I templi antichi erano molto decorati e colorati, più di quanto si possa immaginare considerando come ci appaiono ora, così bianchi e luminosi; stessa cosa vale per le statue.

I campioni di vernice sono stati prelevati da questa colonna proveniente dal Palazzo di Apries I. (ph. Ole Haupt/SDU)

Analizzando i resti di alcune colonne, gli archeologi hanno scoperto uno strato di colore giallo sottostante la vernice verde che ricopriva i manufatti. Si pensa che questa pittura potesse essere una base utilizzata per riuscire a stendere meglio il colore finale.
Questo è quanto si è potuto osservare dai resti del palazzo del re Apries I, faraone della XXVI dinastia. Il sito si trova nei pressi del Delta del Nilo, dove Apries I governò dal 589 a.C. al 568 a.C.
Il suo palazzo e le statue in esso ritrovate, appaiono privi di ogni colore ma, come ben sappiamo, in origine erano molto variopinti e con il trascorrere dei secoli i colori si sono, purtroppo, completamente sbiaditi. Frammenti del palazzo reale sono conservati nel Museo Glyptoteket di Copenaghen e recentemente sono stati oggetto di studi di un’equipe composta da archeologi danesi, del British Museum e dell’Università di Pisa.
Tutti questi studiosi sono interessati a conoscere l’uso dei pigmenti, i leganti, le tecniche associate al loro utilizzo perché è importante, non solo per gli storici dell’arte ma anche per gli archeologi, sapere quali siano stati gli scambi commerciali di materiali e di conoscenze tra i popoli del Mediterraneo e il Vicino Oriente.
La dottoressa Cecilie Brons si è avvalsa della collaborazione dell’archeometria, nella figura del professor Rasmussen, esperto analista di antichissimi reperti, tra cui sacre reliquie e i Rotoli del Mar Morto. Rasmussen ha quindi prelevato campioni dei resti del palazzo di Apries I per studiarne i pigmenti utilizzati, i leganti e le tecniche applicate.

Vernice gialla dal palazzo del re Apries i (ph. Ole Haupt/SDU

Sono stati perciò scoperti due pigmenti, il giallo piombo antimonio e il giallo piombo stagno. Non si sa se questi fossero facilmente disponibili in natura o fossero pigmenti minerali rari ma si spera che altri studi su antichi manufatti possano dare ulteriori risposte.
La particolarità di questi ritrovamenti sta nel fatto che non erano mai stati rinvenuti su reperti così antichi ma su dipinti molto più recenti, risalenti al Medioevo.
Il gruppo di ricerca italiano di Pisa, della professoressa Perla Colombini, ha scoperto invece la presenza di due leganti, gomma e colla animale.
Questa è un’importante scoperta in quanto i leganti sono materiali organici e quindi facilmente deteriorabili, a differenza dei pigmenti colorati che sono inorganici e si conservano più a lungo.
La gomma, probabilmente, era stata ottenuta da alberi di acacia e veniva utilizzata come solvente per i pigmenti in polvere. La gomma era utilizzata ampiamente come legante, tracce sono state rinvenute anche sulle colonne del tempio di Karnak e sulle pareti della tomba di Nefertari.
La colla di animale si otteneva facendo bollire a lungo ossa e pelli, fino ad ottenere una massa gelatinosa che veniva poi essiccata; al bisogno, bastava aggiungere acqua calda ed era pronta per l’uso.
Gli studiosi, inoltre, hanno rilevato la presenza dei seguenti pigmenti colorati:
Calcite (bianco)
Gesso (bianco)
Blu Egiziano (pigmento sintetico inventato nel III millennio a.C.)
Atacamite (verde)
Ematite (rosso)
Orpimento (giallo oro)

Questi studi hanno permesso di pubblicare due articoli, reperibili sulla rivista Heritage Science.

I campioni di vernice prelevati dal capitello della colonna. Sotto la vernice verde lo strato beige interpretato come base preparatoria per dipingere la pietra. (ph. Ole Haupt/SDU)

Source: phys.org

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