La missione archeologica egiziana al lavoro nel sito di el-Gerza nel Fayum (a circa 30 miglia a nord-ovest della piramide di Lahun e a circa 50 miglia a sud del Cairo) ha riportato alla luce una grande struttura funeraria risalente al Periodo Tolemaico e Romano, nonché una nuova serie di ritratti del Fayum.

La scoperta è avvenuta durante la decima campagna di scavo del team guidato dal dottor Basem Jihad, infatti l’area archeologica è oggetto di indagini e studi sin dal 2016. Il villaggio di Gerza, in epoca greca noto con il nome di Filadelfia, fu fondato nel III secolo a.C. come parte di un progetto di bonifica agricola avviato da Tolomeo II Filadelfo (308 ca-246 a.C. – Dal sovrano il suo nome) e doveva essere il villaggio di riferimento della regione del Fayum. L’obiettivo di questa bonifica era quello di garantire risorse alimentari per il regno delle Due Terre nel cui tessuto sociale si erano ormai integrati anche i greci che, con la loro cultura, influenzarono la produzione locale. Infatti, tutto ciò che è stato scoperto in questi giorni riflette e rispecchia questa diversità di stili e culture.

L’enorme edificio funerario risalente a 2300 anni fa è preceduto a sud da una sala colonnata dove sono stati trovati i resti di 4 colonne. La struttura fu costruita con blocchi di pietra calcarea e presenta pavimenti in gesso decorati da piastrelle colorate e intercambiabili. La costruzione scende per diversi piani nel terreno e si presenta come un anello con porte ad arco che conducono alle camere funerarie, alcune delle quali contengono ancora sarcofagi di legno finemente decorati e intagliati sia in stile egizio che greco: alcuni sono antropomorfi, altri invece con “tetto a capanna”, ovvero a cassa con coperchio a doppio spiovente, nello stile della cultura greca.

Le sepolture di epoca tolemaica e romana mostrano chiaramente differenze anche nell’accuratezza e nella qualità del processo di mummificazione, differenze imputabili alle possibilità finanziarie del defunto, dove possiamo distinguere imbalsamazioni di alta qualità e inumazioni semplici.

In una delle sepolture lignee il team egiziano ha trovato una rara e bellissima statua in terracotta dipinta con i tratti combinati delle dee Iside e Afrodite, oltre a un gruppo di documenti in papiro redatti in demotico e greco riportanti le condizioni sociali, economiche e religiose degli abitanti della regione in quel periodo.

Tuttavia, la scoperta più rilevante della campagna archeologica in corso riguarda una serie di ritratti funerari noti come ritratti del Fayum. I “simulacri” sono ben conservati e, come da tradizione, furono realizzati a partire dal Periodo Romano. Le immagini stupiscono anche per la varietà dello stile, alcune sono di un realismo sorprendente, altre invece presentano tratti estremamente stilizzati.  Si tratta della prima scoperta significativa di ritratti del Fayum da oltre un secolo, dagli scavi dell’archeologo britannico Flinders Petrie ad Hawara nel 1887 e dell’archeologo tedesco Von Kaufmann nel 1910.

Da allora questi dipinti sono diventati delle vere e proprie icone del periodo storico, accolte e mostrate con orgoglio dai musei di tutto il mondo. Per chi non sa di cosa si tratta: sono dei ritratti funebri realizzati in Egitto molti dei quali dal carattere fortemente realistico. Realizzati prevalentemente su tavole lignee ad encausto o a tempera, venivamo posti sui corpi mummificati coprendone il volto. Il nome deriva dall’oasi del Fayum, il luogo da cui proviene la maggior parte delle opere trovate. Insieme ai dipinti che ci hanno restituito siti come Ercolano, Pompei e Paestum, sono tra gli esempi meglio conservati di pittura dell’antichità.

Dal 2016 la missione egiziana ha portato alla luce molte strutture e reperti archeologici le cui caratteristiche riflettono sia lo sviluppo architettonico funerario dal III secolo a.C. fino alla fine del III secolo d.C. che la mescolanza di stili nei manufatti: una fusione tra le antiche civiltà egizia e greca. Sono da esempio 6 enormi tombe di mattoni di fango: fosse comuni in stile catacombale.

 

Source and photos: MoAT

Immagine di copertina: artnews.com

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