La tecnica Nadelbinden

Sembra proprio che gli antichi Egizi siano stati i primi ad usare una sorta di calzini colorati lavorati a maglia. Un “Topo da museo”, rovistando tra i numerosi reperti egizi presenti nei magazzini, un giorno ha scovato un calzino appartenuto ad un bambino, abbandonato per decenni in un cassetto del British Museum. Lo studioso, incuriosito, ha voluto studiarlo con un team di esperti.

Il reperto è stato recuperato in passato in una discarica di Antinopolis, una città dell’Egitto romano, e risale al 300 d.C.. Ci spiega la Dott.sa Joanne Dyer, del Dipartimento di Ricerca Scientifica del British Museum: “La tarda antichità è un periodo molto lungo, che va dal 200 all’800 d.C.. In questo periodo di tempo in Egitto sono accadute molte cose. I Romani che abbandonano questa terra, l’avanzata del cristianesimo ed infine la conquista araba del Paese. Questi eventi hanno influenzato l’economia, il commercio, l’accesso ai materiali che finisce per riverberarsi sulla vita e sulle abitudini delle persone”.

La cosa che più incuriosiva gli scienziati era la tecnica con cui venivano prodotti e fissati i colori senza danneggiare il calzino stesso, ma anche come gli Egizi della tarda antichità hanno tessuto questi complementi del vestiario. Per quanto riguarda la tecnica utilizzata per produrli, è subito apparso evidente che che il calzino, come altri rinvenuti successivamente, venne realizzato col metodo Nadelbinden, (nadel binden: “legare ad ago“), che consiste in una tecnica estremamente antica e gli esempi di tale arte possono essere ritrovati in molte culture, è certo che sia esistito nell’Egitto dei faraoni.

È il predecessore del lavoro a maglia e all’uncinetto; a lavoro finito è simile alla moderna maglieria, ma si lavora utilizzando un grande ago. Gli aghi potevano essere di legno, di osso o di bronzo, si usano gugliate di filo per formare i loops, (i punti). Si pensa che, nell’antichità, con questa tecnica venissero usati anche i piccoli avanzi di filato della tessitura.

Gli scienziati del British Museum hanno sviluppato una tecnica avveniristica che utilizza immagini multispettrali in grado di stabilire quali coloranti sono stati utilizzati. La Dott.sa Dyer ha affermato: “È stato emozionante trovare che le strisce di colori differenti trovate sul calzino del bambino sono state ottenute utilizzando una combinazione di tre coloranti naturali: rosso, blu e giallo“.

La tecnica utilizzata nell’analisi esamina la luminescenza di diversi coloranti ed utilizza la microscopia digitale per esaminare le fibre. Mentre una sorta di calzini sono stati rinvenuti anche in contesti risalenti all’Età della Pietra, quando gli uomini utilizzavano pellicce o pelli di animali, gli antichi Egizi si pensa siano coloro che per primi hanno confezionato dei calzini lavorati a maglia, corredati di uno spazio per l’alluce e di un altro che doveva abbracciare le altre quattro dita, in modo che il calzino potesse essere comodamente utilizzato con i sandali infradito.

(Fonte: theguardian.com)

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Piero Cargnino

Ho sempre nutrito la passione per l’egittologia fin da ragazzo ed ho sempre continuato a studiarla. Da quando sono in pensione studio la Storia in generale. Nel 2006 mi sono iscritto all’Associazione Culturale Seshat della dott.ssa Mazzanti, dove, durante una sua conferenza con IL Dott. Zahi Hawass, ho vinto un viaggio in Egitto messo in palio dal Consolato egiziano di Torino.
Dal 2009 al 2017 sono stato socio volontario dell’ACME (Amici e Collaboratori del Museo Egizio) ed ho esercitato, oltre che come volontario presso il Museo, dove ho collaborato con la Direttrice Eleni Vassilika, anche l’incarico di Tesoriere dell’Associazione. Ho avuto numerosi incontri con il compianto Prof. Silvio Curto che mi ha seguito parecchio nei miei studi di egittologia e mi ha lasciato in dono diverse sue pubblicazioni che custodisco gelosamente.

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