Ad ovest della città di Napoli e precisamente nel Golfo dei Campi Flegrei l’intraprendente e ricco ingegnere Caio Sergio Orata, si innamora di una affascinante località, Baiae. Siamo intorno all’anno 100 a.C., i contadini del posto ben conoscevano i benefici termali che offriva quel luogo di natura vulcanica ed Orata non esitò a sfruttare al meglio quella ricchezza. Preso dall’euforia iniziò ad acquistare i luoghi più belli, ampliando i vecchi e costruendo nuove ville lussuose ed un fruttuoso allevamento di Ostriche nel lago di Lucrino. Inizia il periodo d’oro di Baiae.
Illustri potenti decisero di costruire qui le loro splendide ville ed inizia così una irrefrenabile gara del bello. Tra i boschi di mirto e le acque termali non si badava a spese. Una dimostranza del loro status sociale che attirò anche la presenza di alcuni imperatori come Giulio Cesare, Nerone ed Adriano. Quest’ultimo morì in una delle ville, oggi conosciuta come Villa dei Pisoni, nel 138 d.C.
Ad impreziosire ancor di più queste dimore ci pensò Orata che previde la realizzazione di luoghi termali pubblici e privati. Non sempre era possibile sfruttare le sorgenti naturali ed intervenne quindi con l’artificiale, rendendo suo il sistema delle suspensurae, dove una camera d’aria lasciata sotto i pavimenti, consentiva ai vapori vulcanici di circolare liberamente e riscaldare così gli ambienti sovrastanti
Nell’istante in cui tutte le residenze private passarono sotto proprietà del Demanio Imperiale, avvennero ancor più sontuose trasformazioni architettoniche che resero Baiae un vero e proprio esempio di stile. Statue, giardini pensili, giochi d’acqua e mosaici impreziosirono quelle dimore. Viali alberati e portici, collegavano gran parte delle ville fino a rendere l’intera località come un’unica villa marittima. Iniziano le fiabesche costruzioni anche a mare. Orazio disse “hanno gettato così tanti moli a mare da farvi star stretti anche i poveri pesci”. Ormai Baiae era diventata meta ardita da potenti romani che si deliziavano in quella terra divenuta con il tempo anche un luogo peccaminoso. Adulteri e amori illeciti si consumavano in quei campi ardenti.
Questa continua evoluzione si arresta con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Con le invasioni barbariche e l’affermazione della cultura cristiana, inizia l’abbandono delle maestose terme romane a causa della sua disapprovazione verso la promiscuità e la nudità.
La costa inizia a svuotarsi sino a sprofondare in un totale silenzio, causato anche da un indocile abbassamento del suolo causato dal fenomeno vulcanico del bradisismo. Il mare si prende tutto. Tutto l’emerso diventa sommerso.
La ricca Baiae, resta custodita nel silenzio marino per decenni. Reperti, accompagnati dalla risacca sulla riva, venivano spesso ignorati o recuperati per abbellire private ma più recenti dimore. Intanto, le attività vulcaniche dei Campi Flegrei continuavano a modificare l’aspetto di quella terra. Il giorno 28 settembre del 1538, alle ore 12:00, il mare si ritira di circa 370mt. Si forma un rigonfiamento del terreno che cederà il posto ad una immensa voragine. Inizia l’eruzione. Fuoco, fumo, pietre e cenere fangosa distruggono completamente il villaggio dei pescatori “tripergole”, lì localizzato. In pochi giorni nasce il monte nuovo, alto 133 m s.l.m. Ancora una volta quel punto della costa si spopola ma…qualcosa è successo in mare.
Il sommerso riemerge. L’antica Baiae inizia a mostrarsi nei suoi pochi metri d’acqua. Priva ormai dei suoi lussureggianti decori ma avvolta da un incredibile fascino.
