Quando gli archeologi riescono a far riaffiorare dalla terra e dalle viscere della Storia monumenti, iscrizioni, case, tesori, l’attenzione del pubblico è tutta rivolta a queste scoperte, al passato e alle vicende umane di cui sono state protagoniste; quando il ritrovamento riguarda, invece, una mummia, l’interesse si fa ancora più alto. Vogliamo sapere come vivevano gli uomini e le donne che ci hanno preceduto, cercare di indovinare quali sentimenti, paure, desideri e ambizioni li muovevano e perché.

Nel momento in cui il passato ci restituisce addirittura una coppia di scheletri (evento non proprio abituale) sepolti insieme per il loro ultimo viaggio, la nostra immaginazione è rapita dalle infinite possibilità di fronte a cui ci pone quel ritrovamento: chi sono i due scheletri? Perché sono stati sepolti insieme? Erano davvero due sposi? Quali misteri nasconde la loro vita? Perché sono morti?

In casi come questo il romanticismo si tinge di nero, ma anche di giallo. Spesso non riusciamo a rispondere a tutte queste domande, ma gli enigmi, lungi dal demotivarci, stimolano ancora di più la nostra fantasia.

Vediamo quel che rimane di due persone come noi e pensiamo che, forse, in vita e in un tempo molto lontano si sono amate, magari sono perfino morte insieme e ci chiediamo se davvero l’amore superi tutti gli ostacoli, anche quello più temibile, rappresentato dalla morte. Continuiamo a riflettere sulla trasformazione dei sentimenti e del nostro io in un’altra dimensione, o nell’aldilà in base al nostro credo, o all’assenza di esso, ma anche seguendo il nostro istinto e i nostri desideri.

Quando ci troviamo di fronte agli antichi amanti di Harappa o di Valdarno l’amore e la morte si fondono e la nostra curiosità verso persone che non sono più di questo mondo diventa empatia, perfino compassione, a tratti immedesimazione in storie che forse non sono mai accadute.

Le congetture, anche in casi come questi, ci aiutano a capire qualcosa di più di noi stessi e di ciò che pensiamo dell’amore.

Vorremmo, dunque, ricordare con voi alcuni dei più famosi ritrovamenti di coppie di scheletri, cercando di capire qualcosa in più sui misteri che ancora li circondano.

L’ultima scoperta in ordine di tempo è stata quella degli amanti di Harappa, nella Valle dell’Indo.

Il team di archeologi indiani e sudcoreani che ha portato alla luce i resti di un uomo e di una donna tra il 2013 e il 2016 nel villaggio di Rakhigarhi (oggi Stato di Haryana, in India) sostiene che si tratti di due sposi morti insieme o, comunque, a distanza ravvicinata, poiché tra il 4500 e il 2500 a.C. non era la norma seppellire insieme i coniugi. Al momento non conosciamo le cause del decesso, ma sappiamo che l’uomo non doveva avere più di 35 anni e la donna non più di 25.

È possibile che nessuno riesca a dirci perché e come sono morti, o com’è stata la loro vita, ma per i più romantici questa sepoltura potrebbe rappresentare l’ultima volontà di una coppia che si amava molto (oppure no, c’è qualcosa di meno romantico che ignoriamo e, a quel punto, tutte le ipotesi restano in gioco).

Gli studiosi hanno concluso che si trattasse di marito e moglie anche osservando la loro posizione: i due scheletri, infatti, sono molto vicini e la testa dell’uomo è rivolta verso la donna, quasi a volerla proteggere negli ultimi istanti.

Se vogliamo continuare a sognare, però, dobbiamo ricordare i celebri “amanti di Valdaro”, ritrovati nel 2007 nella località di Valdaro, appunto, che oggi è un quartiere di Mantova.

I due amanti, vissuti nel Neolitico, sono stati portati alla luce durante degli scavi su una villa di epoca romana.

La scoperta è stata e rimane eccezionale perché la coppia è abbracciata, i due crani sono posti uno di fronte all’altro e perfino gli arti inferiori sono intrecciati. Proprio per questo il ritrovamento ha suscitato un’emozione e una commozione fortissime, ma non è l’unico al mondo a presentare queste peculiarità.

Gli amanti di Valdaro

In Turchia, nella provincia di Diyarbakir, sempre nel 2007, sono stati rinvenuti i corpi di un uomo e di una donna di 8000 anni fa, di circa 1000 anni più antichi degli amanti di Valdaro.

