Nuova eccezionale scoperta dall’Iraq settentrionale: otto rilievi neoassiri dall’antico sito di Ninive, presso la cosiddetta “Porta di Mashki”.

di Giulio Vignati

L’antica città di Ninive sorgeva sula sponda orientale del Tigri, presso la confluenza con il fiume Khosr, ed è oggi appena fuori la grande città di Mosul, senza tuttavia esserne stata ricoperta. Fu occupata fin dal IV millennio a.C. ed è più volte citata anche nella Bibbia (qui, ad esempio, venne a predicare il celebre profeta Giona della balena), ma fu durante il periodo Neo Assiro (X-VII secolo a.C.) che conobbe il suo momento di massimo splendore. In particolare, fu il grande re Sennacherib (705-681 a.C.) che, trasferendo qui la capitale dell’impero da Khorsabad, la pose definitivamente al centro dell’universo vicino orientale.

La monumentale Porta di Mashki, come era stata ricostruita negli anni ’70

La grande città era dotata di mura lunghe 12 chilometri, nelle quali si aprivano delle monumentali porte alte fino a 25 metri, alcune delle quali sono state ricostruite in situ. È il caso della Porta di Mashki, scavata a partire dal 1968 da una équipe di archeologi iracheni guidata da Tariq Madhloom, visionario e strenuo difensore del patrimonio culturale della sua terra, che a seguito delle indagini scientifiche decise di ricostruire per intero la struttura monumentale della porta (prassi molto discussa e ormai abbandonata in ambito occidentale ma ancora parecchio in voga nei paesi del Vicino Oriente).

La distruzione della Porta di Mashki da un bulldozer dello Stato Islamico

La grande porta, tuttavia, è stata recentemente distrutta dall’Isis, che come noto si è accanita contro il patrimonio culturale dei paesi da essa invasi, con particolare ferocia in contesti altamente simbolici come appunto la città di Mosul e i siti antichi di Ninive, Nimrud o Palmira. Inoltre, sfruttando i tell dei siti archeologici come posizioni fortificate, i miliziani di Daesh vi hanno scavato trincee e cunicoli antiaerei, recando così inevitabilmente danno alla stratigrafia. Eppure, nonostante questo panorama disastroso, a seguito della liberazione del 2017 le indagini scientifiche sono riprese con nuovo vigore e hanno potuto a volte “beneficiare” di alcune di queste operazioni di vandalismo, come nel caso della scoperta dei otto pannelli dei rilievi. Essi sono stati infatti individuati nell’area in cui era stata ricostruita la porta, seguendo il percorso di uno di questi tunnel realizzati per scopi militari!

Realizzati in alabastro e datati proprio al regno di Sennacherib, non sono stati rinvenuti nella loro posizione funzionale, ma ammassati in un lungo corridoio e in parte scalpellati: Michael Danti e Fadel Khodr, direttori delle operazioni di scavo, ipotizzano che siano stati qui trasportati dal loro sito originario, probabilmente il Palazzo Sud-Ovest della città, per essere riutilizzati da un sovrano successivo. Essi raffigurano operazioni militari in un quadro naturalistico molto dettagliato e rigoglioso, in ambito montano, secondo lo stile estremamente ricco di particolari del rilievo neoassiro. Tali operazioni sono probabilmente da identificare con la campagna nel Levante condotta da Sennacherib, che ci è nota da testi assiri e, riguardo alcuni episodi, perfino dalla Bibbia, che ne ricorda la conquista di Lachish e il disastroso assedio di Gerusalemme (Re II, 17-19; Isaia 36-37) e dal greco Erodoto (Storie 2, 141).

Dettaglio di un rilievo con melograni, palme da dattero e altri alberi. (Credits to Iraqi State Board of Antiquities and Heritage)

La scoperta, oltre al grande valore scientifico e artistico, acquisisce per il popolo iracheno un valore particolare: si tratta infatti, insieme ai rilievi del Parco Archeologico di Faida, degli unici rilievi neoassiri attualmente visibili nella loro terra d’origine, l’Iraq. Pur essendone noti infatti moltissimi altri esemplari, provenienti in gran parte dalla stessa Ninive, essi si trovano tutti nei grandi musei europei, in particolare nel British Museum di Londra, a causa del saccheggio archeologico perpetrato dagli inglesi ai danni delle popolazioni locali durante gi scavi da essi condotti nel XIX secolo.

Dettaglio dello scavo di un rilievo con soldato assiro che scocca una freccia. (Credits to Iraqi State Board of Antiquities and Heritage)

E questa volta, i meravigliosi reperti sono destinati a rimanere nella loro terra: è infatti in fase di progettazione un visitor centre, destinato ad accogliere i pezzi più emblematici del sito di Ninive con l’intento di introdurre la città ai visitatori prima che essi compiano il giro delle rovine.

 

CREDITI: se qualcuno riconoscesse come proprie le foto senza crediti è pregato di comunicarcelo così da accreditarle correttamente.

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Giulio Vignati

Nato nel 1997, grande appassionato di storia antica e storia in generale, frequenta il Liceo Classico a Milano diplomandosi nel giugno del 2016. Si iscrive poi al corso di laurea in Lettere con indirizzo Antichista presso l’Università degli Studi di Milano, laureandosi nell’ottobre del 2019 con una tesi in Epigrafia Latina dal titolo “Gli equites nella documentazione epigrafica di Brixia”. Passa poi al corso di laurea magistrale in Archeologia presso la medesima università, specializzandosi in storia e archeologia del Vicino Oriente Antico e conseguendo la laurea con una tesi di ambito vicino-orientale dal titolo “Produzione e circolazione di manufatti d’argento tra Anatolia e Mesopotamia Settentrionale durante il Bronzo Medio”. Dal 2020 è membro della missione italiana in Turchia PAIK, che scava presso l’antico sito anatolico di Kaniš/Kültepe, e della missione italiana nel Kurdistan Iracheno MAIPE, che scava presso gli antichi siti di Tell Aliawa e Tell Helawa, partecipando alle operazioni di scavo, documentazione e post-scavo di entrambi i progetti.
 

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