E la scrittura appena nata si fece subito archivio

Tavolette d’archivio emergono dalla sabbia, nell’interpretazione di Tiziana Giuliani

Um-ma-tur è addossato con la spalla allo stipite dell’ingresso, la gamba destra incrociata sulla sinistra con la punta del piede a terra e le braccia conserte. Davanti a sé l’interno di un semplice riparo con il surplus alimentare che è riuscito a produrre. Da molto tempo ormai non deve più spostarsi quotidianamente alla ricerca del cibo e questo nuovo “sistema” gli consente di barattare l’eccesso che produce con materiali di cui ha bisogno.

Il suo sguardo è perplesso: cosa aveva messo dentro ciascun contenitore d’argilla? E a chi aveva promesso dei cereali in cambio di utensili in selce?

Um-ma-tur si china e raccoglie una piccola pietra, si avvicina a un contenitore d’argilla e vi appone un segno.

È così che ho immaginato la nascita della più rivoluzionaria delle invenzioni, la scrittura, in una zona semi arida compresa tra due grandi fiumi che lo storico greco Polibio chiamerà poi Mesopotamia.

Ed ho immaginato Um-ma-tur che racconta all’amico Lugal-US.SIM in che modo si è organizzato, scoprendo che anche lui da tempo utilizza un sistema simile per tenere conto dei capi di bestiame.

Gli archivi sono la memoria di un museo. Grazie a documenti come questo sappiamo che parte della collezione egizia viaggiò su carri d’artiglieria e possiamo conoscere come interpretavano i reperti inventariati. Scrive Cordero di San quintino a proposito di una statua di Sekhmet: “Statua di Iside sedente con faccia di scimione” Nell’immagine lelenco di Giulio Cordero di San Quintino, futuro conservatore del Museo Egizio, dei carri con il primo lotto di antichità spedite dal porto di Genova a Torino il 21 novembre 1823. Torino, Archivio di Stato, fondo Istruzione Pubblica, M. 2, n. 6.

Con la scrittura l’uomo esce dalla preistoria e inizia a “parlarci”, andando ben presto oltre le necessità contabili, fissando su supporti duraturi le proprie gesta, le proprie tensioni emotive, la sua continua e pressante esigenza di andare oltre la morte, ma anche litigi e gossip internazionali!

Gli egizi ne sono un esempio canonico. Non solo avevano schiere di scribi a prendere nota di ogni aspetto della vita quotidiana, ma ce lo hanno raccontato in numerosi scritti incisi su pietra o vergati su papiro. Celebre è la “Satira dei mestieri” e in un testo che fa parte delle “Miscellanee scolastiche” – un insieme eterogeneo di documenti del passato ricopiati dagli allievi per esercitarsi nella scrittura – leggiamo: “Sii scriba: ti salva dalla fatica e ti protegge da ogni tipo di lavoro.

Ben presto la scrittura verrà messa a servizio delle attività di corte e nelle residenze reali nasceranno spazi dedicati a contenere e organizzare questo corpus di documenti, ovvero gli archivi.

La più grande scoperta archeologica della seconda metà del Novecento riguarda proprio il rinvenimento dell’archivio reale di Ebla, grazie al lavoro di un team italiano dell’Università di Roma “La Sapienza” guidato da Paolo Matthiae. Si tratta di materiale d’archivio in buono stato di conservazione databile alla seconda metà del XXIV sec. a.C., il cui contenuto ha “rinnovato profondamente le conoscenze storiche del Vicino Oriente antico nell’età della civiltà urbana arcaica della seconda metà del III millennio a.C.” (Matthiae, 2008).

Un museo non è solo l’insieme di reperti archeologici posti all’interno di vetrine. Un museo è anch’esso storia, fatta da uomini, dalle loro azioni, dalle loro scelte. In questa immagine il documento ufficiale di Bernardino Drovetti in cui affida la procura a Domenico Pedemonte per concludere la trattativa a Torino in suo nome, datato 24 marzo 1823. Torino, Archivio di Stato, fondo Istruzione Pubblica, M. 2, n. 5.

Ed è questo che ancora oggi fanno gli archivi: custodiscono documentazioni preziose che vi sono state “versate” nel corso del tempo, contribuendo fattivamente alla cucitura di quell’abito che vestirà di nuove informazioni un contesto storico o un reperto museale.

Lo sa bene Beppe Moiso, storico del Museo Egizio e abile cacciatore di oggetti e delle loro storie, cuore e motore degli archivi del museo torinese assieme a Tommaso Montonati, giovane e prezioso collaboratore con cui la Fondazione Antichità Egizie ha inteso potenziare questo aspetto importante della vita museale.

Lo stesso Beppe Moiso è un archivio e i suoi racconti sono spesso una storia nella storia, perché 40 metri lineari di scaffali che ospitano più di 400 faldoni stracolmi di fogli, non possono essere una semplice e sterile raccolta di documenti.

Potremmo definire l’archivio come un enorme contenitore a lento rilascio, dove per secoli sono stati depositati documenti che ci raccontano storie di uomini e dove troviamo uomini che ci raccontano la storia di quei documenti, che è lunga e complessa, intrecciata nel caso del Museo Egizio con le vicende dei Savoia.

Si legge: “Continenti statue d’ogni qualità, e dimenzione, una gran parte coloriti, e tutti con geroglifici. Una di dette statue pesa più di 30 quintali.” In questa immagine una lista sommaria delle antichità vendute da Drovetti, in allegato alla decisione del Re, datata 4 aprile 1820, di acquisto della collezione Drovetti. Torino, Archivio di Stato, fondo Istruzione Pubblica, M. 2, n. 1.