Anche stavolta gli innamorati erano abbracciati; l’uomo doveva avere circa trent’anni al momento della morte e la donna venti. Non conosciamo le cause del decesso e gli archeologi non escludono che possa trattarsi di omicidio passionale (ovviamente ogni tesi è tutta da dimostrare).

Se ci spostiamo in Russia, esattamente in Siberia, nella zona dominata dal lago Bajkal, possiamo ricordare la scoperta di una coppia di scheletri risalenti a 4500/5000 anni fa, all’Età del Bronzo, più precisamente alla Cultura di Glazkov, sviluppatasi tra il XVIII e il XIII secolo a.C. grazie a tribù mongole che si stabilirono proprio nelle zone intorno al lago Bajkal.

La coppia di scheletri si teneva per mano e ad accompagnarli nell’ultimo viaggio c’erano gioielli fatti di giada bianca, pietra piuttosto rara e un pugnale fatto dello stesso materiale. L’archeologo Dmitry Kichigin sostiene che la donna fosse la moglie oppure la concubina dell’uomo che le era accanto. Non riesce, però, a spiegarsi la presenza del pugnale in questo luogo considerato sacro.

Anche gli “amanti di Modena” si tengono mano nella mano e da ben 1500 anni.

Risalgono all’età tardo romana e sono stati rinvenuti nel 2009 in viale Ciro Menotti, ma nulla si sa della loro morte. Giorgio Gruppioni, direttore del laboratorio di Antropologia del Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Bologna, spiega che si tratta di un uomo e una donna adulti, ma ancora in giovane età.

Il (presunto) marito ha il capo rivolto verso la compagna e un anello di bronzo al dito che ci rivela il suo ruolo di cittadino romano.

C’è, però, un’altra sepoltura che ha destato scalpore: gli amanti di Hasanlu. Ci troviamo di fronte a qualcosa di indefinibile, che davvero va oltre la morte.

Nel sito archeologico di Teppe Hasanlu, nel Nord Ovest dell’Iran, gli archeologi hanno ritrovato due scheletri di 2800 anni fa. L’archeologo Robert Dyson, che ha fatto questa eccezionale scoperta nel 1972 (gli scavi si sono protratti dal 1956 al 1974 e sono stati portati avanti dal team della University of Pennsylvania, di cui fa parte Dyson e dal Metropolitan Museum di New York) ha spiegato che il braccio dell’uomo circondava la spalla della donna, mentre quest’ultima aveva il volto proteso verso di lui, come se stesse cercando di baciarlo. La testa della donna era adagiata su una lastra di pietra, ma non ci sono segni di violenza su questi due giovani (l’uomo doveva avere circa vent’anni, la donna trenta).

Come non provare tenerezza, perfino smarrimento di fronte a questa antichissima coppia di innamorati che si abbracciano e si baciano per l’ultima volta?

Gli esperti non conoscono, nemmeno in questo caso, la causa della morte, ma dagli scavi è emerso che, forse, i due amanti scappavano da un incendio che avrebbe completamente raso al suolo Hasanlu, uccidendo anche loro per asfissia.

Nella grotta di Alepotrya, villaggio di Mani, nel Peloponneso meridionale, è stata portata alla luce, nel 2015, un’altra coppia abbracciata di 6000 anni fa (Neolitico).

Questa scoperta è avvenuta proprio nei pressi di un’altra tomba in cui un uomo e una donna erano stati sistemati, al momento del decesso, in posizione fetale. Entrambe le sepolture si trovano nell’area conosciuta come “Grotta di Diros”, ovvero una necropoli di epoca neolitica e sono datate al 3800 a.C.

L’entrata della grotta che contiene i coniugi (?) abbracciati è crollata in seguito a un terremoto avvenuto nel 3200, custodendo per tutti questi secoli il mistero della loro morte e del loro legame in vita.

La Grecia ci ha donato anche un altro ritrovamento emozionante ad Agios Vasileios (siamo sull’isola di Creta), in cui la coppia di scheletri risalenti al 1600 a.C. era stesa su un fianco e la mano dell’uomo sembra accarezzare o perfino sorreggere il capo della donna.

Fin qui non vi sono che alcuni tra gli esempi più eclatanti di “sepoltura di coppia”. Avete notato che, purtroppo, le cause della morte sono sempre in bilico tra diverse ipotesi, ma il fascino romantico che questi innamorati suscitano è sempre lo stesso.

