In questi giorni si è parlato del sarcofago che si trova ancora all’interno della tomba di Tutankhamon e che fino a poco tempo fa custodiva ancora la mummia del giovane sovrano, ora in una teca nella prima sala. Il suo coperchio si trovava ancora nella posizione in cui l’aveva lasciato l’archeologo inglese Howard Carter quando aprì il sarcofago e il Ministero delle Antichità ha deciso di ricomporre il manufatto in pietra rimettendolo al suo posto. Alcuni anni fa Andrea Vitussi, Myra Bentivegna, Paolo Bondielli e Paolo Belloni hanno dedicato un libro alla KV62, la tomba di Tut, e tra le altre cose è stato descritto accuratamente proprio il sarcofago in oggetto a cura di Paolo Belloni.
Il sarcofago di quarzite
All’interno dei quattro sacrari dorati che occupavano quasi tutto lo spazio della camera funeraria, era contenuto un grande sarcofago di quarzite, dentro al quale erano deposte le tre bare antropomorfe. È un reperto straordinario che ha molte caratteristiche in comune con i sarcofagi della XVIII dinastia, ma presenta anche molte anomalie che hanno portato gli studiosi a dubitare che Tutankhamon ne fosse il proprietario originale. Il sarcofago è composto di un coperchio in granito e di una cassa in quarzite rossa dotata di uno zoccolo dipinto di nero. Ha una forma rettangolare di 1.33×2.75 m. per 1.49 m. di altezza ed è posto quasi al centro della camera, appoggiato su quattro basamenti di calcite, con la testa rivolta verso ovest, come mostra la figura seguente.
Dei nove oggetti che custodivano la mummia di Tutankhamon, il sarcofago è l’unico a non essere decorato in oro, ma fu decorato e inciso con iscrizioni geroglifiche sul coperchio e sui lati della cassa. I paragrafi seguenti analizzano queste decorazioni e iscrizioni, separatamente per il coperchio e per la cassa, evidenziando per quest’ultima le alterazioni ancora oggi visibili.
Il coperchio
Il coperchio come già detto, è stato realizzato con una lastra di granito rosso che successivamente fu dipinto per adattarlo alla cassa, realizzata in quarzite. Attualmente si trova nella Camera del Sarcofago, adagiato trasversalmente ai piedi della cassa e sostituito nella sua funzione di chiusura da una moderna lastra di vetro che protegge i resti del giovane uomo. Ci è impossibile stabilire con certezza i motivi per cui i due componenti del sarcofago siano stati realizzati con materiali così diversi tra loro; comunque siano andate le cose, possiamo pensare che anche in questo caso la fretta abbia costretto gli uomini che allestivano l’ultima dimora del giovane re, ad una scelta di ripiego.
La lastra di granito risulta per altro essere spezzata trasversalmente in due parti e si notano chiaramente almeno due tentativi di riparazione dei quali il primo, con giunto a coda di rondine presente nella faccia interna, fu abbandonato per procedere ad una stuccatura effettuata dopo la sua posa in opera, che fu poi colorata insieme al resto della lastra per dare più omogeneità al coperchio e quindi all’intero sarcofago. Anche in questo caso i motivi che possono aver determinato la rottura della lastra sono impossibili da determinare. Alfred Lucas, membro dell’equipe di Carter, propose una motivazione plausibile mettendo in relazione la rottura della lastra con le operazioni che costrinsero gli antichi operai a limare il piede della bara più esterna, che sbordando dalla cassa ne impediva di fatto la perfetta chiusura.
Il coperchio ha la stessa forma di un naos egiziano, in leggera pendenza nel suo lato più lungo ed è di grande interesse la presenza nella sua parte frontale, la più alta, della stessa decorazione tipica dei tabernacoli egizi, il disco solare alato. Questa iconografia era stata abbandonata nel periodo amarniano, ed è quindi lecito ipotizzare un ritorno alle tradizioni, sottolineato dall’estrema importanza che il sarcofago e le sue decorazioni cultuali avevano nei complessi riti funebri. Il coperchio non mostra segni di alterazione né sui testi che vi sono stati incisi, né per quanto riguarda le sue dimensioni; invece alterazioni che lasciano sottendere un cambio di destinazione del sarcofago – come vedremo più avanti – sono presenti nella cassa in quarzite. Anche questo fatto potrebbe essere alla base della diversità di materiali tra i due componenti del sarcofago: le incisioni del coperchio originale in quarzite possono essere sembrate agli artisti del tempo troppo complesse da modificare, oppure il coperchio potrebbe essersi irrimediabilmente rotto durante queste delicate operazioni di modifica, prontamente sostituito dalla lastra in granito.
