È online il corpus degli amuleti conservato al Museo Egizio di Torino. Si tratta di 1927 reperti tra oggetti magici e amuleti, a protezione della persona sia in vita che nel suo viaggio nell’aldilà.

Quando parliamo di magia nell’antico Egitto non dobbiamo dimenticare che essa è religione. A noi, che siamo figli delle culture greca e romana, la magia ha significato negativo e oscuro, riportandoci a ciò che è “contro natura”. Noi, infatti, siamo fermamente convinti che la magia serva a manipolare l’ordine cosmico, a creare malefici, ad acquisire poteri soprannaturali per ottenere salute, amore, ricchezza.

Presso gli antichi egizi, e nelle antiche culture vicino orientali, la magia è, invece, religione. Magia e religione, insieme al rituale, non vanno disgiunte. Certamente, esistono i testi di esecrazione che hanno uno scopo negativo per coloro che le ricevono. Ma la recitazione delle formule, come siamo abituati a pensare a quelle dei Testi delle Piramidi o dei Sarcofagi per esempio, il posizionamento degli amuleti, la gestualità e i movimenti nei rituali, l’appello agli dei, costituiscono un unico e inestricabile processo che rientra nella religione.

Il pilastro djed, rappresentante la colonna vertebrale e simbolo di Osiride. Scheda dell’amuleto dal database del Museo Egizio. Crediti: Museo Egizio, Torino

Gli oggetti facenti parte del database online del Museo Egizio provengono da diversi contesti, e sono stati acquisiti dal Museo nel corso del tempo, tramite acquisti o donazioni. Di tutto il corpus, solo una piccola parte proviene dalla Valle delle Regine, da Heliopolis, Giza, Ashmunein. Diversi i tipi di rappresentazione, come divinità, animali, emblemi regali, elementi naturali, quali vegetazione, animali o cosmici, simboli connessi agli dei. Differenti anche i tipi di materiali utilizzati per la loro creazione: si va dalle pietre dure al legno, dall’osso all’argilla, dalla cera al blu egizio, dalla faïence al bronzo.

Pettorale raffigurante lo scarabeo alato e una cappella con gli dei Osiride, Horus e Iside affiancati. Scheda dell’amuleto dal database del Museo Egizio. Crediti: Museo Egizio, Torino

La realizzazione del corpus online degli amuleti ha la finalità di analizzare i reperti, farne una nuova revisione scientifica, integrali nel loro contesto, e di restituire al pubblico il patrimonio materiale in modo preciso e puntuale grazie, appunto, alla ricerca.

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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