Elettra, Alcesti, Fedra. La tragedia è donna

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L’esposizione, dal titolo INDA RETRO’: τὸ θῆλυ γένος   la stirpe delle donne. Le figure femminili nella storia dell’INDA. Elettra, Alcesti, Fedra, vuole essere una retrospettiva dei materiali teatrali realizzati in occasione delle messe in scena degli anni passati degli spettacoli in cartellone. Il testo di Sofocle è infatti già stato portato sulla scena nel 1956, nel 1970 e nel 1990, l’opera di Euripide è stata allestita nel 1992.

Con particolare riferimento alle eroine protagoniste delle tragedie della stagione del 2016, il cinquantaduesimo Ciclo di spettacoli classici al Teatro Greco, vuol far conoscere il patrimonio archivistico della Fondazione, con l’esposizione dei bozzetti, figurini, foto, plastici di scenografia, costumi teatrali, elementi importanti per la comunicazione tra la scena e la realtà.

La mostra resterà aperta nella sala centrale del museo, destinata alle esposizioni temporanee, dal 18 maggio al 26 giugno 2106, con gli orari di apertura del museo (martedì-sabato dalle ore 9 alle 19, con ultimo ingresso alle 18; domenica e festivi solo la mattina dalle 9 alle 14, con ultimo ingresso alle 13).

Elettra:

Incerta è la data di questa rappresentazione, che va collocata alla fine della produzione teatrale di Sofocle, forse attorno al 418 a.C.

Oreste, fratello di Elettra, torna a Micene accompagnato dall’amico Pilade e dal pedagogo, per vendicare l’uccisione del padre Agamennone. Alcuni anni prima infatti era stato salvato dalla sorella che ancora bambino lo aveva affidato ad un amico focese. Attendendo il ritorno del fratello, Elettra aveva vissuto spinta da un insaziabile odio verso la madre Clitemnestra e l’amante di questa, Egisto, autori dell’omicidio di Agamennone. Oreste,  diffondendo la notizia della sua morte e constatando la gioia della madre nel non avere più di mezzo l’unico vendicatore dell’omicidio, comincia ad organizzare la fatale vendetta. Dopo avere rivelato la sua identità ad Elettra i due cominciano ad ordire il piano. Penetrato nel palazzo reale, Oreste uccide la madre che invano invoca pietà. Attendendo poi il ritorno di Egisto, questi entra costretto in casa e si reca nel luogo dell’omicidio di Agamennone dove cade anche lui ucciso.

Alcesti:

Fu rappresentata nel 438 a.C. come quarta opera di una trilogia al posto del dramma satiresco, cosa che potrebbe spiegare l’inserimento di alcuni elementi tragicomici del testo. Il finale infatti è a lieto fine, ma numerosi sono anche alcuni episodi comici, atipici per una rappresentazione tragica.

Davanti alla reggia di Admeto vi è uno scontro tra due personaggi: Thanatos, il demone della morte e Apollo. Thanatos è venuto a prendere Admeto, destinato ad una morte prematura, ma Apollo aveva donato all’uomo il dono di poter sfuggire al suo destino purchè qualcun altro avesse sacrificato la propria vita al posto della sua. L’unica disposta al sacrificio è Alcesti, la moglie, mentre né il padre né la madre di Admeto accettano di scambiare la propria vita con quella del figlio. Nemmeno l’intervento di Apollo per convincere il demone della morte può desisterlo dall’intento di portare Alcesti nell’Ade, questa dovrà morire. La donna moribonda saluta i propri cari in un commiato di dolore e si fa promettere che nessun’altra  prenderà il suo posto in casa. Admeto lo giura e promette che solo una statua con le sembianze della moglie entrerà nel letto coniugale. Sulla scena, poco dopo, compare Eracle ignaro del lutto, il quale viene accolto in maniera ospitale dal padrone di casa che, per discrezione, non rivela il lutto che ha colpito la casa, ma  dice genericamente che è morta una lontana parente e non potrà condividere con lui la cena. Intanto si scatena un furioso litigio, Admeto rinfaccia al padre Ferete  di non essersi sacrificato per lui e dal canto suo Farete rinfaccia al figlio di aver preferito veder morire la madre dei suoi figli. Sulla scena ricompare Eracle, completamente ubriaco e visto malamente da un servo di casa che però non sa della bugia detta all’eroe dal padrone. Messo alle strette, il servo rivela tutto. Eracle, commosso, decide di ricompensare il gesto di Admeto: scenderà negli inferi e riporterà in vita Alcesti strappandola a Thanatos. Compiuta l’impresa, Eracle mette alla prova l’amore di Admeto per la moglie e, avutane conferma, gli restituisce la sposa.

