LO SCRIBA DEL LOUVRE
Questa preziosa opera fu scoperta nel XIX secolo da Auguste Mariette sul sito del Serapeum di Menfi. Non v’è dubbio che la parte che più di ogni altra attrae la nostra attenzione siano gli occhi, i quali sono stati sottoposti a una serie di test effettuati dal Laboratorio di Ricerca dei Musei di Francia ormai alcuni anni fa. Le analisi hanno rivelato che gli occhi sono composti da un blocco di magnetite rosso-bianco venato dentro il quale è racchiuso un cristallo di rocca, la cui parte frontale è stata accuratamente levigata.
La superficie posteriore è invece grezza ed è ricoperta da uno strato di materiale organico che dà colore dell’iride e probabilmente serve anche come adesivo. Sempre sulla parte posteriore è stato praticato un foro di qualche millimetro, che consente di rendere la pupilla molto simile a quella di un occhio vero, dando al contempo una sorta di mobilità all’intero occhio, trasformando qualcosa di inanimato in uno sguardo vivace, attento. Ogni occhio è bloccato tra due “clip” in rame di grandi dimensioni che ne costituiscono anche il bordo.
A dispetto della sua fama, quest’opera d’arte non ha avuto le giuste attenzione fin da subito. Già nel 1912, l’egittologo Gaston Maspero lanciò un grido di allarme: “La vernice rossa era ancora intatta quando è stato portato al Louvre […] L’umidità ha già agito su di essa e la pittura rossa di cui è rivestito si è sollevata. Se lasciamo che l’umidità continui la sua opera di distruzione, il Louvre perderà uno dei più bei pezzi di scultura che l’Egitto ci abbia reso”.
Finalmente nel 1999 viene affidato il lavoro di restauro dello Scriba a Myriam Chataignère, la quale è riuscita a stabilizzare la pittura e a ridonarle l’originale tonalità, ripulendo la statua da ogni impurità, compreso qualche tentativo maldestro di un precedente restauro. Le analisi eseguite in questa occasione hanno confermato la natura dei pigmenti antichi che appartengono alla gamma tradizionale dei colori dell’Antico Regno.
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