La gente del posto, con il trascorrere degli anni, sapeva bene che in quel tratto di costa c’erano palazzi sprofondati, strade, mosaici e marmi che poco riuscivano a raccontare. Eccezionalmente si rinvenivano elementi che iniziarono a raccontare di Baiae, come ad esempio il medaglione marmoreo raffigurante il busto di Eschine, rinvenuto nel 1756 e di cui, purtroppo, non si hanno testimonianze fotografiche.
L’uomo, ignaro e curioso, inizia a distruggere pur di prelevare e sarà l’anno 1956 a segnare la svolta definitiva della città sommersa di Baia.
L’aviatore americano, Raimondo Bucher, in servizio presso la base di Capodichino a Napoli, durante uno dei suoi voli di addestramento e sorvolando lo specchio d’acqua antistante il Monte nuovo, notò delle strutture sommerse incredibilmente simmetriche. Grande appassionato di archeologia e fotografia aerea, scattò una foto che diventerà l’immagine emblema della Baia sommersa. Bucher diede voce a Portus Iulius. Le strade e le ville di Baia stavano per riappropriarsi della loro importanza. Il mondo scientifico inizia ad immergersi.
Durante il Congresso Internazionale di Archeologia Sottomarina, tenutosi ad Albenga nel 1958, l’illustre archeologo Amedeo Maiuri dichiarò: “dobbiamo porre Baia tra le principali mete dell’archeologia marittima mediterranea”.
Tra il 1959 ed il 1960, con la collaborazione di Nino Lamboglia, diede inizio ad una serie di ricerche, con lo scopo di effettuare un rilevamento topografico, avvalendosi dell’ausilio e supporto tecnico della ex dragamine Daino, donata dalla Marina Militare. Per una serie di ingiustificate problematiche i lavori avviati dal Lamboglia, però, non ebbero seguito. Solo dopo 9 anni, nel 1969, grazie ad una mareggiata, Baia torna a far parlare di sé e questa volta con l’aiuto delle statue di Ulisse e del suo fedele compagno Baio (qualcuno attribuisce a quest’ultimo l’origine del nome Baia). Pescatori del posto individuano due figure di marmo rappresentanti i due personaggi epici. Lo storico non poteva più concedersi battute di arresto. Le statue andavano recuperate.
Nel 1980 la Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, con la collaborazione di alcuni enti italiani e la fondazione Thyssen, avvia il primo scavo subacqueo effettuato direttamente da archeologi che portarono alla luce lo straordinario Ninfeo dell’imperatore Claudio e del suo affascinante complesso scultoreo.
Intanto l’opera dei rilievi del Lamboglia aveva diritto a proseguire e con l’ausilio di nuove tecnologie e studiosi del posto, quali, Gennaro Di Fraia, Eduardo Scognamiglio e Nicolai Lombardi restituiscono la nota carta archeologica di Baia sommersa, con il posizionamento degli edifici emergenti dal fondale.
Nel 1998 la Soprintendenza prende in consegna l’inestimabile specchio d’acqua di 178 ettari e nel 2002 viene istituito il Parco Archeologico Sommerso di Baia rendendo quella zona area marina protetta.
Attualmente, i siti sommersi visitabili sono 6. Il Ninfeo di Claudio, Villa a Protiro, Villa dei Pisoni, Terme del Lacus, Fumose e Porto Giulio. Appartenendo ad un’area marina protetta, possono essere visitati grazie alla collaborazione ed autorizzazione concessa ai diving del posto e, l’antica Baiae, è riuscita ad affascinare visitatori di tutto il mondo che incuriositi ed in rigoroso silenzio lasciano che quei reperti sussurrino la loro storia.
Lo stesso mare che ancor tutela Baia, ci rende periodicamente nuovi indizi. Recenti mosaici hanno ampliato i luoghi visitabili ed altri rinvenimenti son pronti per essere restaurati e studiati.
“Nullus in orbe sinus Baiis praelucet amoenis”. Orazio affermava che “nulla al mondo splende più dell’ameno golfo di Baia” ed oggi continua a farlo nel silenzio dei suoi fondali. L’intento del Maiuri, manifestato nel 1958, oggi, è stato decisamente realizzato.
L’antica Baiae ancor ci parla.