Crediti: Università Ca’ Foscari di Venezia – modificato da Chiara Lombardi per MediterraneoAntico

L’Università Ca’ Foscari di Venezia ha portato alla luce un’armatura di bronzo nel sito cretese di Festòs, precisamente sulle pendici sud-occidentali della collina di Kastrì, dove nel XIX sec. a.C. venne impiantato il primo palazzo di Festòs.

Lo scavo, in concessione della Scuola Archeologica italiana di Atene dal 2022, è stato condotto a luglio 2023 da Ilaria Caloi, professoressa associata di Civiltà Egee presso il Ca’ Foscari, e dai suoi allievi sotto la direzione di Pietro Militello, docente ordinario di Civiltà Egee all’Università di Catania.

La professoressa Caloi con una studentessa. Crediti: Università Ca’ Foscari di Venezia

I resti bronzei dell’armatura del guerriero comprendono un umbone di scudo e frammenti di elmo e forse di cintura. L’umbone, ovvero la parte centrale dello scudo, che doveva essere in cuoio, è realizzato da un elemento conico centrale composto da una lunga protuberanza e da un disco esterno i cui fori servivano al fissaggio sullo scudo, e la cui controparte interna era svolta da un anello bronzeo.

L’umbone. Crediti: Università Ca’ Foscari di Venezia

Dell’elmo si conservano le paragnatidi bronzee, ovvero le fasce che proteggevano le guance e la mandibola del guerriero. Queste presentano elementi circolari e forellini per essere fissate all’elmo.

Le paragnatidi di bronzo. Crediti: Università Ca’ Foscari di Venezia

Il ritrovamento della panoplia bronzea di Festòs, ovvero l’insieme delle parti dell’armatura o di armi posizionate a mo’ di trofeo, è singolare per un motivo: essa è stata scoperta all’interno di un complesso abitativo, non funerario. Secondo la professoressa Caloi, “L’ipotesi più accattivante, che solo la continuazione dello scavo potrà confermare, è che l’armatura possa attribuirsi ad un eroe locale, onorato all’interno di un’area di culto o di un cenotafio, in stretta connessione con la fondazione della polis di Festòs tra l’VIII e il VII sec. a.C.”. L’armatura era deposta all’interno di un pithos, contenitore in ceramica con un diametro massimo di 120cm per l’immagazzinamento di alimenti, coperta da un coperchio a sua volta nascosto da un grande frammento di vaso decorato con motivi a brocchette (oinoichoai) e spirali correnti.

Il frammento di vaso decorato con motivi a oinoichoai e spirali correnti. Crediti: Università Ca’ Foscari di Venezia

Il grande vano all’interno del quale è stato rinvenuto il pithos, ancora oggetto di scavo, era forse un’area di culto, come suggerirebbero la sua forma, la deposizione rituale della panoplia e il rinvenimento, non lontano dal contenitore ceramico, di due coltelli in ferro, di un piccolo scudo in ceramica dipinto di bianco, e di alcuni vasi aryballoi (contenitori per versare) databili tra l’VIII e il VII sec. a.C. Sebbene in generale questi oggetti possano essere parte del corredo funerario di un guerriero, qui potrebbero essere, invece, testimoni di un’offerta votiva.

Ritrovamenti simili a Creta riguardano la necropoli di Cnosso, di Mouliana e di Eleutherna, e sono cronologicamente ascrivibili tra il XII e il VII sec. a.C. Confronti stilistici per le paragnatidi e lo scudo vanno ricercati al di fuori dell’isola di Creta, e precisamente nella tomba XXVIII di Tirinto (Argolide, XI sec. a.C.) e nella tomba 40 di Kourion-Kaloriziki (Cipro), a testimonianza del fatto che Festòs tra il Tardo Bronzo e la prima Età del Ferro facesse rete sia con l’area egea che con il Mediterraneo orientale.

Importante la scoperta della panoplia bronzea poiché consente di ricostruire un altro pezzo della storia di Festòs, dove l’Università Ca’ Foscari scava dagli anni ‘90.

 

Fonte: Cafoscari News – Università Ca’ Foscari di Venezia

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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