La tomba e i reperti del principe celtico di Lavau

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DOPO 10 ANNI DI RESTAURI E STUDI, LA PRESENTAZIONE DELLA TOMBA E DEI REPERTI DEL PRINCIPE CELTICO DI LAVAU

Vi ricordate la splendida tomba del principe celtico scoperta a Lavau nel 2015 dall’Inrap?
La sepoltura era stata individuata nella Champagne, vicino a Troyes, insieme alla tomba di Vix. Fu una delle più importanti scoperte archeologiche effettuate in Francia e una delle più impressionanti dimostrazioni della potenza dei principati celtici che si svilupparono dal VII al V secolo a.C.
Nel cuore di una necropoli occupata fin dall’età del bronzo, un tumulo di circa quaranta metri di diametro ospitava la camera funeraria di un personaggio di altissimo rango, morto a metà del V secolo a.C. Questa scoperta ha segnato l’inizio di una grande avventura scientifica guidata dall’Inrap e dal C2RMF, raccontata nell’Inchiesta sulla tomba dell’ultimo principe celtico (Gédéon).

Lavori di restauro sul calderone del principe di Lavau presso il C2RMF. © Renaud Bernadet

 

L’œnochoé dopo il restauro al C2RMF. © Renaud Bernadet

Da 10 anni, l’Inrap e il Centro di Ricerca e Restauro Museale Francese (C2RMF), insieme a numerosi ricercatori e istituzioni, studiano questo vasto complesso funerario celtico, la sua camera principesca e il suo ricco arredo, rinvenuti in uno stato di conservazione eccezionalmente buono. L’esame del corredo, degli accessori di vestiario e delle parti dei carri ha permesso di datare questa sepoltura all’inizio della tarda età del Ferro (La Tène A1).
La tomba con i suoi arredi rappresenta un universo tutto da esplorare. Il tropismo delle élite celtiche verso la cultura mediterranea (greca ed etrusca) si riflette negli oggetti storici importati o ispirati al mondo transalpino, in particolare nelle divinità barbute che ornano l’oinochoe (Dioniso) e il calderone (Acheloo), nel consumo “civilizzato” di un vino rosso aromatizzato (di cui sono state trovate tracce nel calderone) e nella pratica del banchetto mediterraneo (simposio).
La diversità culturale di diversi oggetti preziosi (in particolare, l’oinochoe attica a figure nere raffigurante Dioniso, impreziosita o arricchita da una decorazione a filigrana d’oro e da una base in argento e oro) sembra essere il risultato di un artigianato di corte altamente raffinato, che fonde tecniche e repertori stilistici celtici e mediterranei. Il simbolismo trasmesso da questi oggetti, la raffigurazione del defunto e del suo viatico, fanno parte di un vero e proprio discorso: l’ultimo discorso di un condottiero.

Cucchiaio forato raffigurante due teste d’anatra, dopo il restauro del C2RMF. © Renaud Bernadet
Manico di un calderone in bronzo raffigurante la testa del dio greco Acheloo, proveniente da una tomba principesca risalente all’inizio del V secolo a.C., rinvenuto in un eccezionale complesso funerario monumentale, portato alla luce a Lavau (Aube), nel 2015. © Denis Gliksman, Inrap
Brocca greca decorata per il vino, rinvenuta in un calderone di bronzo proveniente dalla tomba principesca di Lavau (Aube) risalente all’inizio del V secolo a.C.
© Denis Gliksman, Inrap

Ma chi era questo illustre defunto?

L’analisi archeogenetica ha confermato il genere maschile. Aveva circa trent’anni al momento della morte e sembra essere cresciuto in un ambiente molto privilegiato: le condizioni dei suoi denti sono eccezionali. Tuttavia, una frattura della clavicola mal guarita suggerisce una possibile caduta da cavallo o da carro.
La sua inumazione doveva senz’altro riflettere la sua classe sociale, doveva dunque richiedere un trattamento del corpo degno del suo status. Le analisi effettuate sul suo corpo indicano l’assenza di intestini e suggeriscono l’eviscerazione. Disteso sul suo carro su un letto di erbe profumate e fungicide, poté così ricevere l’omaggio di un’assemblea riunita per onorarlo.

Gli archeologi si interrogano ora sul suo vero status: più che un “principe”, potrebbe essere stato un re?
Il progetto ha visto anche un decennale lavoro di conservazione e restauro di gran parte del mobilio e la mobilitazione di diverse specializzazioni (tra queste le arti del fuoco per la ceramica e vetro) per seguire, in particolare, il restauro di una magnifica bottiglia scanalata rotta in 68 frammenti, ma anche per avere informazioni sulla natura dei materiali impiegati (ad esempio, la composizione precisa della coppia d’oro, che contiene anche tracce di argento e rame), nonché sulla struttura dei reperti, sul metodo di assemblaggio e sulla decorazione, avvalendosi in particolare di radiografia e tomografia.

I risultati ottenuti dai ricercatori del centro contribuiscono a fornire informazioni sui processi tecnologici coinvolti nella fabbricazione degli oggetti: ad esempio, i segni di utensili e usura osservati sui gioielli, l’identificazione della pece di betulla utilizzata come adesivo per l’applicazione di fogli d’oro e d’argento all’oinochoe o l’origine delle argille nella bottiglia scanalata. La caratterizzazione della bevanda fermentata contenuta in diversi contenitori fornisce informazioni sulle pratiche funerarie e sulla funzione degli arredi. Gli esami radiografici eseguiti sono inoltre importanti per determinare il livello di deterioramento degli oggetti, al fine di orientare le operazioni di restauro e contribuire alla definizione dei protocolli di conservazione e restauro.

Lavau è il soggetto del documentario “Indagine sulla tomba dell’ultimo principe celtico” che verrà trasmesso dalla tv francese Arte in occasione delle giornate del patrimonio. Speriamo lo trasmettano anche qui in Italia.

Tratto dal comunicato dell’Inrap: https://www.inrap.fr/le-prince-de-lavau-10-ans-apres-20071

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Tiziana Giuliani

Egittofila, sin dall’infanzia appassionata di Antico Egitto, collabora con l’associazione Egittologia.net dal 2010. Ha contribuito alla realizzazione di EM-Egittologia.net Magazine (rinominato poi MediterraneoAntico) seguendone la pubblicazione già dai primi numeri e ricoprendo in seguito anche il ruolo di coordinatrice editoriale. Dal 2018 è capo redattrice di MediterraneoAntico.

Organizza conferenze ed eventi legati al mondo degli Egizi, nonché approfondimenti didattici nelle scuole di primo grado. Ha visitato decine di volte la terra dei faraoni dove svolge ricerche personali; ha scritto centinaia di articoli per la ns. redazione, alcuni dei quali pubblicati anche da altre riviste (cartacee e digitali) di archeologia e cultura generale. Dall’estate del 2017 collabora con lo scrittore Alberto Siliotti nella realizzazione dei suoi libri sull’antico Egitto.

Appassionata di fotografia, insegna ginnastica artistica ed ha una spiccata predisposizione per le arti in genere.

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