Si sente spesso dire che “al giorno d’oggi ormai, gli archeologi hanno scoperto tutto, restano solo piccolezze”, ma chi è appassionato di archeologia sa quanto lontana dal vero sia questa affermazione: esempio lampante fu la scoperta nel 1964 di una misteriosa città, che si rivelò essere l’antica Ebla, capitale di un grande regno nell’odierna Siria molto noto dai testi cuneiformi del Vicino Oriente ma fino ad allora mai individuato. Quando poi nel 1975 venne rinvenuto intatto l’Archivio Reale del palazzo del Bronzo Antico (2500-2250 a.C.), una enorme mole di dati entrò in possesso degli archeologi, che poterono così anche conoscere una lingua mai incontrata prima, l’Eblaita appunto.
Situato nel distretto di Idlib, 55 chilometri a sud di Aleppo, il sito si estende per un’area di oltre 50 ettari di forma ovale. I limiti della Città Bassa sono ben evidenti per la presenza delle antiche fortificazioni (mastodontici terrapieni alti 22 metri e larghi fino a 60), mentre la Cittadella si innalza al centro del complesso, formando un ulteriore rilievo. Nota oggi con il nome di Tell Mardikh, Ebla venne scavata fin dall’inizio da una missione italiana dell’Università Sapienza di Roma, guidata da un allora ventiquattrenne Paolo Matthiae, indiscutibilmente il più importante archeologo orientale italiano della storia. Dal 1964 le missioni continuarono per decenni ininterrottamente, coinvolgendo tantissimi giovani archeologi e oltre 120 operai ogni anno, sempre sotto la guida di Matthiae, fino al 2011, annus horribilis per la Siria.
Lo scoppio della Guerra Civile Siriana, infatti, provocò l’inevitabile sospensione delle indagini scientifiche dopo 47 anni. La preoccupazione per la salute del sito e degli inestimabili reperti conservati nei musei circostanti aumentò ulteriormente nel 2014, quando Al-Qaeda prima e Isis dopo fecero il loro ingresso nel conflitto, arrivando a stabilire un dominio diretto proprio nel Distretto di Idlib. In effetti, il tell archeologico venne occupato dai combattenti, che vi scavarono trincee, terrapieni e tunnel, sfruttando le posizioni naturalmente fortificate e facilmente difendibili che venivano loro offerte.
Miracolosamente, tuttavia, il sito archeologico non è mai stato bombardato né dall’artiglieria né dalle forze aeree di nessuno degli schieramenti coinvolti. Una sorte analoga e forse peggiore è toccata ai reperti conservati nei musei: in particolare, il Museo di Idlib, attualmente ancora sotto occupazione turca, ha visto il sicuro saccheggio dei suoi reperti, con la sparizione di decine delle 17.000 tavolette cuneiformi proveniente dall’Archivio Reale (che fortunatamente, per lo meno, erano state già da tempo fotografate e inventariate per facilitarne lo studio).
Quest’anno però, dopo oltre un decennio di agonia, la città di Ebla è stata recuperata dalle forze governative siriane. È di inizio settembre la notizia ufficiale della definitiva liberazione del sito, cui ha fatto quasi immediatamente seguito un sopralluogo di Frances Pinnock e Davide Nadali, professori della Sapienza che condividono con Matthiae il ruolo di Direttori della missione, per accertare lo stato della situazione e iniziare lo studio dei reperti messi in sicurezza nel Museo di Hama. Secondo il prof. Matthiae, “per il ripristino dei cantieri serviranno almeno tre anni”, da spendere in operazioni di risistemazione del Parco Archeologico, operazione per la quale saranno necessari anche “fondi adeguati”.
La strada verso il tanto agognato ritorno alla normalità è appena all’inizio e sarà lunga e faticosa; e tuttavia, dopo il lungo incubo degli ultimi anni, si può finalmente concludere il 2022 esultando per questo fondamentale avvenimento.