Tra tutti i testi oggi consultabili online, uno dei più interessanti è “De arte venandi cum avibus”, “Sull’arte di cacciare con gli uccelli”. Quest’opera di Federico II di Svevia sull’arte venatoria, è tuttora uno degli scritti più importanti riguardo la falconeria, una pratica che affonda le sue radici nella nostra storia attraverso ogni continente.

Il testo, ad oggi conservato alla Biblioteca Vaticana (codice Pal. Lat. 1071),  è una copia redatta dal figlio Manfredi dopo il 1258, fedelmente al pensiero dell’autore originario. Purtroppo l’originale di questo documento è infatti andato perso durante la disfatta di Parma del 1248.

Federico II e il suo falcone, tratto da: De Arte Venandi Com Avibus.
Credtits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Frederick_II_and_eagle.jpg

Si tratta dei primi due testi di un codice più esteso, composto da 6 libri e rimasto incompiuto, noto per le splendide illustrazioni e miniature che lo ornano.
L’intera raccolta è un esauriente manuale, il cui contenuto spazia dalla classificazione degli uccelli a tutte le nozioni necessarie alla conoscenza della falconeria, fino ad approfondimenti specifici riguardo le tecniche di caccia con una singola specie di rapace per predare un particolare uccello.

I primi due libri, totalmente digitalizzati e consultabili online al seguente indirizzo https://digi.vatlib.it/view/MSS_Pal.lat.1071 sono ad ogni modo la porzione che tratta in modo più eclettico l’argomento.
Il primo contiene l’attenta classificazione di uccelli acquatici, terrestri e intermedi, rapaci e non rapaci ed è comprensivo di dati riguardanti migrazioni, caratteristiche biologiche, morfologiche e comportamentali di ogni singola specie.

Dettaglio di due falconieri, tratto da De arte venandi cum avibus.
Credits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Falconry_Book_of_Frederick_II_1240s_detail_falconers.jpg

Il secondo è invece incentrato sulle tecniche della falconeria e descrive con cura le attrezzature necessarie, le modalità di cattura dei falchi, le tecniche di addestramento e le strategie di caccia.
Queste prime due parti del documento comprendono 111 fogli in pergamena e sono arricchite con più di 500 illustrazioni atte a rappresentare l’aspetto, le abitudini e le caratteristiche di volo di 80 specie diverse di volatili, oltre a un gran numero di tecniche venatorie.

La composizione dell’opera deve essere avvenuta nell’arco di un trentennio: il re aveva infatti una vera passione per la falconeria, che lo spinse a leggere tutto ciò che era a sua disposizione riguardo quest’arte e a invitare presso la sua corte i migliori falconieri dell’epoca provenienti anche dall’Oriente.

Il re affermava che questa pratica “è subordinata alla scienza naturale, poiché fa conoscere le nature degli uccelli“. “De arte venandi cum avibus” non è quindi soltanto un manuale di caccia col falcone, ma anche un approfondito trattato di ornitologia, frutto dell’osservazione diretta della natura e redatto con un elevato rigore sperimentale e scientifico.

Particolare tratto da: De Arte Venandi Cum Avibus.
Credits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:De_arte_venandi_cum_avibus2.jpg

Oltre al valore naturalistico dell’opera, riconosciamo in essa la connotazione simbolica riconosciuta alla falconeria da Federico II. Essa presuppone infatti una profonda conoscenza della natura degli animali e dell’ambiente in cui agiscono, del loro aspetto, delle abitudini e dei metodi di difesa, oltre che delle tecniche di volo e tutte le conoscenze indispensabili ad addestrare con successo un falco. La caccia si svolge nella pratica molto velocemente, ma richiede mesi e mesi di preparazione.

L’azione venatoria è quindi assimilabile all’attività di un sovrano e rappresenta la prontezza nell’assumere decisioni rischiose e di grande importanza in breve tempo. Uno specchio dell’azione politica e del prestigio della regalità.
Non tutti infatti potevano all’epoca possedere un rapace e oltretutto esisteva una vera e propria gerarchia che specificava quali specie di rapaci un nobile poteva o meno possedere a seconda della classe sociale di appartenenza.

Questa grande dedizione alla falconeria costò aspre critiche al sovrano, al punto che, nel momento di maggiore conflitto tra il sovrano e papa Gregorio IX, un biografo del pontefice scrisse che “egli aveva trasformato il titolo di maestà in una carica relativa alla caccia, si circondava non d’arme e leggi bensì di cani e di uccelli vocianti, e ancor peggio, aveva dimenticato d’imporre la giusta vendetta sui suoi nemici, preferendo sguinzagliare le sue aquile trionfali nella caccia con gli uccelli“.

Dettaglio tratto da: De Arte Venandi Com Avibus.
Credits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:De_arte_venandi_cum_avibus2.jpg

Federico II ebbe quindi modo di approfondire ogni aspetto della teoria e della pratica della falconeria. La sua conoscenza dell’argomento e il tempo dedicato all’osservazione degli uccelli gli permisero di scrivere un manuale innovativo per i tempi e ancora oggi di fondamentale importanza nel mondo della falconeria.

Quella che, ad oggi, abbiamo modo di consultare online è quindi una straordinaria opera naturalistica, uno tra i più importanti documenti riguardanti l’arte venatoria di tutti i tempi. Esso permette al lettore moderno di apprezzare una descrizione inedita e dettagliata dell’ambiente naturale e dell’avifauna del nostro Mezzogiorno e in particolare della Puglia, dove hanno avuto luogo le avventure di caccia e le osservazioni che hanno dato vita a questo documento di inestimabile pregio.

A Jesi, luogo di nascita di Federico II, è stato realizzato un museo di cui è possibile leggere un esaustivo articolo al seguente link: https://mediterraneoantico.it/articoli/news/il-museo-di-federico-ii-stupor-mundi/

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