Associando le parole Sport e Antichità si pensa immediatamente all’agone sportivo che caratterizzava l’antica Grecia, i Giochi Olimpici, immaginando un mondo tutto al maschile in cui gli atleti si sfidavano per ottenere fama e gli innegabili privilegi di cui i vincitori, considerati veri e propri eroi, godevano.

Infatti, nell’antica Grecia, culla dei Giochi Olimpici, alle donne non era permesso partecipare alle Olimpiadi e una volta maritate non potevano neppure assistevi come spettatrici: pena la morte. Se si scopriva che una donna aveva assistito ai giochi veniva gettata senza alcuna pietà dalla sommità del monte Tipeo (nelle vicinanze di Olimpia) nel fiume che scorre alle sue pendici. Le uniche ammesse erano le sacerdotesse. Questa ferrea regola non vigeva solo per i giochi istituiti in onore a Zeus, ma per la pratica dello sport al femminile in generale.

Ci sono però delle eccezioni. Basti pensare alle donne spartane che venivano educate alle attività sportive sin da piccole per formare un corpo forte che avrebbe assicurato la nascita di figli altrettanto forti e robusti. Nei ginnasi appositamente costruiti le donne praticavano discipline come la corsa, il lancio del disco, la corsa dei carri e alcuni incontri di lotta. Come gara di riscaldamento si usava praticare la bìbasis, una disciplina che consisteva nel saltare toccandosi i glutei con i talloni: vinceva chi faceva più salti. L’abbigliamento per le competizioni sportive prevedeva una fascia pectoralis per il seno e un perizoma (o subligar).

Una deroga al divieto di praticare una disciplina sportiva era costituita dalla partecipazione alle Heraria, gare sportive di carattere religioso che si svolgevano in onore ad Hera, moglie di Zeus, riservate esclusivamente alle donne. I giochi si disputavano in un periodo diverso rispetto alle Olimpiadi. Le atlete gareggiavano con i capelli sciolti ed erano poco più che bambine, in quanto indossavano un chitone (una tunica corta) che lasciava scoperta una spalla e un seno, un abbigliamento considerato disdicevole per ragazze più adulte. Le ragazze che ottenevano il podio venivano premiate con una corona di ulivo.

Corsa femminile alle Heraia. Rappresentazione di una corsa di 160 metri su un vaso a figure nere (*)

Un’altra eccezione era rappresentata dalle donne minoiche che, insieme agli uomini, praticavano la taurocatapsia, un salto acrobatico sopra un toro generalmente interpretato come la rappresentazione di un rituale officiato in concomitanza con la venerazione dell’animale.

Affresco della taurocatapsia, il volteggio dei tori. L’opera proviene dall’ala est del palazzo di Cnosso e restituisce un’immagine completa delle varie fasi di questa gara. Quando il toro carica, gli acrobati, due ragazze e un ragazzo, lo afferrano per le corna e poi fanno un’acrobazia atterrando sulla sua groppa per poi scendere a terra con un altro salto acrobatico. 1400 a.C. (Ph. Wikipedia)

Diversi secoli dopo l’istituzione dei Giochi Olimpici, inaugurati nel 776 a.C. (esattamente 2800 anni fa!), si trovò un escamotage per concedere alle donne la possibilità di partecipare alle sole corse dei carri: le donne potevano possedere cavalli e il regolamento prevedeva che chi li possedeva, allenava e finanziava la corsa poteva partecipare alla competizione, anche se donna, a patto però che l’auriga fosse uomo. Così, la principessa spartana Cinisca, grande appassionata di equini, finanziò la sua squadra e si iscrisse come addestratrice dei suoi cavalli alle Olimpiadi del 396 a.C. vincendo il tethrippon, la gara di corsa dei carri con quattro cavalli. Aveva già superato i quarant’anni quando compì questa impresa e si avvicinava ai 50 quando vinse per la seconda volta nel 392; secondo alcune fonti era ancora nubile. Fu la prima donna ad essere eroizzata, tanto che fu eretta in suo onore una statua recante la seguente iscrizione: «I re di Sparta sono miei padri e fratelli. Avendo trionfato con un carro di cavalli dai piedi veloci, Cinisca ha eretto questa immagine. lo dichiaro di essere l’unica donna in tutta l’Ellade ad aver vinto questa corona».