Fedra:

è una tragedia di Lucio Anneo Seneca ed è ambientata ad Atene. Fedra è innamorata appassionatamente del figliastro Ippolito che rifiuta le donne per dedicarsi alla caccia e alla vita nei boschi. La regina ha paura a rivelare questo amore, sa che quello che prova è incestuoso. L’unica a cui viene rivelato questo atroce segreto, dopo varie insistenze, è la nutrice che saggiamente tenta di dissuaderla da rivelare a Ippolito questo folle sentimento. L’impulso è troppo forte e Fedra rivela tutto al figliastro che indignato fugge dalla reggia. Quando il marito Teseo torna dalla sua impresa negli Inferi racconta rabbiosa che durante la sua assenza Ippolito aveva tentato di abusare di lei e il marito, infuriato, invoca la maledizione sul figlio, attraverso un dono concessogli da Poseidone. Ippolito muore in maniera atroce e quando il suo corpo viene portato nella reggia, Fedra confessa la sua bugia e si suicida. A Teseo non resta che piangere la propria sorte funesta, ricompone il corpo del figlio fatto a pezzi e ordina ai servi di gettare il corpo della moglie in una fossa.

Diversamente dalla tragedia di Eschilo,  protagonista della scena non è Oreste ma Elettra. Oreste compie solo materialmente il delitto, ma le vicende si concentrano intorno al personaggio Elettra, carica d’odio e in conflitto profondo con la madre Clitemnestra. In casa viene disprezzata, odiata, ed Elettra si nutre di questo sentimento negativo per sopravvivere, nell’attesa della sua vendetta. Sofocle insiste molto sul ruolo di principessa resa schiava nella sua casa, quella casa che fu dell’amato padre ingannato dalle persone a lui più vicine. Attraverso Oreste e alla sua ricomparsa e poi rivelazione d’identità, Elettra dà una svolta alla tregedia: fuori scena il fratello vendica il padre, uccidendo la madre che invoca pietà ricordandogli il seno materno. Siamo di fronte ad una tragedia noire, la tragedia dell’odio femminile, un odio radicato che porta alla sopravvivenza stessa della protagonista fino al momento della giustizia, la morte dei traditori.

Donne, mi sento confusa se dite che è strana ossessione la mia nenia di morte. Ma questa brutalità, su di me, mi soffoca… io devo farlo, capitemi! Può una – di sangue superbo – non fare il mio gesto, con fissa negli occhi la miseria del padre, miseria che sotto i miei occhi, col sole, nel placido buio germoglia, germoglia, non si stermina mai? In lei, nel suo mondo – è mia madre, m’ha fatto – s’incarna il mio odio”. (Sofocle,Elettra).

A differenza di altri personaggi euripidei, Alcesti sembra quasi una figura psicologicamente debole. Nell’unico episodio che la vede in scena sovrasta il marito Admeto, un uomo mediocre, per statura morale e generosità di sentimenti. Ma le manca qualcosa: è troppo generosa, buona, nobile, arrendevole. Accetta senza proferir parola il suo ruolo nella società di madre e moglie. In questo rappresenta l’ideale di donna per bene e di moglie perfetta. La cosa che la preoccupa non è la morte ma solo il futuro dei figli, e non si sentono provenire da lei parole di donna profondamente innamorata del marito. (Wilamowitz ha sostenuto che Alcesti non ripeterebbe una seconda volta il suo sacrificio).

“Καὶ μὴν ὑπεραποθνῄσκειν γε μόνοι ἐθέλουσιν οἱ ἐρῶντες οὐ μόνον ὅτι ἄνδρες, ἀλλὰ καὶ αἱ γυναῖκες. τούτου δὲ καὶ ἡ Πελίου θυγάτηρ Ἄλκηστις ἱκανὴν μαρτυρίαν παρέχεται ὑπὲρ τοῦδε τοῦ λόγου εἰς τοὺς Ἕλληνας, ἐθελήσασα μόνη ὑπὲρ τοῦ αὑτῆς ἀνδρὸς ἀποθανεῖν, ὄντων αὐτῷ πατρός τε καὶ μητρός, οὓς ἐκείνη τοσοῦτον ὑπερεβάλετο τῇ φιλίᾳ διὰ τὸν ἔρωτα, ὥστε ἀποδεῖξαι αὐτοὺς ἀλλοτρίους ὄντας τῷ ὑεῖ καὶ ὀνόματι μόνον προσήκοντας, καὶ τοῦτ’ ἐργασαμένη τὸ ἔργον οὕτω καλὸν ἔδοξεν ἐργάσασθαι οὐ μόνον ἀνθρώποις ἀλλὰ καὶ θεοῖς, ὥστε πολλῶν πολλὰ καὶ καλὰ ἐργασαμένων εὐαριθμήτοις δή τισιν ἔδοσαν τοῦτο γέρας οἱ θεοί, ἐξ Ἅιδου ἀνεῖναι πάλιν τὴν ψυχήν, ἀλλὰ τὴν ἐκείνης ἀνεῖσαν ἀγασθέντες τῷ ἔργῳ· οὕτω καὶ θεοὶ τὴν περὶ τὸν ἔρωτα σπουδήν τε καὶ ἀρετὴν μάλιστα τιμῶσιν”. (Platone ,Simp. 179 b-D)