Tre iscrizioni geroglifiche sono disposte in colonne sulla superficie del coperchio e riportano le invocazioni di tre divinità, Behedety, Anubi e Thot. Carter annotò queste iscrizioni nei suoi manoscritti, ma inspiegabilmente si limitò a quelle della metà al di sopra della rottura trasversale. Questi geroglifici sono di qualità meno raffinata rispetto a quelli incisi sulla cassa, probabilmente anche per la diversa natura delle pietre di cui sono costituiti i due blocchi.
L’iscrizione sulla parte sinistra recita: “Parole dette da Behedety, il dio perfetto, signore del cielo, che esiste come grande dio primordiale sopra di te: Le mie braccia sono attorno al tuo cadavere con ogni vita, potere, protezione e stabilità che ti circondano, Osiri sovrano Nebkheperura. La tua giustificazione è con il tuo ka, Osiri Tutankhamon, sovrano di Eliopoli Meridionale, giusto di voce”. Il nome della divinità che pronuncia queste parole, Behedety, è un epiteto del dio Horo derivato dal nome della divinità locale di Behedet, una città del Delta. L’invocazione di Behedety è un fatto unico poiché non se ne conoscono altre sui sarcofagi reali della XVIII dinastia. Altrettanto unica è la mancanza di un’invocazione della dea Nut; fatta eccezione per il geroglifico del cielo – simbolo della dea – inciso in rilievo sopra il disco alato, in nessun testo del coperchio e della cassa viene citata Nut, contrariamente a quanto accade per tutti i sarcofagi reali della XVIII dinastia, ad eccezione di quelli del periodo amarniano.
L’iscrizione centrale recita: “Parole dette da Anubi: Che esista l’Osiri sovrano Nebkheperura tra tutti gli dei della Duat, entrando e uscendo come un Ba vivente per vedere Ra, quando egli sorge e tramonta in cielo e sulla terra ogni giorno, figlio di Ra Tutankhamon, sovrano di Eliopoli Meridionale, giusto di voce presso il grande dio signore della terra sacra”.
L’iscrizione sul lato destro recita: “Parole dette da Thot, signore dell’Ogdoade: possa Ra vivere e la tartaruga morire. Colui che si preserva è colui che è nel sarcofago, è preservato l’Osiri sovrano Nebkheperura, giusto di voce presso gli dei signori della terra sacra, ed essi danno a te respiro, acqua fresca e incenso ogni giorno”.
La cassa
La cassa del sarcofago fu ricavata da un unico blocco di quarzite di colore rosso intenso. Proprio il colore della pietra differenzia la cassa di Tutankhamon da quelle degli altri sarcofagi reali della XVIII dinastia antecedenti ad Amenhotep III, per i quali fu usata la quarzite gialla più comune sulla quale veniva poi applicato un colorante rosso. La caratteristica più importante della cassa è la presenza della modanatura a cavetto , che nei sarcofagi precedenti a quello di Tutankhamon era parte integrante del coperchio.
Sugli angoli furono scolpite quattro divinità, Iside, Nephti, Selqet e Neith, la cui disposizione è indicata nella figura precedente. La presenza di queste quattro figure femminili sembra una caratteristica riservata esclusivamente ai sarcofagi dei sovrani. Le dee hanno le braccia alate aperte orizzontalmente alla spalla, come per dare al sovrano un eterno abbraccio protettivo. Le immagini delle dee sono tutte uguali, abbigliate con lo stesso copricapo, una veste trasparente, un ampio collare di perle, bracciali, braccialetti e cavigliere. Esse sono riconoscibili dal segno geroglifico del proprio nome che portano in testa, e dalle iscrizioni incise sul fregio sotto il bordo superiore della cassa. Tutte le quattro figure hanno lo sguardo rivolto verso la testa della cassa, contrariamente a quanto accade su due sarcofagi simili, quelli di Ay e di Horemheb, dove le dee guardano verso il punto centrale del lato lungo. Oltre a ciò, questa disposizione fa sì che tutte le dee ad eccezione di Neith abbiano lo sguardo rivolto verso il punto cardinale cui sono magicamente associate nel culto funerario, Iside a sud, Nephti a nord e Selqet a ovest. Neith è l’unica che non guarda nella direzione che le è attribuita, cioè l’oriente, il mondo dei vivi, un mondo al quale Tutankhamon non appartiene più.
