Inaugurato il laboratorio per il restauro della seconda barca di Cheope

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La chiglia della seconda barca solare (ph. minuto30)

E’ stato inaugurato nei giorni scorsi ai piedi della Grande Piramide di Giza il nuovo laboratorio temporaneo realizzato per il restauro della seconda barca solare di Cheope, una delle cinque imbarcazioni in legno di cedro che il famoso sovrano che regnò in Egitto tra il 2589 e il 2566 a.C. – durante la IV dinastia – fece seppellire intorno alla sua piramide per il suo viaggio nell’aldilà 4600 anni fa. Il nuovo laboratorio, costruito a pochi metri dalla parete sud della Grande Piramide, durante la sua inaugurazione ha ricevuto il primo pezzo: si tratta della chiglia, una delle parti più importanti della struttura dello scafo. Il pezzo misura una lunghezza di 26 metri e per poter essere trasportato in tutta sicurezza dal luogo di sepoltura al laboratorio è stato accuratamente issato con delle pulegge. Si è deciso di collocare il laboratorio direttamente nei pressi della fossa navicolare per la fragilità di molte parti dell’imbarcazione; infatti la barca, purtroppo, versa in pessime condizioni ed è gravemente danneggiata per via dell’umidità infiltrata con il trascorrere dei millenni nella camera dove era stata sepolta.

Una delle lastre di calcare rimossa per riportare alla luce la seconda barca solare (Khalil Hamra, AP)

Dal momento del suo ritrovamento (avvenuto nel 1985) si è subito ritenuto che la seconda barca versasse in condizioni troppo critiche per poter essere riportata alla luce, per questo motivo  la fossa rimase da allora perfettamente sigillata nel timore che l’aria stessa o insetti, parassiti o muffe potessero danneggiare ulteriormente le assi di legno. Dopo accurate indagini, solo nel 2009 gli esperti hanno creduto possibile il suo restauro ed è nel 2012 che è iniziata la sua estrazione racchiudendo la fossa in una tensostruttura per mantenere costanti i valori climatici/ambientali ed impedire agli agenti esterni la contaminazione dei legni. Alcuni pezzi dell’imbarcazione, dopo i primi trattamenti di disinfestazione e consolidamento effettuati in loco e solo dopo aver abbassato il livello di umidità del legno al 55%, furono trasferiti ai laboratori del GEM, il Grand Egyptian Museum, per il definitivo trattamento conservativo. Proprio per le condizioni in cui versa la barca, anche il nuovo laboratorio è provvisto di un sofisticato sistema di aereazione in grado di ricreare all’interno dello stesso la temperatura e l’umidità presenti all’interno della fossa; inoltre il laboratorio è dotato di apparecchiature altamente avanzate ed innovative così da poter effettuare in situ tutti gli interventi conservativi che le restanti parti da estrarre (circa 600 pezzi) necessitano, evitando in tal modo che il legno si possa ulteriormente degradare. Le dimensioni di questa nuova struttura sono tali da poter contenere la barca una volta che sarà stata riassemblata in ogni sua parte con i suoi 45 metri di lunghezza. Il nuovo laboratorio ha avuto un costo di circa 55.000 dollari (circa 50.000 euro) completamente finanziato dalla  Waseda University (Giappone), mentre l’intero progetto di recupero e restauro è finanziato dalla Japan International Cooperation Agency e dall’Università Internazionale Higashi Nippon.

L’estrazione e il restauro dei circa 1264 pezzi in cui era stata smontata la barca solare dovrebbe impegnare gli archeologi e i restauratori fino al 2020; necessiteranno poi ulteriori cinque o sei anni per ricomporla e poterla ammirare in tutto il suo splendore al GEM. Anche questa imbarcazione, una volta esposta al pubblico, non si allontanerà quindi più di tanto dal suo luogo di sepoltura, infatti il GEM è il nuovissimo museo ancora in fase di costruzione situato proprio a ridosso della Piana di Giza; qui dovrebbe raggiungerla anche la prima barca solare rinvenuta nel 1954 ed ora conservata nel museo appositamente costruito per lei all’ombra della sua piramide. Il team che seguirà queste delicate operazioni  di restauro e conservazione è composto da restauratori egiziani e giapponesi (quasi in eguale numero), più un americano.

La prima imbarcazione scoperta nel 1954 ed ora conservata al Museo della Barca Solare (ph. Tiziana Giuliani)

Come accennato prima, questa è una delle cinque barche che sono state sepolte intorno alla Grande Piramide. La prima, scoperta sempre nel lato sud di quella che tra le sette meraviglie del mondo antico è l’unica sopravvissuta ai nostri giorni, è ora esposta nel Museo della Barca Solare, una struttura affiancata alla piramide appositamente creata per custodire l’imponente reperto a temperatura ed umidità controllata e progettata dall’architetto italiano Franco Minissi. Per il suo restauro e per ricomporre i suoi 1224 pezzi (pochi meno di questa seconda imbarcazione) ci sono voluti ben 13 anni. E’una delle imbarcazioni più antiche del mondo e senza dubbio la meglio conservata tra le imbarcazioni antiche giunte fino a noi. Completamente assemblata da travi in legno di cedro che si incastrano perfettamente tra loro e fissate da corde senza l’utilizzo di chiodi o staffe, sbalordisce per la sua funzionalità; di fatto è un’imbarcazione che se messa in acqua potrebbe realmente navigare, cosa che probabilmente avrebbe dovuto fare la “sorella”, l’imbarcazione ora sottoposta a restauro.

Elementi metallici ritrovati nella seconda barca solare (ph. Ahram Weekly)

Infatti, durante le fasi di recupero di una lunga trave di otto metri, sono stati individuati dei ganci metallici circolari e a forma di U che dovevano forse servire come supporti per i remi, evidenziando quindi per questa imbarcazione, contrariamente alla prima, l’utilizzo di elementi metallici e facendo ipotizzare a Yoshimura, il direttore del Khufu Solar Boat Restoration Project, che l’imbarcazione potesse essere stata realizzata per navigare veramente e non costruita solo a scopo funerario.

Molto probabilmente queste barche dovevano svolgere una funzione rituale, dovevano trasportare Khufu (il nome originale del sovrano, Cheope è la forma latinizzata del nome attribuitogli dai Greci) tra le stelle imperiture, dove, secondo gli antichi testi avrebbe brillato per l’eternità di luce propria insieme agli dei.

Per quanto riguarda le altre tre imbarcazioni: due sono state saccheggiate e della quinta non è stato ancora organizzato il recupero.

E’ curioso il fatto che queste imbarcazioni siano state tutte riposte nelle loro fosse scomposte in così tante parti; ancora oggi gli studiosi non riescono a dare una risposta certa al quesito “perché seppellirle a pezzi piuttosto che intere e già pronte per l’uso?”. Speriamo che in un futuro prossimo si possa svelare anche questo mistero. Per ora non ci resta che attendere e sperare che questa imbarcazione possa raccontarci qualcosa di nuovo.

Immagine scattata nel 1987 da una minuscola fotocamera della National Geographic mostra la barca nella sua fossa(ph. Claude E. Petrone, National Geographic)
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