Una testa di mummia, appartenente ad un giovane dell’Antico Egitto, è stata recentemente analizzata tramite Tomografia Computerizzata presso l’Ospedale San Matteo di Pavia oltre l’orario della normale diagnostica medica, in modo da non interferire con la regolare attività dell’ospedale. I medici hanno quindi lavorato al di fuori del loro orario di lavoro, come volontari. L’equipe che ha condotto l’indagine è stata guidata dall’egittologa Sabina Malgora, responsabile del Mummy Project Research, dal team di radiologi del Prof. Fabrizio Calliada, sotto la supervisione del Prof. Maurizio Harari, docente di Etruscologia e Archeologia Italica e direttore della Raccolta Archeologica dell’Università di Pavia, dal Prof. Paolo Mazzarello, Professore di Storia della Medicina e Presidente del Sistema Museale e dalla dott.ssa Anna Letizia Magrassi, curatrice della Raccolta, nell’ambito del progetto “GUARDARE E NON TOCCARE È UNA COSA DA IMPARARE! … sarà proprio vero?”, vincitore del bando della valorizzazione museale della Regione Lombardia.
La testa mummificata, già oggetto in passato di indagini mediche, appartiene ad un ragazzo di origine caucasica (proveniente quindi dal Sud Europa o dall’Africa del Nord) e si trova in ottimo stato di conservazione. La notevole tecnica di imbalsamazione utilizzata fa pensare a un membro di classe sociale alta, probabilmente vissuto in epoca romana. Le nuove indagini sono volte quindi al recupero di nuovi dati inediti che andranno ad incrementare le informazioni finora raccolte e mireranno soprattutto a fornire nuovi elementi sulla vita e la morte del giovane , ma anche sulla tipologia di mummificazione. Inoltre, grazie anche alla collaborazione dell’antropologa Chantal Milani, membro del Mummy Project Research, e della Dott.ssa Francesca Motta, Archeo- antropologa, si cercherà di ricostruire il volto che restituirà a questo giovane le sue sembianze permettendo a tutti, studiosi e appassionati, di vederne così il viso.
Già lo scorso anno l’equipe aveva studiato la mummia di una donna conservata sempre nella Raccolta Archeologica dell’Università di Pavia, ricostruendone la vita e la morte. La sua storia e la ricostruzione forense del suo volto sono visibili nella nuova esposizione della collezione egizia, chiamata Egyptian Corner, inaugurata lo scorso marzo e curata sempre dalla dott.ssa Malgora.
Nel 1824 il Gabinetto di anatomia umana dell’Università di Pavia ricevette in dono una mummia egizia proveniente dal Cairo. Nel 1933 passò al Museo di Storia Naturale e quindi negli anni ‘60 fu collocata in una torre del Castello Visconteo di Pavia, dove è rimasta fino al trasferimento presso le raccolte archeologiche dell’Ateneo. La misteriosa mummia riposava in una cassa ottocentesca, il cui coperchio riportava l’enigmatica scritta “Mummia Egiziana di una donna morta 810 anni prima dell’era volgare. Dono di S. Giorgiani del Cairo del 1824”. Per dare voce ad un reperto così eccezionale, sono interventi il Prof. Maurizio Harari, direttore del Museo Archeologico dell’Ateneo e docente ordinario di Etruscologia e Archeologia Italica dell’Università di Pavia e l’egittologa Sabina Malgora.
Dal 2013 la mummia è stata al centro di una serie di accurate ricerche con le più moderne tecniche di indagine medica e forense. Lo scopo era quello di restituirle l’identità, scoprirne l’età e il periodo in cui visse. Per questo è stata sottoposta a Tomografia Computerizzata (TC) all’Ospedale San Matteo di Pavia e sono stati effettuati prelievi per analisi molecolari, tra cui quella del radio carbonio C14. Inoltre l’antropologa Chantal Milani ne ha studiato il profilo antropologico e lo specialista americano, Jonathan Elias ne ha ricostruito il volto. Infine è stata creata una copia 3D del reperto ad opera di Spazio Geco di Pavia.
La ricerca sulla mummia è stata realizzata con il sostegno della Regione Lombardia nel progetto: “Condividere il patrimonio museale universitario: nuove modalità di fruizione rivolte anche agli utenti con disabilità sensoriali”.
Cosa si è scoperto? Alla mummia è stata fatta un’autopsia virtuale e si è scoperto che al momento della morte doveva avere tra i 20 e i 22 anni. Inoltre era alta da 1,41 a 1.48 cm e aveva una bellissima dentatura, senza ancora lo sviluppo dei denti del giudizio. I prelievi molecolari poi hanno permesso di effettuare una datazione del reperto che dovrebbe risalire al III secolo a.C. ma non si conoscono i motivi della morte. I primi risultati del DNA non hanno fornito elementi utili per stabilire altre informazioni, si sa però che non morì a causa di un evento violento e neppure di parto. In futuro si spera di recuperare altre preziose informazioni per conoscere qualche particolare in più sulla sua storia.
Il Mummy Project Research, diretto dalla dott.ssa Sabina Malgora, ha sede operativa a Milano, all’interno dell’Ospedale Fatebenefratelli, in collaborazione con il prof. Luca Bernardo, direttore del dipartimento materno infantile. Il progetto è finalizzato allo studio approfondito dei reperti organici, in particolare mummie umane e di animali attraverso analisi effettuate con le più moderne tecniche di indagine medica ed investigativa, eseguite da un’équipe multidisciplinare, in grado di recuperare tutte le informazioni disponibili e di confrontarle nel panorama scientifico di riferimento, nel più completo rispetto della integrità e della conservazione dei reperti. Lo scopo è quello di restituire un’identità, il più possibile esaustiva alle mummie oggetto di indagine, completando il quadro storico e culturale da cui provengono.
Fonte e Foto: Courtesy of Università di Pavia