Ma proprio in queste quattro figure femminili s’incontrano le prime anomalie e le prove dello stato incompiuto della cassa. L’accuratezza dei particolari varia da figura a figura, essendo Nephti la più completa e Selqet la meno rifinita. Queste differenze si riscontrano soprattutto nell’abbigliamento e nei gioielli, i cui contorni e particolari sono scolpiti e dipinti per Nephti mentre sono semplicemente dipinti per Selqet, che è anche l’unica figura cui non è stato inciso l’ombelico. Le ali sono realizzate in bassorilievo, in forte contrasto con la scultura in altorilievo delle braccia, e anche la loro sovrapposizione è anomala sui lati corti; in questi due punti, infatti, a rigore di logica l’ala che si sovrappone dovrebbe coprire il braccio dell’altra dea, mentre è il braccio che copre l’ala sovrapposta. La spiegazione è una sola: le ali non sono originali, ma furono aggiunte in un secondo tempo, e per far ciò furono cancellate tutte le iscrizioni incise sui lati, delle quali restano ancora flebili tracce, e che erano sicuramente molte di più di quelle che si vedono oggi. Anche l’incisione del piumaggio delle ali non è uniforme su tutta la cassa, poiché sul lato corto di Selqet e Neith, la parte interna dell’ala è rimasta incompiuta.
L’aggiunta delle ali, con la conseguente cancellazione e reincisione delle iscrizioni, è uno dei motivi che hanno indotto gli studiosi a pensare che in origine il sarcofago fosse stato preparato per qualcun altro, o che addirittura fosse appartenuto ad un altro sovrano per poi essere usurpato da Tutankhamon. Fra le varie ipotesi formulate, si pensa che la cassa potrebbe essere stata preparata all’inizio del regno del giovane re, quando ancora si chiamava Tutankhaton, e che sarebbe stata alterata in seguito al cambiamento del nome in Tutankhamon; in questo caso, però, sarebbe stato sufficiente rieseguire solamente i cartigli, e non tutte le iscrizioni, a meno che in esse fossero ancora presenti espliciti riferimenti all’Aton e alla religione amarniana. La maggior parte delle ipotesi indicano come proprietario originale del sarcofago l’immediato predecessore di Tutankhamon, Smenkhara, poiché nella KV62 furono trovati alcuni oggetti appartenenti a questo sovrano. Tali oggetti, insieme al sarcofago di pietra, non sono stati ritrovati fra il corredo funebre rinvenuto nella KV55, un ipogeo di cui ancora non si conosce il proprietario ufficiale, ma che potrebbe aver contenuto le spoglie di Smenkhara. Se così fosse, la riesecuzione delle decorazioni e delle iscrizioni sarebbe servita a cancellare le tracce del proprietario precedente e dello stile amarniano che fu probabilmente usato per realizzare il sarcofago e che è ancora possibile intravedere nelle teste di Selqet e Nephti, leggermente più grandi rispetto a quella di Iside, che è invece stata scolpita secondo il canone e le proporzioni tradizionali.
Sui lati lunghi della cassa sono incise anche le invocazioni dei quattro Figli di Horo, senza le raffigurazioni delle divinità, ma la loro disposizione è anomala poiché l’invocazione di Duamutef è associata a Nephti e quella di Hapi a Neith, mentre le associazioni tradizionali sono invertite.
Un’ultima considerazione sullo stato incompiuto della cassa riguarda il fregio di nodi tjt e di pilastri djed inciso in bassorilievo nella parte inferiore di ogni lato. I dettagli dei simboli incisi sul lato rivolto ad ovest sono molto accurati, mentre sul lato lungo nell’estremità vicino a Selqet il motivo decorativo è appena accennato.
Il lato rivolto ad est, custodito da Selqet e da Neith, a differenza degli altri tre ha la superficie priva di iscrizioni. Ne è stata realizzata solamente una sul fregio, e queste sono le parole che si leggono: “Che tu possa vivere, che tu sia protetto, Osiri Nebkheperura, giusto di voce davanti al grande dio. Osiri, figlio di Ra, Tutankhamon, sovrano di Eliopoli Meridionale, che egli esista presso il grande dio signore della terra sacra”.
Il lato rivolto a nord è custodito da Neith e da Iside. Nella metà sinistra protetta da Neith, il fregio riporta le parole pronunciate dalla dea: “Parole dette da Neith: Possano cingerti le mie braccia nella mia protezione che è su di te, e non sarà fatto del male al tuo corpo, Osiri Nebkheperura, giusto di voce grazie all’azione di coloro che risiedono nel Duat, che segui Ra ogni giorno”. Sotto il braccio alato della dea scendono due colonne di geroglifici con le parole pronunciate da Anubi e da Hapi, uno dei quattro figli di Horo. L’iscrizione di Anubi dice: “Parole dette da Anubi: Figlio amato, Tutankhamon, sovrano di Eliopoli Meridionale, che egli sia (come) un grande dio”. L’iscrizione di Hapi recita: “Parole dette da Hapy: Che tu possa realizzare tutte le trasformazioni che desideri, signore delle Due Terre, Nebkheperura”.
