La missione archeologica congiunta tedesco-egiziana, che sta lavorando al restauro del Tempio di Esna da alcuni anni, è riuscita a portare alla luce i modelli, i colori e le immagini dei soffitti e delle pareti del tempio, permettendo di studiare e ammirare alcuni dettagli fino ad ora sconosciuti.

Il Tempio, la cui costruzione e decorazione iniziò nel periodo tolemaico e continuò nel periodo romano, è uno dei sei principali templi utilizzati ancora durante il periodo greco-romano (332 a.C. – 350 d.C. circa), insieme a Philae, Kom Ombo, Edfu, Dendara e Athribis.
Le iscrizioni del tempio sono state pubblicate da Serge Sauneron, l’ex direttore dell’Istituto Archeologico Francese del Cairo (Ifao) tra il 1963 e il 1975, ma dopo la sua prematura morte nel 1976 i lavori sono stati in gran parte sospesi.

Qualche anno fa, il Consiglio Supremo delle Antichità Egiziane ha lanciato un progetto di conservazione con l’obiettivo di rimuovere gli strati di fuliggine, polvere e sporco e riportare a nuova luce il tempio. E così è stato: da questa iniziativa ha preso il via l’Esna Project, un progetto congiunto tra l’Università di Tubinga e il Ministero delle Antichità Egiziane, che ha due obiettivi fondamentali, ovvero riportare alla luce i colori originali delle decorazioni del tempo e realizzare un album fotografico del tempio.

Entrambe le aree quindi, conservazione e documentazione, sono indispensabili per un esame approfondito dello stato dell’arte delle iscrizioni e dell’iconografia del tempio. A dicembre 2018 si è svolta una prima missione congiunta ad Esna, durante la quale è stata avviata una documentazione fotografica completa delle pareti esterne, successivamente, con le missioni del 2019 e del 2020 si è concluso il lavoro di restauro delle pareti esterne ed è cominciato quello del soffitto. 

E come viene spiegato dal Dr. Mustafa Waziri, segretario generale del Consiglio Supremo di Archeologia, i lavori di restauro e pulizia dell’ultima campagna hanno portato all’emergere di modelli e colori originali sotto il soffitto centrale sopra l’ingresso del tempio ad un’altezza di 14 metri. Sono raffigurate 46 aquile in due file, 20 rappresentano dee dell’Alto Egitto e altre 22 hanno testa di cobra.

Immagine di parte del soffitto e della parete, ph. Ministry of Tourism and Antiquities of Egypt.
Il Dr. Hisham El-Lithy, capo dell’Amministrazione Centrale per la Registrazione Archeologica Egiziana e capo della Missione Archeologica Egiziana, ha aggiunto che le iscrizioni del tempio hanno sofferto nel corso dei secoli a causa dell’accumulo di spessi strati di terra e impurità, oltre a scarti di uccelli, per questo era necessario un intervento mirato. Infatti, Ahmed Imam, il direttore della squadra di restauro, ha raccontato che mentre puliva il muro occidentale nell’asse del tempio, il team di restauro ha trovato un’iscrizione greca disegnata con inchiostro rosso completamente coperta databile probabilmente al regno dell’Imperatore Domiziano (81-96 d.C.). L’iscrizione registra infatti il giorno e il mese (Epifi, 5), che corrisponde a fine giugno o inizio luglio, e si riferisce molto probabilmente al momento in cui la costruzione del Tempio è stata completata.
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Mara Zoppi

Appassionata fin da piccola alla storia e all’archeologia, dopo la maturità classica si iscrive alla facoltà di Lettere – curriculum Scienze dell’Antichità – presso l’Università degli Studi di Milano, laureandosi nel 2019 con una tesi di carattere archeologico-egittologico dal titolo Imhotep scriba e medico: dall’Egitto del III millennio a.C. ad oggi. Si iscrive successivamente alla facoltà di Archeologia dell’Università degli Studi di Milano dove si laurea nel 2021 con votazione 110/110 e lode sviluppando una tesi in ambito egittologico dal titolo La Casa della Vita nell’Egitto Antico: luoghi, riti, funzionari.

Ha partecipato a due laboratori di scavo archeologico: il primo sul sito di Urvinum Hortense a Collemancio di Cannara (PG) di epoca romana con l’Università degli Studi di Perugia; successivamente sul sito archeologico di Nora (Pula, CA) nella sezione competente all’Università degli Studi di Milano, quindi di epoca romana, contribuendo anche alle operazioni di post-scavo.

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