Il Museo Egizio di Torino è rinato a nuova vita nel 2015, al termine di una profonda ristrutturazione che ha visto quasi raddoppiare la superficie espositiva.
Ebbi la fortuna di intervistare il direttore Christian Greco alla fine del 2014 a pochi mesi dal suo insediamento, quando i lavori per l’imminente apertura avanzavano ad un ritmo quasi insostenibile. Tra le tante cose che ci raccontammo quel giorno una in particolare mi colpì, nata a seguito di una domanda che feci con qualche timore e che invece scoprii essere ampiamente condivisa anche dal direttore del Museo Egizio.
Convenimmo sul fatto che la collezione ospitata in via Accademia delle Scienze fosse la più importante al di fuori dei confini egiziani, ma convenimmo anche sul fatto che il Museo Egizio fosse assai lontano dall’essere il secondo museo al mondo a tema egittologico! Somigliava piuttosto a una scatola delle meraviglie autoreferenziale, che non avvertiva neppure il bisogno di fare qualcosa che andasse verso la ricerca, la tutela e la valorizzazione della collezione che ospitava. Un luogo sempre uguale a se stesso in grado solo di stupire ma non di raccontare.
E’ con grande piacere che ho potuto osservare, spesso anche da molto vicino, il cambiamento di rotta che è stato impresso in questi anni dal direttore Greco, supportato dalla Fondazione Antichità Egizie, che sta ponendo sempre più il Museo Egizio di Torino come naturale polo di attrazione per l’Egittologia mondiale. Le promesse fatte in quel lontano 2015, che all’epoca sembravano più delle buone intenzioni, sono diventate una splendida realtà trasformando un vecchio contenitore passivo – se pur innegabilmente ricco di fascino – in un dinamico luogo di ricerca scientifica, che si traduce in un racconto sempre nuovo per i visitatori.
Di seguito il comunicato dell’Ufficio Stampa della Fondazione Museo Egizio di Torino e dell’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa, che annuncia a tutti noi un nuovo racconto che non mancherà di stupirci.
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Il profumo dei reperti racconta la storia dell’Antico Egitto
La chimica al servizio dei beni culturali per un’indagine mai svolta in un museo: il corredo funebre della Tomba di Kha e Merit al Museo Egizio “annusati” dai ricercatori dell’Università di Pisa.
In questi giorni la tomba di Kha e Merit del Museo Egizio è stata protagonista di un’indagine innovativa, mai eseguita prima d’ora in un museo: la ricerca del “profumo” di una serie di reperti di circa 3500 anni fa e appartenenti al corredo funerario rinvenuto integro nel 1906 che rappresenta uno dei principali tesori della collezione egittologica torinese.
Nel quadro di un progetto europeo di ricerca, un team di chimici dell’Università di Pisa, in collaborazione con gli archeologi e i curatori del Museo, ha analizzato in modo del tutto non invasivo, senza prelevare alcun campione, il contenuto di più di venti vasi. Ad essere “annusati” grazie a questa tecnologia sono i composti volatili rilasciati nell’aria in concentrazioni estremamente basse (ultratracce) dai residui organici presenti nei contenitori al fine di identificarne la natura.
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Delle provviste alimentari contenute in un piatto, per esempio, furono identificate come “verdura finemente triturata e impastata con un condimento” da Ernesto Schiaparelli, che scoprì la tomba intatta di Kha e Merit a Deir el-Medina. Ma finora nessuna analisi ha potuto confermare né smentire tale ipotesi, e una risposta potrebbe ora arrivare dalla spettrometria.
L’esame è stato eseguito con uno spettrometro di massa SIFT-MS (Selected Ion Flow Tube-Mass Spectrometry) trasportabile, un macchinario che solitamente viene impiegato in ambito medico per quantificare i metaboliti del respiro e che solo recentemente ha dimostrato la sua utilità anche nel campo dei beni culturali per eseguire indagini preservando l’integrità dei reperti.
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“Per svolgere l’esame sono stati necessari alcuni giorni; infatti nella prima fase abbiamo chiuso ampolle, vasi e anfore in sacchetti a tenuta stagna in modo da concentrare il più possibile le molecole nell’aria – spiega Francesca Modugno dell’Università di Pisa – i dati saranno registrati nell’arco di due giorni, ma risultati delle analisi saranno disponibili tra alcune settimane, considerata la difficoltà della loro interpretazione. Quello che ci aspettiamo di rilevare sono frazioni volatili di oli, resine o cere naturali”.
“Siamo orgogliosi di collaborare con i partner di questo progetto e di sperimentare nelle nostre sale l’utilizzo di una tecnica così sofisticata – sottolinea il Direttore del Museo Egizio Christian Greco -. La ricerca è il cuore delle nostre attività e sentiamo fortemente il dovere di sostenerla, pur garantendo l’integrità della straordinaria collezione che abbiamo l’onore di custodire”.
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L’indagine ha coinvolto il dottor Jacopo La Nasa e le professoresse Francesca Modugno, Erika Ribechini, Ilaria Degano e Maria Perla Colombini dell’Università di Pisa, il dottor Andrea Carretta della SRA Instruments e Federica Facchetti, Enrico Ferraris e Valentina Turina del Museo Egizio. L’iniziativa rientra nel progetto MOMUS – Spettrometria di Massa SIFT portatile e identificazione di Materiali Organici in ambiente Museale, realizzato con il sostegno della Regione Toscana e di SRA Instruments, cha inoltre ha messo a disposizione lo spettrometro di massa e la sua esperienza.
Ufficio stampa della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino
Ufficio stampa dell’Università di Pisa