A Torino si comincia a parlare di Egitto intorno alla metà del XVI secolo, quando i Savoia decidono di elevare la città a capitale del loro ducato. A tale scopo intraprendono dei lavori di fortificazione durante i quali viene alla luce un reperto con un’iscrizione dedicatoria alla dea Iside, oggi purtroppo andato perduto.

Grazie alla fervida e feconda fantasia del barone Filiberto Pingone prima e di Emanuele Tesauro poi, ma soprattutto grazie al desiderio dei Savoia di dotare la propria capitale di un passato mitico e avvincente, Augusta Taurinorum può vantare all’improvviso…origini egizie!

Una partenza singolare, che farebbe pensare ad un percorso inadeguato per affrontare una civiltà dai risvolti complessi e intriganti come quella egizia, ma che ben presto abbandona il vezzo delle origini mitiche per diventare rigorosa disciplina di studio.

Copia delle “Decisioni sovrane nel consiglio permanente di conferenza”, articolo XIII, datato 4 aprile 1820, in cui il sovrano, Vittorio Emanuele I, decreta l’acquisto della collezione raccolta da Bernardino Drovetti per la somma di 400 mila lire piemontesi. Torino, Archivio di Stato, fondo Istruzione Pubblica, M. 2, n. 1.

Mentre a Parigi Champollion le Jeune è chino sulle carte e ancora non riesce a venire a capo di quei segni apparentemente disposti in modo incoerente, a Torino si finalizza un primo accordo per l’acquisto della Collezione Drovetti, vanificato poi dall’abdicazione di Vittorio Emanuele I che ne era protagonista e finanziatore. Poco dopo Champollion arriverà alle sue geniali conclusioni e la “Drovettiana” giungerà a Torino, ospitata nel Seicentesco palazzo barocco sede del Collegio dei Nobili che in parte è già occupato dall’Accademia delle Scienze.

Ce lo raccontano le carte sotto forma di lettere, bolle di trasposto, contratti e protocolli, che se analizzate e “scavate” negli archivi con competenza e sguardo attento, possono creare una formidabile ed affidabile cronologia di eventi, ma soprattutto ci svelano un racconto.

Il racconto è importante perché ricollega l’oggetto alla sua storia, svincolandolo dagli aspetti puramente estetici, quindi soggettivi, che rischierebbero di relegarlo in un magazzino o di metterlo immeritatamente su di un piedistallo a scapito di altri.

Ogni esposizione che andiamo a visitare, permanente o temporanea, è frutto di un percorso scientifico che ha attinto a piene mani dagli archivi dei musei. Grazie a queste informazioni un listello di legno con evidenti segni di usura, si riappropria della sua funzione originaria e torna ad essere uno strumento di lavoro tra le abili mani di un antico architetto che ha contribuito a realizzare uno dei più straordinari siti archeologici del mondo: la Valle dei Re in Egitto.

È un processo necessario all’interno di un museo, ma anche incredibilmente affascinante, che ha il sapore di quell’eternità tanto cara agli egizi: un oggetto nasce costruito da uomini per farne uso, riscoperto più tardi da altri uomini che – attraverso quell’oggetto – vogliono comprendere quel passato che è anche il proprio, propellente naturale e non inquinante per il futuro.

“Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma” intuì Lavoisier nel definire la legge della conservazione della massa. Un’immagine quasi eraclitea, almeno per come ce lo racconta Platone nel suo Cratilo. Tutto diviene e tutto si fa storia, raccolta in quegli spazi di cui l’uomo ha avvertito la forte necessità fin dal primo segno vergato su un contenitore di argilla: gli archivi.

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Paolo Bondielli

Storico, studioso della Civiltà Egizia e del Vicino Oriente Antico da molti anni. Durante le sue ricerche ha realizzato una notevole biblioteca personale, che ha messo a disposizione di appassionati, studiosi e studenti. E’ autore e coautore di saggi storici e per Ananke ha pubblicato “Tutankhamon. Immagini e Testi dall’Ultima Dimora”; “La Stele di Rosetta e il Decreto di Menfi”; “Ramesse II e gli Hittiti. La Battaglia di Qadesh, il Trattato di pace e i matrimoni interdinastici”.

E’ socio fondatore e membro del Consiglio di Amministrazione dell’Associazione Egittologia.net. Ha ideato e dirige in qualità di Direttore Editoriale, il magazine online “MA – MediterraneoAntico”, che raccoglie articoli sull’antico Egitto e sull’archeologia del Mediterraneo. Ha ideato e dirige un progetto che prevede la pubblicazione integrale di alcuni templi dell’antico Egitto. Attualmente, dopo aver effettuato rilevazioni in loco, sta lavorando a una pubblicazione relativa Tempio di Dendera.

E’ membro effettivo del “Min Project”, lo scavo della Missione Archeologica Canario-Toscana presso la Valle dei Nobili a Sheik abd el-Gurna, West Bank, Luxor. Compie regolarmente viaggi in Egitto, sia per svolgere ricerche personali, sia per accompagnare gruppi di persone interessate a tour archeologici, che prevedono la visita di siti di grande interesse storico, ma generalmente trascurati dai grandi tour operator. Svolge regolarmente attività di divulgazione presso circoli culturali e scuole di ogni ordine e grado, proponendo conferenze arricchite da un corposo materiale fotografico, frutto di un’intensa attività di fotografo che si è svolta in Egitto e presso i maggiori musei d’Europa.

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