Nella metà destra protetta da Iside, sul fregio si legge l’invocazione della dea: “Parole dette da Iside: Tu sei mio figlio Horus, il mio amato. Che tu esista come dio vivente, sarai contato tra l’Enneade, figlio di Ra, Tutankhamon, giusto di voce davanti al grande dio, signore dell’Occidente”. Le due colonne di geroglifici sotto il braccio alato di Iside riportano le parole di Osiri e Imseti. L’iscrizione di Osiri dice: “Parole dette da Osiri: Tu vedrai Ra, re Neb-kheperu-ra, giusto di voce”. L’iscrizione di Imseti recita: “Parole dette da Imseti: possa tu accompagnare Ra come ba vivente, Tutankhamon, sovrano di Eliopoli meridionale, giusto di voce”.
Iside e Nephti sono rivolte l’una di fronte all’altra e proteggono il lato rivolto ad ovest. Il fregio dalla parte di Iside riporta l’invocazione del dio Thot: “Parole dette da Thot, signore dell’Ogdoade: Che tu possa vivere per l’eternità nella necropoli, Osiri sovrano, signore delle corone, Tutankhamon, sovrano di Eliopoli meridionale, giusto di voce. Così hanno detto tutti gli dei, come Ra ogni giorno”. Dalla parte di Nephti, invece, sul fregio sono incise le parole del dio Geb: “Parole dette da Geb, principe degli dei: Che esista l’Osiri, sovrano, signore delle Due Terre Nebkheperura, alla presenza di Un-Nefer, come Ra per sempre, come Ra per sempre”. Sul lato, lo spazio vuoto intorno alle ali delle dee è stato riempito con due invocazioni, a sinistra quella di Iside e a destra quella di Nephti, che dicono: “Parole dette da Iside: Le mie braccia su di te, in tua protezione, (perché) io possa alleviare il tuo dolore, che tu sia sollevato, che io possa ristabilire per te la tua testa, come Ra, il cuore per te nel tuo corpo per l’eternità, Osiri sovrano Nebkheperura, giusto di voce, non sarai stanco, non si affaticheranno queste tue membra”. E ancora: “Parole dette da Nefti: Sono venuta per servire mio fratello Osiri, figlio di Ra, Tutankhamon, signore di Eliopoli Meridionale, giusto di voce, che tu esista come ba vivente, assumendo ogni forma che desideri. Non sia separato il tuo ba dal tuo cadavere. Segui Ra nella Barca dei milioni (di anni); sii soddisfatto con lui nell’orizzonte occidentale”.
Il lato rivolto a sud è protetto da Nephti e da Selqet. L’iscrizione incisa sul fregio dalla parte di Nephti stranamente comincia con un’invocazione generica e non con la classica formula “Parole dette da …”, come ci si aspetterebbe per analogia con le altre iscrizioni del fregio. Si legge: “Che il tuo ba sia vivente, che respiri il vento del nord. (siano) giovani le tue membra come Ra, sia tu sollevato sopra la tua parte sinistra, possa tu metterti sulla tua parte destra (sull’occidente nel tuo braccio), Osiri, sovrano Nebkheperura giusto di voce presso Osiri, dio grande, signore dell’eternità”. Sotto l’ala della dea ci sono le iscrizioni con le parole di Osiri e Duamutef che dicono: “Parole dette da Osiri: Io sono tuo padre che ti ha amato, re Neb-kheperu-ra”. E poi: “Parole dette da Duamutef: Il tuo nome durerà per sempre, Tutankhamon, sovrano di Eliopoli meridionale”.
L’altra metà del lato riporta nel fregio le parole di Selqet: “Parole dette da Selqet: Le mie braccia abbracciano colui che è là, possa io dispiegare protezione sul figlio di Ra Tutankhamon, signore di Eliopoli Meridionale, egli non morirà una seconda volta nella necropoli, che egli esista come grande dio presso gli dei della Duat”. Il braccio alato di Selqet protegge le invocazioni di Geb e di Qebehsenuef. Geb dice: “Parole dette da Geb: Tu sei (come) un ba vivente con gli dei, Tutankhamon, sovrano di Eliopoli Meridionale, giusto di voce”. Mentre Qebehsenuef recita: “Io ti ho dato il respiro per le tue narici, sovrano Nebkheperura”.