Introduzione
Nel 2022 le cronache delle scoperte archeologiche avevamo riportato alla ribalta il tempio solare di Nyuserra ad Abu Ghurab, uno dei più antichi santuari d’Egitto dedicati al culto del dio sole Ra. Al di sotto del tempio, già scoperto alla fine dell’Ottocento dall’archeologo tedesco Ludwig Borchardt, una missione archeologica italiana aveva infatti portato alla luce un santuario più antico, completamente costruito in mattoni e demolito dal faraone Nyuserra per costruirvi sopra il suo, più grande e monumentale, in pietra. Lo scavo aveva inoltre restituito moltissimo materiale archeologico, fondamentale non solo per capire le fasi d’uso del tempio e i rituali di culto che vi si svolgevano, ma anche e soprattutto per comprendere quando e perché il tempio fu abbandonato (per approfondimenti vedi questo articolo).
Durante le ultime due campagne di scavo 2024-25 la missione archeologica italiana si è invece concentrata sul cosiddetto tempio a valle del santuario solare ottenendo di nuovo incredibili risultati che ieri, con un comunicato ufficiale, il Ministero Egiziano delle Antichità e del Turismo ha finalmente annunciato. Abbiamo quindi intervistato il direttore della missione archeologica, Massimiliano Nuzzolo, professore associato di Egittologia all’Università degli studi di Torino, per conoscere meglio dalla sua voce le ultime scoperte.
Ci dica, professore, cosa esattamente avete scoperto e dove?
Il sito di Abu Ghurab riserva molte sorprese. L’area è stata indagata brevemente alla fine dell’Ottocento, quando le priorità dell’archeologia erano la scoperta di grandi architetture monumentali e il ritrovamento di iscrizioni geroglifiche, statue e altri oggetti meravigliosi che avrebbero potuto arricchire le collezioni museali delle principali capitali europee. Oggi i tempi sono cambiati e le nostre priorità sono diametralmente opposte. Quello che interessa di più sono le vite delle persone che abitarono l’Egitto durante i secoli e non solo il grande e potente faraone.
Dal 2024 dunque la missione, che si configura come una joint-venture fra le università di Torino e Napoli L’Orientale (sotto la guida della collega Rosanna Pirelli) ha concentrato i suoi sforzi e il suo interesse sul tempio a valle del complesso solare di Nyuserra. Qui, infatti, oltre alle possenti architetture faraoniche ci si aspettava di trovare tracce di un insediamento intorno al tempio, come accade per esempio nei templi a valle delle piramidi di Chefren e Micerino a Giza, ben conosciuti e ampiamente scavati dai tedeschi e dagli americani ad inizi Novecento.
L’area a valle del tempio solare ci sembrava essere fra l’altro particolarmente promettente perché il già citato Borchardt, che per primo aveva identificato l’esistenza del tempio nel 1901, aveva potuto scavare solo superficialmente il santuario a causa dell’elevato livello della falda acquifera. I suoi scavi si interruppero bruscamente dopo solo 2 settimane di lavoro e lo studioso abbandonò infine il sito. Oggi, a causa di vari fattori climatici, dello spostamento generale del corso del Nilo verso est, nonché della Diga di Assuan, il livello della falda freatica è molto più basso e questo ci ha permesso di scavare il sito in modo estensivo ed adeguato, anche se non è stato affatto semplice raggiungere i livelli di fondazione del tempio dato lo strato di fango durissimo che abbiamo dovuto rimuovere, fango depositatosi nei secoli nel tempio a seguito delle varie piene del Nilo. In alcuni punti tale strato superava il metro e mezzo di altezza e questo ha reso davvero lungo e complesso il lavoro di scavo. Alla fine, tuttavia siamo riusciti a rimettere in luce circa la metà del tempio che ha un’estensione enorme (ad oggi oltre 1000 metri quadrati sono stati esplorati) e doveva originariamente essere alto oltre 5,5 metri (fig. 1).

Il tempio è caratterizzato da elementi monumentali, come una entrata secondaria perfettamente conservata e costruita in quarzite (fig. 2-3), un portico d’ingresso colonnato (abbiamo trovato resti di una colonna di granito e di una base in calcare bianco di Turah), una bella pavimentazione in calcare bianco di Turah, perfettamente conservata e decine di blocchi decorati e iscritti (fig. 4). Fra questi spicca certamente quello che doveva originariamente essere un architrave, che menziona fra l’altro anche il nome del re Nyuserra (fig. 5). Le pareti del tempio dovevano essere ricoperte di granito come si può capire dall’enorme quantità di blocchi di questo materiale collassati sul pavimento del corridoio centrale che tagliava a metà il tempio, collegando la facciata con la rampa che portava al tempio superiore.



