Potremmo dire un’Afrodite ritrovata due volte quella che ieri è stata presentata al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, da una parte l’accurato restauro che l’ha riportata all’antico splendore e dall’altra lo studio approfondito della statua che ha portato al cambio della sua identità: un’errata interpretazione aveva infatti attribuito questa scultura in marmo a Leda.
A rendere possibile il restauro di questa statua il sostegno della Fondazione no-profit Friends of Florence con una donazione di Mickael e Sandy Collins.
Simonetta Brandolini D’Adda, Presidente della Fondazione: “E’ con grande piacere che presentiamo il restauro dell’Afrodite ‘ritrovata’, l’intervento che ha permesso di recuperare l’opera ed è stato l’occasione per uno studio approfondito della scultura. Il progetto di restauro dell’opera inizialmente identificata come Leda fu presentato alla Prima edizione del Premio Friends of Florence al Salone dell’Arte e del Restauro nel 2012: aver trovato donatori disposti a sostenerlo ci riempie di soddisfazione”.
Le operazioni di restauro, eseguite dal team di Daniela Manna, si sono svolte all’interno del Museo Archeologico consentendo quindi ai visitatori di assistervi in diretta, ma anche – e soprattutto – a studenti di archeologia e restauro di interagire con i professionisti ed osservarli durante le varie fasi lavorative.
Inoltre, afferma ancora Simonetta Brandolini D’Adda: “Per Friends of Florence poter raccontare l’intervento anche durante il suo svolgimento è fondamentale, perché solo in questo modo è possibile rendere visibile e tangibile il lavoro di recupero di un’opera, la delicatezza delle sue fasi e l’importanza di conservare il patrimonio senza celarlo alle persone. E’ proprio sulla memoria e sulla bellezza che si gioca il futuro della nostra civiltà. Ringraziamo per questo tutti coloro che hanno reso possibile questo progetto, a cominciare dai donatori Michael e Sandy Collins, per merito dei quali abbiamo potuto restituire alla comunità internazionale un altro tassello della storia occidentale”.
Una bellissima operazione coordinata e fortemente voluta dal Direttore del Museo Archeologico, Mario Iozzo, il cui entusiasmo per i risultati ottenuti era davvero tangibile e contagioso.
Di grande interesse, oltre l’aspetto tecnico, anche le indagini storiche che hanno permesso di individuare dove la statua avesse dimorato prima di essere acquisita definitivamente come parte integrante della collezione museale. I documenti consultati nell’archivio del Museo hanno messo in luce come l’acquisto fosse stato portato a termine nel 1882 dall’allora direttore Luigi Adriano Milani, con la famiglia dei Da Cepparello. La notizia è importante perché questa famiglia abitava al civico 6 di via del Corso, nel centro di Firenze, nel palazzo che ancora oggi porta il suo nome e che una società di Taiwan ha acquistato per farne un investimento immobiliare. Ma in precedenza in quella splendida dimora vi abitò la famiglia Salvati, a cui apparteneva la moglie di Cosimo I e ancora prima la famiglia Portinari, che ci riporta alla Beatrice di Dante.
Una storia ricca e affascinante che non si ferma quindi solo al restauro fisico dell’opera, ma che ci aiuta a collocarla in un’epoca di grande rilevanza storica, tra personaggi che hanno saputo dare lustro al capoluogo toscano.
L’indagine accurata della scultura ha permesso anche di confermare e meglio definire aspetti che precedentemente potevano solo essere intuiti dagli studiosi.
Si tratta di una copia di età romana databile al I sec. d.C. di un originale greco di età ellenistica, realizzata con il pregiato marmo proveniente dall’isola di Paros. Tuttavia come spesso accadeva in passato, alcune parti evidentemente mancanti furono reintegrate allo scopo di dare un senso compiuto all’opera, di cui fu ritrovato il busto e parte delle gambe. La testa mancante fu sostituita con un’altra appartenuta ad una statua antica, mentre le braccia e le parti finali delle gambe furono realizzate probabilmente tra il XVII e il XVIII secolo utilizzando il marmo di Carrara.
L’indagine ha anche portato a conoscenza che la statua era dipinta, come tutte le statue di epoca romana, e in particolare sono emerse tracce di ocra nel mantello e di doratura tra i capelli.
Scheda tecnica:
Il restauro è stato realizzato con il contributo di Friends of Florence grazie al dono di Michael e Sandy Collins
Restauratrice: Daniela Manna
Collaboratori e documentazione fotografica: Simona Rindi, Serena Tizzanini, Carmine Santillo
Indagini petrografiche: Emma Cantisani, Silvia Vettori (Istituto per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni Culturali (ICVBC) del C.N.R di Firenze)
Indagini diagnostiche: Andrea Rossi, Shao-Chun Huang (Diagnostica per i Beni Culturali)
Movimentazione statua: ditta Apice