La recentissima nomina di sei nuovi direttori autonomi di Musei e Parchi Archeologici è stata occasione per annunciare alcune novità relative al territorio del Molise. Enrico Rinaldi, professore a contratto presso la Scuola Superiore Meridionale dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, archeologo specializzato in restauro di monumenti, è stato nominato nuovo Direttore autonomo del futuro Parco Archeologico di Sepino. Egli si è occupato di progetti di restauro programmato nei siti di Ostia e Pompei, e adesso si occuperà della direzione del Parco Archeologico di Sepino, che comprenderà l’omonima area archeologica e il museo della città e del territorio.

1. Vista satellitare del sito archeologico di Saepinum, da GoogleEarth.

 

Il sito archeologico di Sepino sorge sulla piana di Bojano, un’area di importanza economica strategica essendo al centro di uno snodo stradale che collegava, tra il IV e il III sec. a. C., il Sannio Pentro con la Valle Peligna (Abruzzo) e l’Irpinia (zona di Avellino), e avendo sbocchi commerciali non solo sulla Campania ma anche sulla Daunia e, da qui, sull’Egeo. Della seconda metà del IV sec. a.C. sono una serie di insediamenti fortificati sparsi sul territorio, dei quali le indagini archeologiche hanno fornito, per ora, solo le strutture perimetrali esterne. Dopo la Prima Guerra Sannitica (343-341 a.C.), venne realizzata una rete fortificata sulla cima delle montagne a controllo del Sannio. La fortificazione di Terravecchia, sulla montagna di Sepino, fu uno degli ultimi baluardi sannitici a tenere il controllo della piana fino alla sconfitta romana del 293 a.C.

La popolazione rimasta si spostò nella valle del Tammaro e successivamente si alleò contro i Romani all’arrivo di Pirro, e durante le Guerre Puniche approfittando del passaggio di Annibale. Finito il conflitto, i Romani vollero a tutti i costi smembrare il Sannio, confiscando territori, fondando colonie latine e isolando diverse tribù. La subalternità delle popolazioni sannitiche nei confronti dei privilegi posseduti dai cittadini romani portò ad un ulteriore conflitto che si risolse con la status di cittadini romani inizialmente concesso a tutti coloro che non si erano armati contro Roma.

La riorganizzazione territoriale di Saepinum, il cui nome deriva da saepire (recintare) per la sua attività transumante, non riguardò solo aspetti economici, come l’agricoltura specializzata o la transumanza su vasta scala, ma anche un assetto urbano urbano a cardi e decumani che continuerà ad ampliarsi fino a raggiungere l’apice in età augustea. Gli scavi di Saepinum hanno restituito quattro porte di accesso alla città, di cui tre ancora con archi e un foro a pianta rettangolare, la cui pavimentazione a lastroni è ancora visibile. Il foro era circondato da edifici pubblici, tra cui la curia, il capitolium e la basilica. L’insediamento romano possedeva un macellum (area destinata al mercato) e tre terme, oltre al teatro, che poteva ospitare ca. 3000 spettatori, e del quale ancora oggi sono visibili sia la scena che la platea.

2. Saepinum, pianta del sito, da romanoimpero.com
https://www.romanoimpero.com/2010/07/saepinum-sepino-molise.html?m=1

La presenza di famiglie influenti, portò Saepinum a diventare parte della tribù Voltinia, una delle trentacinque circoscrizioni di cui si serviva Roma per i tributi, le elezioni e la leva. Tuttavia, l’accentramento di ricchezza in mani di pochi, porta la città a peggiorare le sue condizioni economiche tra la fine del I e l’inizio del II sec. d.C., tanto che lo stesso imperatore interverrà nella questione economica. Saepinum continuò a vivere un discreto periodo, anche di rinnovamento edilizio, fino alla fine del IV sec. a.C. La sua popolazione continuò a sopravvivere grazie alla pastorizia, fino ad avere una battuta di arresto durante la guerra greco-gotica (535-553 d.C.) che portò, tra le conseguenza, un calo demografico.

Diventata capoluogo della provincia del Sannio nella seconda metà del IV secolo, Saepinum diventa sede vescovile all’inizio del VI secolo divenendo poi parte del Ducato longobardo di Benevento. Proprio la guerra tra l’imperatore Costante II e i Longobardi causò alla devastazione del territorio nella seconda metà del VII secolo, facendo perdere a Saepinum la sua importanza. A seguito delle dominazioni di Bulgari, Saraceni e Normanni, nel IX/X secolo la popolazione si spostò nell’attuale centro di Sepino, allora chiamato Castellum Sepini, mentre la valle del Tammaro con l’antico insediamento si trasformò in un’area paludosa, in quella che oggi corrisponde a località Altilia.

GALLERY:

Saepinum, basilica forense, foto di Pietro Valocchi
https://web.archive.org/web/20161014180956/http://www.panoramio.com/photo/30569986
Saepinum, il decumano, da romanoimpero.com
https://www.romanoimpero.com/2010/07/saepinum-sepino-molise.html?m=1
Saepinum, resti delle terme presso Porta Bojano, da romanoimpero.com
https://www.romanoimpero.com/2010/07/saepinum-sepino-molise.html?m=1
Saepinum, Porta Bojano, da romanoimpero.com
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Saepinum, Porta Bojano, particolare della chiave di volta con l’iscrizione che commemora il finanziamento della costruzione delle porte e della cinta muraria da parte di Druso e Tiberio, figli adottivi di Augusto, da romanoimpero.com
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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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