Ci potrebbe dire di più sul valore e la funzione del tempio a valle?
Sappiamo dalle fonti storiche e dall’archeologia che il tempo a valle era una componente fondamentale di tutti i monumenti regali dell’Antico Regno, la fase di formazione della civiltà faraonica, che corrisponde grosso modo al III Millennio a.C., e che oggi si suole definire l’epoca delle grandi piramidi. Il tempio a valle aveva infatti molteplici funzioni. Innanzitutto, fungeva da attracco per le imbarcazioni che vi giungevano dal Nilo o, più probabilmente, dai suoi canali laterali; dunque, il tempio a valle di un dato complesso monumentale metteva in comunicazione questo complesso con gli altri, mantenendo il sistema di interscambio che era cruciale alla redistribuzione delle offerte alimentari fra i vari monumenti e templi dell’area menfita.
In secondo luogo, il tempio a valle permetteva ai sacerdoti e funzionari che lavoravano nello specifico complesso regale di raggiungere il tempio superiore, che era il luogo in cui si svolgevano le attività cultuali vere e proprie. Queste persone, infatti, vivevano nell’area verde situata proprio intorno al tempio a valle e il modo più comodo per raggiungere il tempio superiore era entrare nel tempio a valle e salire sulla collina dove si trovava il tempio superiore attraverso una rampa, solitamente chiamata strada rialzata.
Infine, ma non meno importante, il tempio a valle era anche un vero e proprio luogo di culto. Nei templi a valle delle piramidi di Chefren e Micerino a Giza sono state rinvenute decine di statue di questi due sovrani, i quali dovevano certamente essere oggetto di qualche tipo di culto all’interno del tempio a valle.
Tutto ciò che abbiamo appena detto valeva anche per i templi a valle dei complessi solari e possiamo supporre che attività rituali simili a quelle svolge negli altri templi venissero svolte anche nei templi solari, sebbene questo aspetto debba ancora essere del tutto chiarito. La realtà, infatti, è che ci sono ad oggi noti solo due templi a valle di complessi solari ed è proprio per questo motivo che le nostre scoperte e i nostri scavi nell’area sono così importanti, perché possono aiutare a capire meglio questa pagina ancora non del tutto chiara della storia dell’Antico Egitto.
Nel comunicato stampa rilasciato dal Ministero Egiziano si legge che avete ritrovato blocchi decorati che menzionano feste religiose: quali in particolare?
Alcuni blocchi decorati che menzionano festività come le festa di Sokar, la festa di Min o la processione di Ra nel tempio del sole furono già rinvenuti da Borchardt nel 1901, sparsi intorno al tempio. Ora abbiamo trovato altri frammenti di queste iscrizioni che menzionano le stesse feste, associate al nome del re Nyuserra. La cosa più importante però è il luogo di rinvenimento di questi blocchi, tutti trovati nell’area del portico d’ingresso del tempio. Questo sembra indicare che la facciata del tempio, all’esterno, fosse incisa con questo lungo calendario di feste, che ad oggi risulta essere il primo esempio in assoluto di questi “calendari festivi” noti nell’antico Egitto, dal momento che altri esempi simili, come il famoso calendario del tempio funerario di Ramses III a Medinet Habu, sulla riva occidentale di Luxor, sono datati a periodi molto posteriori al regno di Nyuserra.
Ad ogni modo la cosa certamente più interessante di queste iscrizioni (sia quelle ritrovate da Borchardt che le nuove) è che indicano esplicitamente come le festività religiose fossero un momento partecipativo dell’intera comunità, che veniva coinvolta in maniera piuttosto coerente. I testi geroglifici, infatti, menzionano centinaia di porzioni di pane, birra e carne distribuite durante le feste, il che fa pensare ad eventi non limitati a pochi eletti o alla ristretta cerchia di funzionari e sacerdoti del tempio, ma all’intera comunità locale. Queste festività, con i loro rituali, fungevano quindi da vero e proprio punto di aggregazione della società egizia, e momento catalizzatore del potere regale con quello divino.
Se era un tempio così centrale nell’ideologia regale dei faraoni del tempo, come mai venne poi abbandonato così in fretta?
Questa è una domanda a cui in realtà non sappiamo ancora del tutto rispondere. Quello che possiamo dire con certezza è che ad un certo punto della storia faraonica, con l’inizio della VI dinastia, quindi meno di cento anni dopo il regno di Nyuserra, il culto solare sembra non essere più così prominente come in passato. I nuovi sovrani orientano le loro scelte architettoniche e cultuali altrove, focalizzando la loro attenzione, per esempio, sui testi delle piramidi, formule magico-religiose messe per iscritto sulle pareti della camera funeraria della piramide regale e rivolte a garantire la vita eterna del re. Si passa dunque da una dimensione visibile e solare ad una nascosta e ctonia, legata al dio Osiride, che infatti viene proprio introdotto ex-novo in questo periodo diventando prioritario persino rispetto al dio sole Ra. È proprio in questo periodo che il tempio viene abbandonato, per divenire pian piano un vero e proprio insediamento.
Ci racconti meglio questo aspetto della vita del tempio.