Corsa dei carri con quattro cavalli. Da un vaso nella collezione di Sir William Hamilton. Corsa dei Carri. Incisione a mano su coppi di Fumagalli dai Costumi di Giulio Ferrario Antico E Moderno dei popoli del mondo, il Costume Antico e moderno, Firenze, 1826. (*)

Anche le sovrane d’Egitto parteciparono alle Olimpiadi. Dobbiamo aspettare il Periodo Tolemaico, ma nel 284 a.C. la regina macedone Berenice I, moglie di Tolomeo I, sarà la terza donna nella storia a vincere la corsa dei carri a quattro cavalli. Nel 272 a.C. fu il turno di sua figlia Arsinoe, anche lei sovrana d’Egitto, ad aggiudicarsi addirittura tutte e tre le gare equestri nei Giochi Olimpici col carro sia a due che a quattro cavalli. Otto anni dopo, alle Olimpiadi del 264 a.C., Bilistiche, amante di Tolomeo II, trionfa nelle corse dei carri a due e a quattro cavalli.

A Roma lo sport non era attività per il genere femminile che invece si dilettava nella danza: disciplina che, pur avendo alcune caratteristiche ginniche, aveva fini completamente diversi. Tuttavia nelle terme esistevano degli spazi riservati alle donne, fruibili in tempi diversi rispetto agli uomini, all’interno dei quali vi erano palestre, sale massaggio e persino biblioteche. Un’interessante rappresentazione di performance femminili all’interno di un ambiente termale ci arriva dalla Villa del Casale di Piazza Armerina, precisamente dal celebre mosaico delle ragazze in bikini. Il Mosaico risale al IV secolo ed è uno dei pochissimi esempi in cui le donne dell’antichità si mostrano durante attività sportive. Le 10 donne in bikini probabilmente gareggiavano fra loro nella corsa, nei pesi, nel lancio del giavellotto, nel lancio del disco e in un gioco con la palla, che, dalla posizione delle mani, sembra una versione ante litteram della pallavolo. Anche se a guardarle bene non avevano tutte un fisico atletico, indossano anche loro la fascia per il seno e il subligar come slip, un outfit non troppo diverso da quello indossato dalle atlete che stiamo vedendo in questi giorni.

Le ragazze in bikini dal mosaico di Villa del Casale (*)
Statua di una gladiatrice, oggi nel Museum für Kunst und Gewerbein. (*)

Se nell’antica Grecia agli schiavi era proibito partecipare alle Olimpiadi, nell’antica Roma le schiave potevano cimentarsi, come gli uomini, nella lotta: note, infatti, sono le gladiatrici che si esibivano nel circo (Qui il nostro articolo sulle gladiatrici).

Con l’avvento del Cristianesimo l’attività sportiva al femminile entrò nell’oblio per secoli, per ritrovare spazio, con non poche difficoltà, neppure un secolo fa.

Infatti, con l’Editto di Tessalonica del 380 d.C. il Cristianesimo divenne religione ufficiale dell’Impero Romano, un evento che portò al declino e poi all’estinzione dei Giochi Olimpici. I vescovi e gli scrittori cristiani non mancarono di sottolineare con forza la loro totale avversione alla celebrazione dei culti pagani e a ogni tipo di attività agonistica, mentre i Padri della Chiesa spinsero i fedeli ad astenersi dai ludi agonali. Nel 390 d.C. il governatore Buterico, a seguito di gravi disordini, vietò a una fazione di partecipare alle Olimpiadi e per questo fu ucciso, a cui seguì la Strage di Tessalonica dove settemila abitanti vennero uccisi per ritorsione. Nei due anni successivi vennero emanati i decreti teodosiani con l’intento di perseguitare con durezza e ferocia il Paganesimo e i Giochi Olimpici ne seguirono la sorte, perché ritenuti parte integrante di quei riti pagani di cui l’Impero Romano voleva a tutti i costi liberarsi. Dopo più di un millennio di storia, nel 393 d.C. Teodosio chiuse definitivamente le Olimpiadi.

Tuttavia l’eco dei Giochi Olimpici non cessò mai del tutto di esercitare il proprio fascino, ma dovremo attendere il XVII secolo perché l’Inghilterra organizzi una sorta di festival a cui diede il nome di Olimpiadi. Anche la Grecia organizzò un evento simile e in Francia, durante la Rivoluzione Francese, si tennero tre edizioni delle Olimpiadi della Repubblica: nel 1796, 1797 e 1798. Questi eventi di carattere prettamente locale ricevettero una spinta in avanti quando gli archeologi scoprirono le vestigia della città di Olimpia. Dapprima l’inglese Richard Chandler che nel 1776 individuò il luogo dove sorgeva la città; poi i francesi dell’Expédition scientifique de Morée nel 1829 eseguirono i primi scavi e infine gli archeologi tedeschi che se ne occuparono sistematicamente a partire dal 1875.

