosto e condivisibile ciò che è segreto.
Da qui in avanti si racconta la storia della scoperta della tomba, già nota da mille scritti ma sempre avvincente e troviamo un reperto che riceve un’attenzione particolare, apparentemente senza alcun motivo.
L’allestimento che lo riguarda è molto suggestivo e ricco di informazioni, così in un battito di ciglia torniamo a cento anni fa, nella Valle dei Re accanto ad Howard Carter mentre infila una torcia elettrica in un foro praticato su una parete e si sporge per guardarci dentro. Proprio quel vaso in alabastro, splendido e sensibile alla luce, è il primo reperto su cui l’archeologo inglese posa lo sguardo. “Vedo cose meravigliose!”, risponderà poco dopo ad un Lord Carnarvon impaziente.
Chiude la mostra lui, Tutankhamon, raffigurato in un colosso in quarzite alto 3 metri, poi usurpato da Horemheb, prestito del Grand Egyptian Museum. Il giovane sovrano si mostra sicuro di sé, come un leader carismatico e potente, guardando verso quel futuro che lui adesso può sfidare, perché il suo tempo – ora – si misura in “milioni di anni”.
La mostra racconta egregiamente una storia che si snoda in un ambiente raffinato e curato in ogni dettaglio. Nonostante l’uso di pannelli didattici luminosi e video esplicativi, per altro ben fatti, tutto appare al proprio posto senza che vi sia nessuna invasione di campo.
Mentre ci allontaniamo dalla Grand Hall ci torna alla mente una frase che racchiude il senso di ogni sforzo compiuto dagli antichi egizi per conquistare l’eternità: pronunciare il nome del defunto è ridargli la vita.
Dopo un lungo periodo di oblio il nome di Tutankhamon è tornato ad essere pronunciato e quella morte, così precoce e ancora non del tutto chiarita nei modi, è stata sconfitta. Tutankhamon è sulla bocca di centinaia di migliaia di persone che ogni giorno pronunciano il suo nome e ne perpetuano il ricordo, lo rendono eterno ed immortale.
Ogni visitatore che varcherà l’ingresso di questa mostra ne uscirà portando con sé il ricordo indelebile di un Egitto profondamente religioso, che ha saputo fare della morte uno straordinario generatore di cultura.
Paolo Bondielli, Tiziana Giuliani
GALLERY
Always look forward to the wonderful pictures, and reading about Egypt……… It sure would help if this was in English. Thank you