Finora abbiamo parlato di coppie di scheletri e per giunta molto antichi, eppure la Storia ci ha riservato anche casi di ritrovamenti altrettanto degni di nota, ma piuttosto diversi da quelli visti finora e “relativamente” più recenti.

Tutti i libri di Storia e Archeologia riportano la bellissima immagine del Sarcofago Etrusco degli Sposi, datato al VI secolo a.C. e oggi conservato nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma.

Ci troviamo davanti a una vera e propria opera d’arte, una scultura in terracotta in cui sono rappresentati due coniugi a un banchetto, sdraiati su un triclinio con un’aria complice e un’espressione serena, espressa in sorrisi rilassati.

Gli scheletri di Diros

Il sarcofago è stato scoperto nel XIX secolo durante gli scavi di Cerveteri, nella necropoli della Banditaccia, che ospita sepolture la cui datazione è compresa tra il IX secolo a.C. e il III secolo a.C.

Va ricordato il fatto che le donne, in epoca etrusca, avevano un ruolo di rilievo nella società e partecipavano ai banchetti (la condizione della donna in epoca romana, invece, era totalmente diversa ma, magari, ne parleremo in un altro articolo).

Spostiamoci, ora, verso Sud, a Pompei. Impossibile dimenticare il tenero abbraccio dei due amanti di 2000 anni fa, sorpresi dall’eruzione del Vesuvio.

Quando furono trovati, nel 1922, si pensò subito che si trattasse di un uomo e di una donna. Ulteriori analisi misero in dubbio questa ipotesi vedendo nei due calchi le figure di una madre e di una figlia che cercano conforto l’una tra le braccia dell’altra, sapendo che la fine è imminente.

Ricerche condotte negli ultimi anni hanno svelato una nuova verità, forse quella definitiva: gli amanti di Pompei sarebbero due uomini di età compresa tra i diciotto e i venti anni. Nel 2017 il soprintendente Massimo Osanna ha chiarito che esiste la possibilità che si tratti di due innamorati, ma non vi è la certezza assoluta.

Se spostiamo l’attenzione sulla Storia più vicina (sempre relativamente) a noi, troviamo altre due sepolture particolari.

La prima si trova nella Cappella di Saint Morrell a Leicestershire, in Gran Bretagna. Anche qui sono stati ritrovati, nel 2014 e dopo quattro anni di scavi, due scheletri che si tengono la mano e risalgono al XIV secolo d.C.

La scoperta è stata fatta nell’ambito del progetto Hallaton Fieldwork Group per studiare la planimetria della cappella. Si ipotizza che la coppia di scheletri (e gli altri rinvenuti, in totale undici) fosse in viaggio verso Hallaton, che già nel XIV secolo era meta di pellegrinaggio.

L’ultima sepoltura di cui parliamo è, almeno per il momento, unica nel suo genere.

Nel 2013 i ricercatori dell’Institut National de Recherches Archéologique Préventives hanno scoperto, nell’ex sede del Convento dei Giacobini a Rennes, la bara di piombo di Louise de Quengo de Brefeillac, morta nel 1656 a 65 anni. Fin qui nulla di “strano”.

Accanto al corpo di questa signora, però, vi era un piccolo contenitore di piombo. Gli archeologi, esaminandolo, hanno scoperto che conteneva il cuore del marito di Louise, Toussaint de Perrien Cavaliere di Brefeillac, morto nel 1649.

Nessuno, in Francia, si era mai fatto seppellire in questo modo e certo non a scopo “sentimentale”: vi sono, infatti, casi di resti in urne, ma riguardano personaggi politici o religiosi di spicco.

Altra particolarità di questo ritrovamento: anche il cuore di Louise è stato espiantato dopo la sua morte. Possiamo credere che si trovi nella tomba di Toussaint? Probabile, ma gli esperti non hanno ancora effettuato alcuna verifica.

Il corpo del cavaliere riposa a Carhaix, in un convento situato a duecento chilometri di distanza dalla sepoltura di Louise. È possibile che gli sposi abbiano deciso in vita questo “scambio di cuori”, un modo per essere vicini dopo la morte, per “dedicarsi l’uno all’altro” per l’eternità.

Piccolo dettaglio: il contenitore accanto alla signore di Brefeillac è, ovviamente, a forma di cuore.

Tutto questo potrà, a tratti, apparire inquietante, eppure rimane la manifestazione tangibile dell’unicità dell’amore e della sua forza che abbatte ogni barriera fisica e temporale.

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