“Solo gli amanti sono disposti a morire l’uno per l’altro,  e non solamente gli uomini, ma anche le donne. Ne è sufficiente testimonianza presso i Greci, Alcesti, figlia di Pelia, che sola accettò di morire per suo marito, il quale pure aveva madre e padre, ma l’affetto di lei, originato da eros,superò a tal punto il loro che li fece apparire addirittura estranei al proprio figlio, congiunti solo di nome. E questa azione parve così bella  non solo agli uomini ma anche agli dei, che, pur avendo compiuto molte e belle azioni, certo ad alcuni poco numerosi gli dei concessero questo come dono, di far risalire di nuovo l’anima dall’Ade, ma la sua fecero risalire, essendo rimasti ammirati per la sua azione, a tal punto che anche gli dei apprezzano particolarmente la dedizione e l’eroismo riguardanti l’amore”.

La Fedra di Seneca è una donna quasi moderna, spudorata, passionale, che giustifica la sua insana follia a causa dei continui tradimenti del marito Teseo. La colpa è qui superata , il furore amoroso è lo stesso che condusse la madre Pasifae ad unirsi con un toro. Euripide la giustifica:“Sono impazzita – sciagura mandata da un dio, … ho vergogna di quello che ho detto… Rinsavire è dolore, essere pazzi è male; il meglio è morire senza conoscere” ( Eur. Hipp. 241 ss.). In Seneca la protagonista si giustifica; la pazzia amorosa è insita nella stirpe, nessun dio punisce, ma è un germe contagioso quello che contamina la discendenza. Sin dall’inizio Fedra è lucida e consapevole, rispetto alla versione euripidea non ha bisogno di confidare i propri sentimenti alla nutrice ma vis a vis preferisce confessare il suo amore a Ippolito e affrontare il marito raccontandogli la bugia della violenza subita. Euripide, più conservatore di quel senso di vergogna femminile, utilizza invece gli escamotage della rivelazione alla nutrice e della lettera al marito, tanto che  Eschilo rinfaccia ad Euripide di aver portato in scena delle donnacce in amore, come Fedra, e alla rimostranza di Euripide che quella composta intorno alla trama di  Fedra è una storia reale, risponde che “ il poeta deve nascondere il male, non svelarlo e portarlo sulla scena”( Arist.Rane 1053 sg.) Quello che viene fuori da questo complesso personaggio è quindi la lucida consapevolezza di ogni gesto, è una donna disposta a tutto pur di raggiungere il suo obiettivo, lavandosi da ogni colpa attraverso la già consumata impurità materna.

Tre donne, tre destini diversi, tre pulsioni che le spingono a vivere stati d’animo violenti, estremi, nel bene e nel male.

Elettra e l’odio, Alcesti e il sacrificio, Fedra e la passione amorosa.

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Alessandra Randazzo

Studia Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Ha ricoperto il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it e attualmente per la testata Made in Pompei, inoltre è Ufficio Stampa per la società di videogames storici Entertainment Game Apps, Ltd.
Durante la carriera universitaria ha partecipato a numerose campagne di scavo e ricognizione presso siti siciliani e calabresi.
Per la cattedra di Archeologia e Storia dell’arte Greca e Romana presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG) sotto la direzione del Prof. G.F. La Torre, febbraio-maggio 2012; per la cattedra di Topografia Antica presso Cetraro (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, luglio 2013; per la cattedra di Topografia Antica e Archeologia delle province romane presso il sito di Blanda Julia, scavi nel Foro, Tortora (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, giugno 2016.
Ha inoltre partecipato ai corsi di:
“Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia” in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina, gennaio 2012;
Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – tratto Via Marina, aprile-maggio 2013;
Analisi e studio dei reperti archeologici “Dallo spot dating all’edizione”, maggio 2014; Geotecnologie applicate ai beni culturali, marzo-aprile 2016.
Collabora occasionalmente con l’ARCHEOPROS snc con cui ha partecipato alle campagne di scavo:
“La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte” sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) e della Dott.ssa M.M. Sica, 1-19 ottobre 2012;
Locri – Località Mannella, Tempio di Persefone sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria), ottobre 2014;
Nel marzo 2014 ha preso infine parte al Progetto “Lavaggio materiali locresi” presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (Rc) sotto la direzione della Dott.ssa M.M. Sica.

Collabora attualmente con la redazione di: www.osservarcheologia.eu

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