La Cabala è una tradizione ebraica esoterica molto antica, diffusasi tra il XII e il XIII secolo, un insieme di dottrine religiose, mistiche, esistenziali e anche filosofiche, che hanno lo scopo spiegare il ruolo di Dio e dell’uomo nel mondo, l’essenza della vita e della morte.
Si tratta di insegnamenti profondi, con un valore iniziatico strettamente legato alla conoscenza e alla consapevolezza.
La Cabala ha anche subito notevoli metamorfosi, se pensiamo alla sua reinterpretazione in chiave New Age. In questi casi, però, il rischio è spesso quello di affrontare una materia così ampia, una sorta di fiume con tantissimi affluenti, in modo superficiale e finalizzato esclusivamente al benessere e ai desideri individuali.
In realtà la Cabala è molto di più e non bastano poche righe per spiegarne la complessità e le ramificazioni storiche e dottrinali.
Chiunque si avvicini allo studio di questa disciplina, però, si imbatte subito in uno dei suoi simboli più conosciuti, uno dei punti cardine di tutta la Cabala: l’Albero della Vita.
Di sicuro lo avrete visto in opere artistiche di inestimabile valore, ma anche su ciondoli di collane e bracciali.
Un emblema molto di moda oggi (talvolta usato a sproposito), di cui è bene conoscere l’origine e il vero significato per poterlo apprezzare in modo più consapevole.
L’Albero della Vita è il primo passo compiuto da quanti, e sono sempre di più, vogliono addentrarsi nello studio della Cabala e non solo.
Secondo la tradizione ebraica questo albero si trovava nel giardino dell’Eden insieme a quello della Conoscenza del Bene e del Male, anzi, i due alberi erano, almeno in un primo momento, uniti. Fu Adamo a separarli, recidendo radici e rami dell’Albero della Vita.
Gli esegeti sostengono che quest’ultimo sia la stessa Torah, benché sia necessario puntualizzare che l’Albero della Vita, come vedremo, è un simbolo in molte religioni e culture, non solo in quella ebraica.
Un’altra corrente esegetica lo identifica con il melograno, emblema ricco di significati persino nel Cristianesimo e nell’Islam.
In queste religioni, inoltre, l’Albero della Vita è sempre presente nel Paradiso (anche quando è associato con il melograno) e, nel caso specifico della religione cristiana, viene identificato con la croce su cui morì Gesù.
Questa, infatti, esprime la rinascita dell’uomo, un nuovo patto tra questi e Dio, la vittoria della vita sulla morte, della luce sulle tenebre dunque, per estensione, della conoscenza sull’ignoranza, ovvero gli stessi elementi, seppur letti secondo una diversa interpretazione, su cui si basa l’origine dell’Albero della Vita.
Proprio come un albero anche il nostro destino (e, in realtà, quello di tutti gli esseri viventi) è nascere, crescere, raggiungere la maturità e declinare verso l’ineluttabile tramonto. Durante questo viaggio impariamo (o, almeno, dovremmo farlo) a sviluppare la nostra identità e il nostro sguardo sul mondo.
Con la conoscenza del passato e delle nostre origini piantiamo radici solide nella Terra (Madre), che si rafforzano a ogni nostro passo, vivendo il presente sviluppiamo competenze, conoscenze ed esperienze che fanno crescere i rami e le foglie protesi verso il futuro.
Questa è la spiegazione di base dell’essenza dell’Albero della Vita e per questo è di buon augurio regalarlo sotto forma di ciondolo, per esempio.
Nella Cabala ebraica rappresenta anche la cosmogonia e le leggi dell’Universo che si riflettono nella breve, “piccola” esistenza umana.
A questo proposito il disegno dell’Albero assume una forma molto diversa da quella a cui siamo abituati (e viene chiamato “albero sefirotico): le vie che portano a Dio e all’infinito sono rappresentati dalle Sefirot, ovvero le “emanazioni”, una sorta di tappe spirituali come la giustizia, la comprensione o la misericordia, per esempio, attraverso cui proprio Dio si manifesta all’uomo e lo guida. Le emanazioni sono una parte delle trentadue vie di Saggezza.
In archeologia e nella Storia dell’Arte troviamo molte raffigurazioni di alberi sacri, naturalmente non sempre ispirati all’Albero della Vita nella Cabala (talvolta, anzi, non lo sono affatto). Vi possono essere, in alcuni casi, delle basi storiche, religiose e antropologiche comuni, dei significati condivisi. Ogni cultura ha saputo proiettare su questo emblema un messaggio unico e irripetibile, sia quando si è ispirata alla tradizione cabalistica, sia quando non ha avuto neppure modo di conoscerla.
Molti artisti moderni, poi, sono riusciti a interpretare il senso dell’Albero della Vita in modi diversi, secondo il loro punto di vista, regalando ai posteri delle opere senza tempo.
