“Ospitare i Giochi Olimpici significa rievocare la storia” Così si espresse Pierre de Frédy, barone di Coubertin, padre dei Giochi Olimpici Moderni, la cui prima edizione si svolse ad Atene nel lontano 1896.

La mostra La Fiamma che unisce. Le Fiaccole Olimpiche da Berlino 1936 a Rio De Janeiro 2016. Foto autrice.

Al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria e al cospetto dei Bronzi di Riace viene rievocata la storia dei Giochi attraverso l’esposizione La Fiamma che unisce. Le Fiaccole Olimpiche da Berlino 1936 a Rio De Janeiro 2016, curata dal direttore del MArRC, Carmelo Malacrino, e dal presidente del CONI Calabria, Maurizio Condipodero.

Una suggestiva mostra che ci accompagna, Fiaccola dopo Fiaccola, a rivivere le grandi emozioni delle Olimpiadi. Tutte le 20 Fiaccole Olimpiche, dall’XI edizione di Berlino 1936 alla XXXI edizione di Rio De Janeiro nel 2016, sono esposte in tutto il loro splendore, in un tripudio di colori e forme originali.

Particolare della mostra. Foto autrice.

Ma qual è la storia di questi meravigliosi oggetti? Nonostante i Giochi Olimpici siano stati istituiti nell’ultimo decennio dell’800, la Fiaccola Olimpica fa la sua comparsa solo nel 1936 durante l’XI edizione. Da allora viene accesa durante una suggestiva cerimonia, che ha luogo fra le rovine del santuario di Zeus ad Olimpia. Quanti di voi si saranno emozionati vedendo la sacerdotessa accendere il fuoco sacro a Zeus Olympios?

Questa cerimonia si svolge qualche mese prima dell’inizio di ogni edizione delle Olimpiadi, in genere dinnanzi l’altare della dea Hera. Undici “sacerdotesse” invocano il dio Apollo affinché si accenda la Fiamma sacra all’interno di uno specchio parabolico concavo, rivolto verso il sole che ne convoglia i raggi. Questa viene poi trasferita in un piccolo vaso di ceramica, che serve ad accendere la Fiaccola retta dal primo tedoforo. Ha così inizio la staffetta che condurrà la Fiamma nella città in cui si svolgeranno le Olimpiadi: ad attenderla ci sarà il Braciere Olimpico, all’interno del quale arderà fino a conclusione delle competizioni.

In primo piano Fiaccola Olimpica di Berlino 1936; a seguire Fiaccola Olimpica di Londra 1948; dietro Fiaccola Olimpica di Helsinki 1952. Foto autrice.

L’esposizione al MArRC e il catalogo della mostra offrono anche la possibilità di fare un passo indietro nel tempo, per andare alla scoperta dei grandi Giochi che nell’antichità riunivano tutto il mondo greco. Dove avevano luogo le competizioni? Essendo legati alle festività religiose più importanti della Grecia, i grandi Giochi Panellenici, si svolgevano all’interno di quattro grandi santuari: i Giochi Olimpici nel Santuario di Zeus ad Olimpia; i Giochi Nemei nel santuario di Zeus a Nemea; i Giochi Istmici nel santuario di Poseidone a Istmia; i Giochi Pitici nel santuario di Apollo a Delfi. Ad ognuno di questi potevano prendervi parte tutti i cittadini maschi della penisola greca, delle colonie di Asia Minore, di Sicilia, della Magna Grecia e della Cirenaica.

Dettaglio della Fiaccola Olimpica di Rio de Janeiro 2016. Foto autrice.

Ed i premi, in cosa consistevano? Innanzitutto in corone vegetali, realizzate con rami di arbusti sacri alle divinità a cui era dedicato il santuario. Potevano essere di ulivo (Olimpia), di alloro (Delfi), di appio secco o sedano selvatico (Nemea) o ancora di appio secco o pino (Istmia). I vincitori inoltre, una volta tornati in patria, ricevevano compensi in oro, posti d’onore agli spettacoli, addirittura il mantenimento a vita a spese della comunità o ancora gli venivano dedicate statue in luoghi pubblici. Un esempio è il celebre Auriga in bronzo del santuario di Delfi, dedicato all’atleta Polizelo di Gela, vincitore della gara dei carri nei Giochi Olimpici del 478 o del 474 a.C. Particolari onori venivano invece riservati ai “periodici”, ovvero a quegli atleti che, gareggiando in tutti i Giochi Panellenici, nel giro di un unico ciclo olimpico si aggiudicavano le vittorie nella loro specialità. Fu, ad esempio, il caso di Milone di Crotone, che per ben 6 volte vinse nella lotta.

