A oltre 100 anni dalla sua scoperta, la tomba di Tutankhamon versa in condizioni critiche. Gli studiosi avvertono che si tratta del momento di maggiore fragilità dalla sua apertura nel 1922. Le principali cause del deterioramento sono infiltrazioni d’acqua, crepe nei soffitti, crescita di funghi e l’instabilità della roccia su cui la tomba è scavata. La roccia scistosa di Esna, soggetta a espansione e contrazione in base all’umidità, rende la struttura particolarmente vulnerabile. Una grande frattura attraversa il soffitto della camera funeraria e dell’ingresso, favorendo l’ingresso dell’acqua piovana e aggravando i danni esistenti.

In un recente studio pubblicato sulla rivista npj Heritage Science di Nature, il professor Sayed Hemeda, docente di Conservazione del Patrimonio Architettonico presso l’Università del Cairo, ha lanciato un serio allarme sullo stato della tomba di Tutankhamon, segnalando una compromissione significativa dell’integrità strutturale dell’intero sito archeologico. Secondo Hemeda, la tomba versa oggi in uno stato di degrado avanzato, causato principalmente da fattori ambientali che si sono aggravati a partire da un evento specifico: l’alluvione del 1994.
Quell’evento climatico rappresenta un punto di svolta drammatico per la tomba. Le acque piovane, cariche di limo, penetrarono attraverso fessure già esistenti, innescando un incremento anomalo del tasso di umidità interna. Questo mutamento ambientale, unito alla naturale porosità e instabilità della roccia scistosa di Esna, ha provocato danni progressivi: le pareti si sono imbevute, favorendo la crescita di colonie fungine, particolarmente pericolose per le superfici dipinte. I funghi, infatti, si nutrono delle sostanze organiche presenti nei pigmenti e nelle malte, portando alla progressiva scomparsa dei dipinti murali. Per risolvere queste criticità erano già stati avviati dei lavori di consolidamento e recupero delle pitture nel decennio scorso, ne avevamo già parlato qui nel 2019 in occasione della riapertura della tomba a restauro terminato.

Hemeda, inoltre, ha documentato approfonditamente la presenza della grande fessura (già nota da tempo) che attraversa il soffitto sia della camera funeraria che dell’ingresso, la quale ha permesso nuove infiltrazioni d’acqua. Questo ha aggravato le fratture preesistenti, sottoponendo la roccia a pressioni meccaniche superiori alla sua capacità di resistenza. Il problema è accentuato dal comportamento dello scisto di Esna, una roccia metamorfa fragile che si espande e si contrae in risposta alle variazioni di umidità, fenomeno che provoca microfratture e disgregazioni interne difficili da arrestare.
Tra gli elementi a rischio ci sono anche i pigmenti artificiali antichi, come il blu e il verde egiziano, utilizzati per decorare le pareti della tomba. Questi pigmenti, tra i più sofisticati dell’antichità, venivano prodotti con sofisticate tecniche antiche e tramite complesse reazioni chimiche ad alte temperature. Tuttavia, la loro composizione cristallina li rende estremamente sensibili all’umidità e ai cambiamenti di temperatura. L’ambiente umido ha provocato alterazioni chimiche nei pigmenti, portando alla depolimerizzazione dei cristalli e alla perdita irreversibile del colore originario. In molti punti le superfici dipinte rischiano di staccarsi dalla parete, minacciando la perdita definitiva di un patrimonio artistico unico.
Hemeda conclude il suo studio raccomandando l’implementazione urgente di misure conservative: in particolare, la regolazione costante dell’umidità interna e la realizzazione di un programma mirato di consolidamento geotecnico che consenta di rinforzare le aree più fragili senza alterarne il valore archeologico.

Purtroppo il grido d’allarme va oltre Tutankhamon. Secondo il professor Mohamed Atia Hawash, esperto di Conservazione Architettonica presso la Facoltà di Archeologia dell’Università del Cairo, le minacce incombono sull’intera Valle dei Re e sull’area di Deir el-Bahari, sede del tempio funerario della regina Hatshepsut. La sua analisi parte da una considerazione strutturale: la maggior parte delle tombe è scavata direttamente nella roccia, spesso a profondità considerevoli, e questo le rende altamente vulnerabili alle inondazioni improvvise.

Le infiltrazioni d’acqua non solo indeboliscono la roccia, ma scavano cavità sotterranee, le quali possono collassare sotto il peso delle strutture superiori. Hawash avverte che l’area circostante la Valle dei Re, così come la zona di Deir el-Bahari, presenta ampie fenditure geologiche che si stanno ampliando con il tempo, anche a causa del cambiamento climatico, in quanto ora le piogge sono molto più frequenti e insistenti rispetto al passato. Queste crepe naturali potrebbero provocare distacchi improvvisi di intere porzioni rocciose, con il rischio di crolli disastrosi su tombe adiacenti.
Il suo studio è chiaro nel definire la tomba di Tutankhamon come un segnale d’allarme: non è un caso isolato, ma il sintomo di un problema sistemico che interessa tutta la necropoli tebana. Hawash denuncia l’assenza di strategie concrete di prevenzione e intervento da parte delle autorità. Sebbene l’area sia parte del Patrimonio dell’Umanità UNESCO, mancano strumenti adeguati di monitoraggio, manutenzione e gestione del rischio. Questo ha favorito una cultura della reazione emergenziale, dove si agisce solo dopo che il danno è avvenuto, invece di adottare una visione di lungo termine orientata alla conservazione preventiva.

Già in studi precedenti erano state segnalate nuove fenditure nella montagna e una crescente probabilità di nuove inondazioni, ma non è stato fatto molto da allora. Oggi, spiega Hawash, l’unica via per evitare una catastrofe archeologica irreversibile è agire immediatamente con misure integrate al monitoraggio continuo: dalla mappatura geotecnica dell’area alla realizzazione di sistemi di drenaggio e contenimento dell’umidità, fino all’uso di supporti strutturali removibili per alleggerire la pressione sulle tombe più delicate, senza comprometterne l’autenticità.
Come ben sappiamo il rischio è più che reale, basti pensare alle tante tombe trovate già completamente o in parte collassate dai loro scopritori. Vedi la tomba del grande Ramesse II, dei suoi figli e tante altre, fino all’ultima scoperta, quella di Thutmose II.

Source: independent.co.uk
Aggiornamento:
Il Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano smentisce la notizia, assicurando che la tomba è in buone condizioni e non rischia alcun collasso strutturale o murale. Aggiunge anche che si sta monitorando regolarmente le condizioni della tomba, in collaborazione con il Getty Conservation Institute, il partner principale del progetto di conservazione e manutenzione della tomba di Tutankhamon, insieme ad altri partner internazionali per la conservazione.