Le statue realistiche sono rare nella produzione antico egiziana classica, ma assai più frequenti in epoca saitica. Non si tratta comunque di statue “ritratto” vere e proprie, ma piuttosto dell’abbandono di certi canoni ufficiali che da secoli si rifacevano alla casa reale e al sovrano, non più modello delle classi sociali agiate, dei funzionari e dei sacerdoti, che cercano adesso nuove soluzioni per esprimere la realtà.
E’ probabile che questa mutazione sia da ricondurre all’inserimento dell’Egitto nel mondo mediterraneo, con tutte le implicazioni sociali, economiche e politiche che ciò comporta.
L’elite del Paese non si sente più garantita dallo Stato nella persona del sovrano, in quanto ha realizzato che la politica commerciale, ovvero il motore del loro benessere, è ormai rivolta verso l’esterno e che i loro interlocutori non sono più quelli tradizionali, ma piuttosto le nuove classi emergenti di commercianti e militari stranieri.
Da qui, forse, il rifiuto a subordinare la propria figura a quella del sovrano e la ricerca di soluzioni individualistiche, che si riflettono anche nel rapporto con la divinità.
Nella foto vediamo un sacerdote che indossa un mantello trattenuto sul davanti dalla mano destra, che ne fuoriesce all’altezza del ventre. Porta una parrucca liscia che si attacca sulla fronte subito al di sopra degli occhi, lascia scoperte le orecchie e giunge alle spalle coprendone interamente la larghezza.
Il viso è pieno con occhi incisi e le arcate sopracciliari che si congiungono all’attacco del naso dritto, mentre la bocca è disegnata con cura e atteggiata a un sorriso.
Il pilastro dorsale termina alla base della parrucca e reca incisa una colonna di geroglifici dove, oltre alla classica formula saitica, siamo informati che si tratta di un sacerdote di Amon.
La parrucca, il modo in cui si collega al pilastro dorsale, l’incisione sottile dei geroglifici risalgono all’inizio della XXVI dinastia, anche se la resa degli occhi e le arcate sopracciliari richiamano una produzione più tardi.