Questa storia straordinaria prosegue oggi con le Olimpiadi e con le Fiaccole esposte al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.

Dettaglio della Fiaccola Olimpica di Seoul 1988. Foto autrice.

Tre sono le fiaccole delle edizioni italiane dei giochi: la Fiaccola dei Giochi Olimpi Invernali di Cortina d’Ampezzo 1956, la Fiaccola delle Olimpiadi di Roma 1960 e la Fiaccola dei Giochi Olimpi Invernali di Torino 2006. La prima di queste, progettata da Ralph Lavers, fu accesa durante la cerimonia di accensione che si svolse a Roma sulla scalinata del Campidoglio. Molto bella è la Fiaccola dell’edizione di Torino 2006, realizzata con differenti materiali quali alluminio, plastica, acciaio e rame, reinterpretazione della classica torcia di legno.

Il percorso espositivo prosegue con le Fiaccole delle altre edizioni, a partire da quella di Berlino del 1936. Realizzata interamente in acciaio, misura 28 cm e pesa 1800 gr. Con il passare degli anni i designer hanno creato forme differenti, sempre più leggere ed ingegnose, fino a quella elegante e colorata delle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016, in un’evoluzione di tonalità, dal blu al giallo e al verde, che rappresentano i colori della bandiera brasiliana.

Giunti a questo punto non siete curiosi di immergervi nella storia e conoscere le Fiaccole che abbiamo potuto vedere solo sui canali televisivi? Fra le vetrine del MArRC troverete anche reperti eccezionali, legati allo sport nel mondo greco: un suggestivo connubio fra antico e presente, per immaginare il futuro. Non resta altro che andare al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria!

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Alessia Chillemi

Dopo la maturità scientifica si è trasferita a Reggio Calabria dove, nel marzo 2016, ha conseguito la laurea triennale in Scienze dell’Architettura presso l’Università degli Studi Mediterranea, con votazione 107/110, sviluppando la tesi in Architettura Antica dal titolo Il Teatro di Locri Epizefiri. La Struttura dall’età ellenistica all’età romana. Durante la carriera universitaria ha svolto varie ricerche in ambito storico-archeologico riguardanti: le mura greche di Rhegion (RC); i mosaici della villa romana di Casignagna, Locri, (RC) e le architetture teatrali di Tindari (ME) e Locri Epizefiri (RC). Attualmente sta completando gli studi nel corso di laurea Magistrale Architettura -restauro-.

Ha collaborato con il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria (MArRC) in qualità di grafico per le seguenti mostre: “Lo sport in Magna Grecia” a cura di Carmelo Malacrino direttore del MArRC (anno 2016), “NOMISMA. Reggio e le sue monete” a cura di Camelo Malacrino e Daniele Castrizio (anno 2016), “I riflessi della bellezza” a cura di Carmelo Malacrino e Roberta Schenal Pileggi (anno 2017), “Viaggi etnografici di fine ottocento” a cura di Carmelo Malacrino e Marta Tagliani (anno 2017), “Vero o Falso. Il valore dell’originale lo stile dell’imitazione” a cura di Carmelo Malacrino e Patrizia Marra (anno 2017), “Aromata. Profumi e unguenti nell’antichità” a cura di Carmelo Malacrino e Damiano Pisarra (anno 2017), “Zankle e Rhegion. Due città a controllo dello Stretto” a cura di Carmelo Malacrino e Gabriella Tigano (anno 2017), “Dioniso. L’ebbrezza di essere un Dio” a cura di Carmelo Malacrino e Federica Giacobello (anno 2017), “L’impronta dell’antico. Calchi moderni al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria” a cura di Carmelo Malacrino, Angela Quattrocchi e Antonella Maria Foti (anno 2018), “Tanino De Santis. Una vita per la Magna Grecia” a cura di Carmelo Malacrino, Daniela Costanzo e Maurizio Paoletti (anno 2018), “OIKOS. Abitare in Magna Grecia e Sicilia” a cura di Carmelo Malacrino e Maurizio Cannatà (anno 2018).

In occasione del FAMU 2016 e del FAMU 2017, ha collaborato con Carmelo Malacrino, Patrizia Marra, Cristina Versaci e Luisa Zito per la redazione, l’impaginazione e la grafica dei fascicoli didattici da distribuire durante l’evento negli spazi del MArRC.

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