Forse non tutti sono a conoscenza delle innumerevoli vicissitudini che il corpo mummificato di Ramesse II (1279-1212 a.C.) ha vissuto nel corso dei millenni, ma più o meno tutti gli appassionati di antico Egitto sanno che è rimasto ben poco del suo corredo funerario. Quindi, la notizia appena diffusa dall’Università La Sorbona e pubblicata da la Revue d’Égyptologie può generare stupore e “scaldare” un po’ gli animi degli appassionati di questa longeva civiltà sorta sulle rive del Nilo.

A seguito di un riesame effettuato su un sarcofago rinvenuto qualche anno fa ad Abydos è stato possibile attribuirne la proprietà al celebre faraone della XIX dinastia.

Ciò è stato possibile grazie allo studio del prof. Frédéric Payraudeau, docente-ricercatore in egittologia all’Università de La Sorbona e ricercatore presso il Centre de recherches égyptologiques de la Sorbonne (Sorbonne Université) e al Laboratoire de recherche Orient et Méditerranée (Sorbonne Université/CNRS/Collège de France/Université Panthéon-Sorbonne/EPHE-PSL).

Il grande frammento in granito era stato scoperto nel 2009 in un convento copto di Abydos dagli archeologi egiziani e americani Ayman Damrani e Kevin Cahail, che ne avevano curato anche la presentazione.

La decorazione e i testi di questo sarcofago indicavano un riutilizzo di questo prezioso reperto da parte di un sommo sacerdote della XXI dinastia di nome Menkheperra, avvenuto intorno al 1000 a.C.; del primo proprietario, invece, non era stato trovato nessun indizio lasciando la sua identità sconosciuta. L’unica traccia a disposizione degli studiosi era la qualità del manufatto, che indicava l’appartenenza a un personaggio di altissimo rango del Nuovo Regno.

Esaminando e studiando i testi incisi sul sarcofago, Frédéric Payraudeau è stato in grado di individuare il cartiglio del grande Ramesse II, occultato dalle iscrizioni più recenti.

Come dicevo sopra, del suo corredo funerario non è sopravvissuto nulla. La sua tomba era già stata completamente saccheggiata durante il Nuovo Regno e agli scopritori moderni apparve del tutto spoglia, senza alcun nessun tesoro o decorazione: era una tomba completamente invasa dai depositi portati dalle periodiche alluvioni, in grado di trasformare lo wadi della Valle dei Re in un impetuoso torrente. Le infiltrazioni causarono il rigonfiamento delle pareti scistose e il successivo distacco di gran parte delle decorazioni parietali. Le sue condizioni erano così precarie che la spedizione franco-toscana di Champollion e Rosellini del 1828-1829 la registrò come tomba incompleta. Si salvò soltanto la sua mummia, ritrovata nel 1881 nella cachette di Deir el-Bahari (DB320), in origine occupata dalla regina Inhapy vissuta durante la XXI dinastia. La salma mummificata del grande sovrano era stata trovata nel sarcofago precedentemente appartenuto a suo nonno Ramesse I. Studiando i bendaggi del suo corpo, ma anche un’iscrizione ieratica posta sul coperchio del sarcofago e gli antichi documenti redatti dai sacerdoti di Amon, sappiamo che, a seguito dei continui saccheggi, nel 1090 a.C. (XX dinastia) la sua mummia venne traslata per motivi di sicurezza nella KV17, la sepoltura di suo padre Seti I; poi, 30 anni dopo, a seguito di una nuova intrusione nell’ipogeo, il Sommo Sacerdote di Amon Pinedjem I, la trasferì in altre due sepolture in sole 72 ore, provvedendo alla sostituzione delle bende rimosse per spogliare il sovrano dei suoi amuleti, riponendo tra le sue mani nuovi e modestissimi scettri in legno di palma in sostituzione di quelli in oro che erano stati trafugati.

La mummia del grande Ramesse non trovò mai pace, infatti non finiscono qui le sue rocambolesche avventure, ma non è questa la sede per raccontarne la storia, quindi lasciamo parlare il frammento del suo sarcofago ritrovato.

Come sottolinea La Sorbona (anche se scontato, considerata l’importanza del personaggio) è ormai certo che la mummia del grande faraone fu adagiata in una bara d’oro riposta in un primo sarcofago di alabastro (ritrovato distrutto nella sua tomba), riposto a sua volta in questo grande sarcofago di granito, quello appena identificato. Dopo che la tomba fu profanata e derubata di tutto il suo contenuto, il sommo sacerdote della XXI dinastia Menkheperra recuperò questo sarcofago per uso personale e lo fece trasportare ad Abydos.

Tutto ciò rappresenta un’ulteriore prova che in quel periodo la Valle dei Re era oggetto non solo di saccheggi, ma anche il luogo dove recuperare corredi funerari da riutilizzare in altre sepolture regali e non. Ad esempio, il faraone Psusenne I aveva recuperato per sé uno dei sarcofagi di Merenptah, figlio e successore di Ramesse II. E gli esempi non finiscono qui.

 

Source: Revue d’Égyptologie via Università La Sorbona

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