La presenazione del Professor Dr. Alejandro Jiménez-Serrano, Profesor Titular de Egiptología Universidad de Jaén, ben inquadra l’importanza di questa nuova opera di Marco Chioffi e Giuliana Rigamonti “Antico Regno. jm(y).t-pr II” concernente gli atti testamentari relativi alle disposizioni funerarie di alti dignitari appartenenti alla V e VI dinastia. L’argomento, che già ha suscitato molto interesse con il volume precedente Antico Regno. jm(y).t-pr I, continua l’approfondimento di tali temi che scaturiscono dai testi geroglifici incisi sulle pareti delle tombe di Nikaiankh I e II e su una lastra rinvenuta nel complesso funerario di Kaiemneferet (Cairo, CG1432).
Nel Cimitero Centrale di Giza, all’interno dell’enclosure di Khafra e appena più a Sud del tratto iniziale della Via Processionale del sovrano, sorge il complesso funerario di Kaiemneferet, capo del culto di Nekheb, e della sua famiglia. Questo è costituito da tre màstabe unite, ma autonome, aventi ciascuna ogni struttura architettonica essenziale per una tomba: ingresso, cappella funeraria, falsaporta, nicchia, serdab e pozzo. La tassativa volontà di Kaiemneferet è sempre espressa con l’incipit: “Io non permetto che…” i sacerdoti funerari, i figli, le sorelle, parenti e servi distolgano dai beni della fondazione funeraria, stabiliti per la sua offerta invocatoria quotidiana nella necropoli, alcunché a proprio vantaggio. Né permette che terreni o altre proprietà vengano trasmessi dai sacerdoti, con lascito testamentario, ad alcuna persona che non sia il figlio maggiore il quale dovrà sempre appartenere, in qualità di “sacerdote del Ka”, alla fondazione funeraria di Kaiemneferet. Ogni trasgressione verrà punita con la perdita della quota di ripartizione delle offerte, dei terreni e di ogni bene oltre all’allontanamento perpetuo dalla fondazione.
Nikaiankh I, soprintendente dei sacerdoti di Hator e Nikaiankh II, sacerdote di Hator, posseggono la tomba nella necropoli rupestre di Tehne, sulla sponda orientale del Nilo, a una dozzina di chilometri a Nord di Al-Minya, città del XVI distretto dell’Alto Egitto. Le tombe, scavate nella lunga falesia, sono note come “Tombe di Fraser” dal nome dello scopritore e studioso del sito. Le sepolture, intagliate al livello mediano del declivio, hanno la struttura delle màstabe, non edificate con blocchi squadrati o con mattoni come quelle di Giza, Saqqara o Dashur, bensì scolpite asportando la roccia madre attorno. Riccamente decorate con falseporte, lastre e nicchie con statue, le tombe hanno subito notevoli danni, in particolar modo i testi che in vari punti sono mutili o parzialmente abrasi, però ancora interpretabili.
Ebbene, anche i due sacerdoti di Hator, nel proprio jm(y).t-pr, oltre a lunghi elenchi di cariche ricoperte, di antroponimi di familiari e di preti funerari, di liste d’offerta e di terreni donati, impongono ai figli, che da loro stessi sono stati nominati sacerdoti di Hator, clausole ben precise per quanto riguarda le celebrazioni invocatorie per i genitori e l’ampia parentela in occasione della festa-wag, nella festa di Thot e in ogni festa dell’anno. Ciò “è detto mentre egli era sulle sue gambe e vivente… prima di raggiungere il bell’Occidente…” è la tradizionale formula citata nella maggior parte delle disposizioni testamentarie dei privati. I sovrani, invece, ordinavano dall’alto della propria perfetta essenza divina.
I testi sono corredati da un particolareggiato apparato critico nonché da un’ampia documentazione fotografica, realizzata dagli autori, che illustra siti, complessi funerari e singole tombe, particolari geroglifici e figurativi menzionati nel testo.
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