E’ del 1892 il primo tentativo di ripristinare i Giochi Olimpici e lo dobbiamo al segretario del Union des sociétés françaises de sports athlétiques, il Barone Pierre De Coubertin, progetto che verrà concretizzato nel Congrès international de Paris pour le rétablissement des Jeux olympiques che si tenne a Parigi tra il 16 e il 23 luglio del 1894.

Tuttavia il padre delle Olimpiadi moderne voleva rispettare la tradizione classica e dichiarò che “ai Giochi Olimpici il ruolo delle donne dovrebbe essere solo quello di premiare, la loro partecipazione non interessa a nessuno, è antiestetica e non corretta”.

Così, durante la prima edizione dei giochi moderni svoltisi ad Atene nel 1896, nessuna donna poté gareggiare. Tuttavia, una competitrice non ufficiale si cimenterà nella maratona: una donna greca di umili origini conosciuta come Melpomene. A Stamati Revithi (il suo nome) non fu consentito correre nella gara maschile, ma corse da sola il giorno successivo senza essere ricordata nei medaglieri ufficiali (Olympic Women).

Stamati Revithi, conosciuta come Melpomene (Ph. Storie di Sport)

Per avere le prime presenze ufficiali al femminile bisognerà aspettare i Giochi di Parigi del 1900, dove su 600 partecipanti uomini vedremo scendere nello stadio solo un paio di donne: la tennista inglese Charlotte Cooper sarà la prima campionessa olimpica, nonché vincitrice di cinque titoli individuali a Wimbledon.

Charlotte Cooper, la tennista inglese, detta affettuosamente “Chattie”, divenuta un nome leggendario nel mondo del tennis femminile. (Ph. Wikipedia)

Fortunatamente, con le Olimpiadi di Berlino del 1936 le cose cambiarono: con 49 paesi partecipanti, su un totale di 3834 atleti, 328 erano donne. Anche l’Italia aveva la sua rappresentativa femminile e Ondina Valla, nella specialità degli 80 m ostacoli, vinse la medaglia d’oro.

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Ondina Valla, ostacolista e velocista italiana, campionessa olimpica degli 80 metri ostacoli ai Giochi di Berlino 1936, nonché prima donna italiana a vincere una medaglia d’oro ai Giochi olimpici. (Ph. Wikipedia)

Altro momento importante per la storia dello sport al femminile è stato congelato con l’Olimpiade di Atlanta del 1996. Le donne musulmane, dopo la rivoluzione islamica del 1979, parteciparono ai giochi.

Oggi? Oggi (senza nulla togliere alle altre atlete, ma sono un po’ di parte ^_^) non possiamo che rimanere incantati di fronte alla grazia e l’eleganza delle coreografie della nostra Sofia Raffaeli, o all’esplosione dinamica di una Simone Biles (o della nostra Alice D’Amato), senza mai dimenticare che se oggi possiamo ammirare tanta meraviglia è solo grazie alle lotte che le donne del passato hanno vinto nel nome di una parità di genere ottenuta almeno nell’espressione e nell’abilità corporea.

Alice D’Amato, ginnastica artistica, oro olimpico alla trave Paris 2024 (ph. dal sito ufficiale dei Giochi Olimpici 2024)
Sofia Raffaeli, durante la splendida performance alla palla ai Giochi Olimpici di Parigi 2024. (Ph. Dal sito ufficiale delle Olimpiadi Paris 2024)

 

(*) Chi riconoscesse come proprie le immagini senza crediti è invitato a contattarci per apporre il giusto credito alla foto. Grazie. 

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Tiziana Giuliani

Egittofila, sin dall’infanzia appassionata di Antico Egitto, collabora con l’associazione Egittologia.net dal 2010. Ha contribuito alla realizzazione di EM-Egittologia.net Magazine (rinominato poi MediterraneoAntico) seguendone la pubblicazione già dai primi numeri e ricoprendo in seguito anche il ruolo di coordinatrice editoriale. Dal 2018 è capo redattrice di MediterraneoAntico.

Organizza conferenze ed eventi legati al mondo degli Egizi, nonché approfondimenti didattici nelle scuole di primo grado. Ha visitato decine di volte la terra dei faraoni dove svolge ricerche personali; ha scritto centinaia di articoli per la ns. redazione, alcuni dei quali pubblicati anche da altre riviste (cartacee e digitali) di archeologia e cultura generale. Dall’estate del 2017 collabora con lo scrittore Alberto Siliotti nella realizzazione dei suoi libri sull’antico Egitto.

Appassionata di fotografia, insegna ginnastica artistica ed ha una spiccata predisposizione per le arti in genere.

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