Vediamone alcuni esempi.
Per gli antichi egizi il sicomoro e l’acacia erano alberi sacri, sorgente di vita come quello cabalistico; in particolare si riteneva che il sicomoro si trovasse proprio nel punto in cui Ra sorgeva ogni giorno.
Ѐ probabile, inoltre, che gli antichi egizi si siano resi conto di un dettaglio che noi, oggi, possiamo ammirare facilmente attraverso i satelliti, la stazione spaziale e, quindi, nei libri e in televisione: il Nilo ha una forma molto particolare, che ricorda proprio quella di un albero che termina in mille ramificazioni prima di gettarsi nel mare.
Anche nei bassorilievi mesopotamici del X secolo a.C troviamo immagini simili. Presso queste civiltà, infatti, l’albero era legato all’acqua, dunque alla possibilità di far vivere e prosperare un’intera comunità.
L’Albero della Vita o Albero Cosmico è il fondamento della mitologia scandinava ed è conosciuto con il nome di Yggdrasill. In questo caso si tratta di un frassino, benché gli studiosi tendano a identificarlo con una quercia. Nel suo nome è racchiuso il mito secondo il quale Odino (conosciuto anche come Yggr) si aggrappò per nove giorni all’Albero Cosmico con il fine di acquisirne la conoscenza e, quindi, il potere.
Impossibile, poi, non ricordare lo splendido mosaico custodito nella Cattedrale di Otranto: venne eseguito tra il 1163 e il 1165 da Pantaleone, un monaco della cui vita si conosce pochissimo.
La raffigurazione più importante di quest’opera è proprio l’Albero della Vita, il fulcro da cui prendono vita tutte le altre immagini dal Peccato Originale fino ai personaggi come Alessandro Magno.
Nella cattedrale, insomma, si trova un vero e proprio libro, fatto di immagini, in cui si espone il sapere dell’epoca e i simboli medievali.
Se ci spostiamo verso Oriente troviamo altri esempi di Alberi della Vita (o Cosmici). In India, per esempio, la ficus religiosa (Aswattha in sanscrito) è associata al dio Visnu, poiché si ritiene che questi sia nato proprio ai suoi piedi.
Nel Baghavad Gita, invece, la si accosta a Brahman, il “tutto”, il Creatore. La prima raffigurazione di una ficus religiosa, in India chiamata Pipal, risale al III millennio a.C. e fu rinvenuta a Mohenjo Daro, l’antichissima città situata sul fiume Indo, scoperta negli anni Venti.
Per i buddhisti sotto questo albero ricevette l’illuminazione Siddharta Gautama, il Buddha e, infatti, la ficus è conosciuta anche come albero della bodhi (illuminazione).
Infine vorremmo concludere questo breve viaggio nella simbologia dell’albero parlando di una celebre opera di Gustav Klimt (1862-1918), “L’Albero della Vita” (1905-1909). In realtà questa fa parte di un fregio realizzato dall’artista, con la tecnica del mosaico, per Palazzo Stoclet, a Bruxelles.
L’Albero ne è la parte centrale, racchiusa tra due altri pannelli, “L’Attesa” e “L’Abbraccio”.
Attraverso queste immagini Klimt ci parla della morte e della rinascita della natura, dell’inquietudine dell’uomo, ma anche dell’amore, rappresentato dalla donna che attende l’amato (L’Attesa) e, alla fine, si riunisce a lui (L’Abbraccio).
Siamo partiti dall’Albero della Vita nella Cabala, un simbolo celebre pur senza conoscere gli insegnamenti di questa disciplina, per arrivare fino all’albero della Bodhi e al fregio di Klimt.
La Cabala è stata, però, il vero punto di partenza, poiché ci ha svelato il significato originario di questo elemento naturale che, troppo spesso, non abbiamo neanche il tempo di fermarci ad ammirare: l’albero è la vita, come la Natura di cui fa parte, del resto. Ѐ un monito dal passato e la speranza del futuro.
L’Albero della Vita, in fondo, siamo noi con le nostre esperienze e solo la conoscenza ci renderà liberi di crescere e, nello stesso tempo, fortificare le nostre radici.
Bello pensare come anche la radice umana sia origine comune per ogni etnia presente sulla madre Terra. Ogni etnia altro non e’ che espressione manifesta Delle infinite sfumature presenti nell’essere umano, + idoneo rispetto altre forme animali, dalle quali tutto abbiamo appreso, a farsi consapevole di quanto ci si possa specchiare nel cielo infinito a tal punto, da poter ospitare anche la madre Terra nostra
Forse in qualche “altra vita”… E’ evidente che non ci inventiamo nulla che gia’ non sia esistito precedentemente…