Il centro di Montale, nel nord Italia, è stato riconosciuto come uno dei principali centri di produzione di lana nell’Età del Bronzo su scala industriale e internazionale. Questo è il risultato di una ricerca congiunta tra il Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Göteborg e i ricercatori del Museo Nazionale Danese.

“Abbiamo capito che si trattava di una produzione intensa a causa della grande quantità di strumenti tessili presenti nell’insediamento. Abbiamo quindi analizzato i denti per capire meglio come era organizzata la produzione della lana”, afferma l’archeologa Serena Sabatini, professore associato presso l’Università di Göteborg, che si è occupata dell’analisi dei reperti archeologici quali strumenti tessili e denti di pecore e di capre.

Sfruttando i metodi delle scienze naturali, nell’ambito del progetto di ricerca “Economia della lana dell’età del bronzo: produzione, commercio, ambiente, allevamento e società”, pubblicato sul Journal of Archaeological Science: Reports, sono stati raccolti i denti di pecore e capre per poi misurare i valori degli isotopi di stronzio contenuti sia nella dentatura che nelle ossa. 

“I valori di stronzio nei denti e nell’osso temporale si accumulano durante l’infanzia e non cambiano nell’età adulta. Ciò consente di determinare se gli individui trascorrono la loro infanzia nell’area in cui sono stati sepolti o se vi si sono trasferiti da adulti o adolescenti. È simile per gli animali, e in questo progetto di ricerca abbiamo analizzato i denti di pecore e capre per studiare la mobilità degli animali nel paesaggio”, afferma Serena Sabatini.

I risultati delle analisi dimostrano che la maggior parte degli animali è stata allevata nella zona di Montale, quindi ciò significa che erano gestiti e controllati dalla comunità che viveva nel sito, confermando le precedenti teorie sull’importanza del sito nella produzione di lana su vasta scala.

Va poi sottolineato che durante l’Età del Bronzo le pecore producevano meno lana rispetto ad oggi: studi effettuati nell’area mediterranea hanno rilevato che per produrre soli 3kg di lana ci è voluto un intero anno e un gregge misto di dieci pecore, con adulti e agnelli. Pertanto, nel sito di Montale dovevano essere presenti numerosissime greggi per poter organizzare una produzione economicamente sostenibile e redditizia.

Da questi studi, quindi, emerge come alcuni centri continentali del II millennio a.C., tra cui proprio Montale, abbiano capito l’importanza della produzione di lana e soprattutto della sua esportazione, scambiando filati di lana – molto pregiati- con prodotti non disponibili in zona.

Ricostruzione dell’insediamento terramare di Montale, Credit: Museo Civico di Modena.
Advertisement
Articolo precedentePalmira: risolto il mistero della divinità anonima nelle iscrizioni palmirene
Prossimo articoloNapoli: apre al pubblico l’Ipogeo dei Cristallini, complesso funerario di 2300 anni fa.
Mara Zoppi

Appassionata fin da piccola alla storia e all’archeologia, dopo la maturità classica si iscrive alla facoltà di Lettere – curriculum Scienze dell’Antichità – presso l’Università degli Studi di Milano, laureandosi nel 2019 con una tesi di carattere archeologico-egittologico dal titolo Imhotep scriba e medico: dall’Egitto del III millennio a.C. ad oggi. Si iscrive successivamente alla facoltà di Archeologia dell’Università degli Studi di Milano dove si laurea nel 2021 con votazione 110/110 e lode sviluppando una tesi in ambito egittologico dal titolo La Casa della Vita nell’Egitto Antico: luoghi, riti, funzionari.

Ha partecipato a due laboratori di scavo archeologico: il primo sul sito di Urvinum Hortense a Collemancio di Cannara (PG) di epoca romana con l’Università degli Studi di Perugia; successivamente sul sito archeologico di Nora (Pula, CA) nella sezione competente all’Università degli Studi di Milano, quindi di epoca romana, contribuendo anche alle operazioni di post-scavo.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here