Nella Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo a Firenze, capolavoro del grande Michelangelo, è possibile ammirare una scultura femminile del geniale maestro rappresentate la Notte. Si tratta di una delle quattro allegorie delle Parti della Giornata che decora il sarcofago della tomba di Giuliano de’ Medici duca di Nemours che l’artista realizzò tra il 1520 e il 1534. Oggi è oggetto delle nostre attenzioni in quanto sono diverse le curiosità ad essa legate.
Nel rappresentare la Notte, una donna semidistesa e nuda, Michelangelo fu probabilmente influenzato dalle antiche raffigurazioni di Leda o di Arianna dormiente: la posizione sdraiata con la gamba sinistra flessa e la testa reclinata ricordano molto Leda e il cigno.
Le sue grazie furono ispiratrici di sonetti e poemi, furono identificate come simbolo di “Ideale” e godettero di una straordinaria fama grazie a una nota quartina di elogio scritta da Giovanni di Carlo Strozzi con la quale l’uomo invitava la statua a svegliarsi per farsi vedere animata:
La Notte che tu vedi in sì dolci atti
dormire, fu da un Angelo scolpita
in questo sasso e, perché dorme, ha vita:
destala, se nol credi, e parleratti.
Lo stesso Michelangelo rispose per le rime a quei versi intitolandoli “Risposta del Buonarroto”, con parole fatte “pronunciare” alla statua stessa e con le quali spiegava come il sonno, alla luce dei disordini che dilagavano a Firenze con il governo di Cosimo I de’ Medici, fosse il motivo per cui la Notte esternava serenità mentre l’inquietudine tormentava tutte le altre sculture:
Caro m’è ‘l sonno, e più l’esser di sasso,
mentre che ‘l danno e la vergogna dura;
non veder, non sentir m’è gran ventura;
però non mi destar, deh, parla basso.
Queste stesse grazie fanno ancor oggi parlar di loro, ma sotto un’altra luce. In questo ultimo ventennio l’opera ha animato anche gli animi di studiosi in medicina e gli storici dell’arte nostri contemporanei, in quanto vent’anni orsono fu ipotizzato che la donna mostrasse evidenti segni di tumore al seno sinistro: la rientranza, il gonfiore del capezzolo e il bozzo erano dei veri indizi della patologia, un’anamnesi evidente e accettata dalla comunità scientifica medica, ma ignorata da quella storico-artistica, fin quando nel 2020 il professor Jonathan Nelson, insegnante di storia dell’arte presso la Syracuse University di Firenze, in apertura del volume “Representing Infirmity. Diseased Bodies in Renaissance Italy”, ha cercato di fare luce proprio su questa discussione con un suo nuovo contributo. Già nel 2000 lo storico dell’arte si era confrontato con l’oncologo James Stark e, scrivendo assieme una lettera al Direttore del New England Journal of Medicine, segnalarono alla comunità scientifica la presenza di un tumore in quel seno, una notizia che suscitò immediatamente un notevole interesse tra i media italiani e stranieri. In seguito molti esperti intervennero sulla questione fin quando non vennero accolte unanimemente le intuizioni dei due professori. Con la seconda pubblicazione Nelson argomentò da storico dell’arte del Rinascimento italiano i motivi che indussero Michelangelo ad attribuire alla Notte i segni del cancro: un seno malato che non era stato scolpito per errore, ma rispondeva a una precisa volontà dell’artista. Secondo Nelson “non si trattava certo di un errore, poiché Michelangelo sapeva bene cos’era il seno di una donna così come sapeva che non esisteva un altro seno così, cioè non era visibile in nessuna opera d’arte né antica né moderna”. E come già sostenuto da Ascanio Condivi, biografo di Michelangelo, “la scultura doveva significare che il tempo consuma tutto” e proprio per questo “Michelangelo aveva deciso di utilizzare i segni evidenti di una malattia che logora e lentamente irrompe nel corpo”. Inoltre, il segnale del cancro che Michelangelo aveva voluto scolpire era collegato allo stato malinconico della figura (precedentemente descritto da Vasari) che all’epoca veniva ritenuto predisponente al tumore “perché la malinconia crea un blocco dannoso che conduce al cancro. E per rappresentare lo stato malinconico della Notte aveva deciso che la figura femminile guardasse verso il basso e poggiasse la testa su un braccio. Anche perché quel luogo era una cappella con delle tombe, uno spazio malinconico per sua natura”.
Rimane il dubbio se per scolpire il capolavoro Michelangelo si fosse servito di una modella, ma Nelson ha notevoli dubbi in merito: “L’artista conosceva bene l’anatomia umana, anche quella femminile, come qualsiasi artista. Non solo: come Leonardo da Vinci, anche Michelangelo fece dissezioni umane, ma forse vide il cancro al seno in persone vive. Quindi per conto mio non aveva bisogno di alcuna modella”.
Sono molte, comunque, le sculture e i dipinti del passato dove i vari personaggi presentano patologie, esiste una vera e propria disciplina che indaga tra le opere d’arte del passato alla ricerca di eventuali segni di malattie nei soggetti raffigurati; la Notte di Michelangelo è solo uno degli esempi di iconodiagnostica.