L’evidenza archeologica da noi rinvenuta – soprattutto la cultura materiale, e la ceramica in primis – ci dicono che circa cento anni dopo la morte di Nyuserra, il tempio cessò di essere utilizzato come luogo di culto e fu di fatto gradualmente riappropriato dalle comunità locali come un insediamento. La ceramica ritrovata (fig. 6) è di produzione locale e di scarsa qualità, evidentemente prodotta per uso domestico e non cultuale e si data con grande precisione far la fine della VI dinastia e gli inizi del Medio Regno, dunque, abbracciando in pieno quello che gli studiosi chiamano il “Primo Periodo Intermedio”, un periodo di crisi del potere centrale e di grande instabilità politica, ancora tutto da esplorare e non molto documentato nella necropoli menfita. Alla ceramica si associano inoltre molti oggetti di vita quotidiana come i pesi da telaio o persino le due pedine in legno del gioco del senet (fig. 7), uno dei ritrovamenti più suggestivi fatto dalla missione nel 2024. Il santuario divenne insomma un’enorme area abitativa, dove per la prima volta quello che emerge sono le vite degli egiziani comuni della fine del III Millennio a.C.

Quando tornerete sul sito e cosa vi aspettate di trovare?
La prossima campagna di scavo è previsa per la primavera 2026 e abbiamo in programma di scavare l’altra metà del tempio, con la speranza non solo di fare grandi ritrovamenti ma anche di non imbatterci nell’enorme accumulo di fango del Nilo che abbiamo trovato nelle campagne precedenti. Ma soprattutto la mia speranza principale è di ritrovare il paleo-alveo del Nilo o dei suoi canali laterali. La facciata del tempio è stata infatti completamente liberata dai detriti quest’anno e proprio durante gli ultimissimi giorni di lavoro abbiamo ritrovato l’inizio della rampa che dal tempio scendeva al fiume. Potrebbe trattarsi di un esempio simile al tempio a valle di Unis, ma in quel caso ci mancano testimonianze archeologiche sulla presenza di un imbarcadero, cosa che si conosce invece del tempio a valle di Chefren a Giza. Sarebbe per me un ritrovamento davvero straordinario che fra l’altro ci permetterebbe, tramite le misurazioni topografiche e geodetiche, di poter aver un confronto dei livelli del fiume attraverso i secoli in tutta l’area menfita. In questa epoca di cambiamenti climatici e grandi sconvolgimenti legati ai fiumi e alle inondazioni, credo che questo sarebbe un risultato di grandissima attualità.

Principali sponsor e partner del Progetto:
1. Archaeological and Topographical Expedition at the Sun Temple of Nyuserra at Abu Ghurab (grant no. ARC-2980/24; ARC-3289/25), finanziata da Università di Torino e Ministero Italiano per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale (direttore scientifico: Massimiliano Nuzzolo).
2. Constructing Sacred Space in Ancient Egypt: the case study of the Fifth Dynasty Sun Temples’ (project no. PRA-2022-25), finanziata da Università di Napoli L’Orientale (direttore scientifico: Rosanna Pirelli).
3. Sun Temples Project. Religious spaces, ideological patterns and social dynamics of constructing the sacred landscape in Third Millennium BC Egypt’ (project no. 2019-24/E/HS3/00438), finanziata dal Fondo Nazionale per le Scienze Polacco (direttore scientifico: Massimiliano Nuzzolo).
Per maggiori informazioni: https://www.dipstudistorici.unito.it/do/home.pl/View?doc=scavi_abu.html


















